la Repubblica, 24 settembre 2021
Pare Lamberto Dini ogni mattina rubi il Financial Times dalla sala lettura del Senato
Ascoltando come ogni mattina l’allegra e intelligente rassegna stampa di Francesco Costa, Morning, mi sono incantata ad ascoltare la storia conclusiva, un’uscita in levare: Lamberto Dini accusato di rubare il Financial Times, ogni giorno, dalla sala lettura del Senato.
Non essendo egli ormai più senatore, tuttavia il novantenne ex banchiere, ex presidente del Consiglio, ex ministro degli Esteri e del Tesoro continua a frequentare palazzo Madama al solo scopo, pare dalle cronache, di “fare colazione a scrocco” e sottrarre ogni giorno il prestigioso quotidiano economico.
Una lettura di nicchia, un po’ un retaggio di più elevati tempi – viene da dire pensando all’attuale composizione del Senato, che non è automatico immaginare mentre batte il piede in impaziente attesa di consultare in inglese un giornale che ieri, per esempio, portava a centro pagina il titolo “SoftBank follows Gulf states to back Mnuchin’s $2.5bn private equity fund”. Il primo pensiero, davvero sciatto, è che se vuoi essere un potere forte devi studiare parecchio. Costa fatica, essere casta: non viene da sé come l’albinismo e le lentiggini. Il secondo è per l’umana fragilità o tracotanza, che spesso è lo stesso: consulto la lista dei cleptomani celebri, la rete è generosa.
Ci sono Winona Ryder, Britney Spears ma senza scomodare lo star system penso a quell’amica che al momento del conto mette in borsa un bicchiere, un posacenere, “visto il prezzo direi che è compreso”. Lo considera un gesto di restituzione del sopruso capitalista. Non scomoderei l’esproprio proletario, non è certo il caso di Dini del resto. Però, penso, a volte il furto prende la forma della ribellione.
Ogni tempo ha la rivoluzione che si merita.