la Repubblica, 24 settembre 2021
La pistola portata in ospedale, la richiesta di soldi ai partiti che lo sostengono e il No Vax proposto in giunta. Le gaffes di Bernardo
MILANO —Sono le ore 10.11 e Luca Bernardo lancia il tweet: «Oggi ci confrontiamo sui temi della città o aspettiamo il nuovo episodio de “Le strumentazioni di Bernardo” a cura della sinistra?». Lapsus, certo: la sinistra caso mai farà “strumentalizzazioni”.
Ma persino in questo messaggio un po’ frettoloso s’intravede quella cosa che capiscono al volo soltanto i più anziani lettori ed elettori: nella prima Repubblica, nella quale i candidati venivano scelti nelle parrocchie o nelle sedi dei partiti e dei sindacati, dopo una sorta di cursus honorum, sarebbe stato impossibile vedere come candidato sindaco di Milano uno come il pediatra Luca Bernardo, che si mette costantemente nei guai da solo e appare impreparato alle critiche più lineari.
Indizi di difficoltà non sono mai mancati. Questi ultimi dieci giorni certificano però l’affanno per una rincorsa che si fa via via più complicata. Primario di Pediatria, sconosciuto alla gran parte della città, Bernardo era stato designato a luglio da Matteo Salvini. Un nome emerso dopo che circa una quindicina tra professori, imprenditori e anche l’ex sindaco Gabriele Albertini avevano risposto picche. Già nel giorno della presentazione, in corso Magenta, qualche screzio era stato ben visibile tra i rappresentanti del centrodestra. Ma a certificare che l’alleanza non funzioni è stato lo stesso Bernardo.
Lo ha fatto venerdì scorso. Nell’audio pubblicato da Repubblica- Milano lo si sente puntualizzare: «Non vedo una sintonia completa e totale sulla campagna elettorale, che vedo solo di alcuni e non voglio dire chi dei presenti». Di quell’audio di un minuto e 30 si ricorda il bussare a quattrini («Almeno 50mila euro a testa») e l’ultimatum (in sostanza: pagate o mi dimetto). Indimenticabile anche il tono, tra il deluso e il perentorio.
Si ignora se la concitazione di Bernardo abbia prodotto i pagamenti agognati (pare di no). Ma l’impressione che si sia comportato da «pesce fuor d’acqua» non se ne va: uno che, al giorno d’oggi, invia un simile messaggio in una chat condivisa da molti, e che poi protesta ritenendo che sia emerso grazie a «metodi da Unione sovietica» crea, nelle sue stesse fila, qualche imbarazzo. E il vuoto si fa concreto e va crescendo.
Aveva lanciato, durante una delle visite mordi e fuggi nei quartieri di Milano (sono 88, ne avrà visitati un settimo), la simpatica idea di un “evento conclusivo” con i leader del centrodestra: «Assolutamente sì, sarà una grande giornata». Ora, Silvio Berlusconi non risulta mai (ma proprio mai) pervenuto. E a favore di Bernardo sono stati annunciati sì due comizi «conclusivi», ma ben separati.
Matteo Salvini prende il microfono lunedì prossimo in viale Ca’ Granda, nel quartiere popolare di Niguarda. Il cartellone pubblicitario dell’evento la dice lunga: “Salvini a Milano” è scritto a caratteri cubitali e, quasi una nota a piè pagina, in corpo minuscolo, si legge “con Bernardo sindaco”.
Gigantesco anche il cognome del leader impegnato nel comizio di sabato: Giorgia Meloni “per Bernardo sindaco” è in Duomo, alle 16.30. Un’ora diventata pericolosa. Di solito è quella del corteo non autorizzato dei No Vax.
Ed è proprio ai No Vax che è stata dedicata l’ultima uscita del candidato gaffeur Bernardo. Sostenendo di essere favorevole ai vaccini, ha aggiunto di non escludere la presenza nella sua (più che ipotetica) giunta di un No Vax.
Una perfetta palla alzata per lo smash del sindaco Beppe Sala: «Non sto a commentare, io non avrei No Vax in giunta». All’inizio dei pasticci del primario fu il porto d’armi: «Non porto la pistola in ospedale», aveva dichiarato, una volta scoperto. Poi aveva ammesso: va bene, la portava in ospedale, e all’insaputa dei dirigenti. «Ma non in reparto»: s’era armato ("Porto d’armi occulto”, a suo dire, ma non esiste in burocrazia) per alcune imprecisate minacce connesse al lavoro in corsia. Queste minacce non risultano. Invece di dare spiegazioni, Bernardo ha avviato indignate e assurde querele.
Non stupisce gli osservatori di questa sua sdrucciolevole campagna elettorale che Paolo Damilano, candidato del centrodestra a Torino, possa affermare: «Non me ne voglia Bernardo, ma se dovesse vincere Sala... lui è un manager, quando ci parliamo non c’è bisogno di spiegarci». Bernardo s’è affrettato a spiegare (il giorno dopo) agli elettori perplessi che Damilano «parlava in linea generale» e che – testuale – «assolutamente nessun endorsement. L’endorsement è sicuramente verso Bernardo, verso la coalizione come è viceversa pe r Paolo Damilano».
Ecco, non si stupisce più nessuno a Milano che Sala, guardando i sondaggi, viceversa sorrida.