Avvenire, 23 settembre 2021
Alice Barbi, l’ultima Gattoparda
Se Chateaubriand, dopo aver visto morire Luigi XVI e Napoleone Bonaparte, poteva ritenersi soddisfatto della propria esistenza tanto da chiedersi «che ci faccio ancora in questo mondo?», anche il ventinovenne duca di Palma, il futuro autore del Gattopardo, in una lettera del 1925 al cugino Casimiro Piccolo, riteneva spocchiosamente di potersi vantare allo stesso modo. «Se non proprio questo – scriverà nella missiva –, ho visto nella mia vita più di una cosa degna di memoria ». E tra le tante cose che aveva visto e le esperienze che aveva vissuto, oltre alla bellezza della principessa Jolanda, alle gambe di Mary Ashley e a Mussolini in camicia nera, c’erano Pirandello col quale a Londra aveva fatto colazione più d’una volta e la «giovane Alice in abito di corte».
Chi fosse in realtà questa giovane Alice è presto detto. Si tratta della celebre cantante modenese di musica da camera Alice Barbi, moglie di Pietro Tomasi, marchese della Torretta, allora ambasciatore italiano a Londra e zio di Lampedusa. Ma “giovane” la Barbi non lo era affatto, anche se non si rassegnava alla vecchiaia nascondendo la vera data di nascita (1858 e non 1862). Era invero un modo scherzoso dell’ultimo dei gattopardi, che quell’anno scorazzava da turista in mezza Europa, per sottolineare come l’avvenente zia, pur senza mostrarli, avesse ben quindici anni in più del marchese della Torretta. Si erano sposati nel 1920; lei ne aveva 62 e lui 47. Ma, si sa, in amore l’età non conta. Soprattutto se si tratta di una donna affascinante, poliglotta, acclamata in tutti i teatri europei, che possiede una voce e una bellezza straordinaria da interessare la penna di Firdusi, pseudonimo del divo D’Annunzio, per le noterelle mondane di “Cronaca Bizantina” (16 gennaio 1884), e far girare la testa al vecchio Brahms, disposto a fare qualsiasi cosa per lei. Era l’unica donna che il celebre compositore tedesco avrebbe voluto sposare. Così quando il 21 dicembre 1893 a Vienna la Barbi darà il suo concerto di addio alle scene, poco prima dell’inizio, Brahms inaspettatamente entrò nel camerino della cantante offrendosi di accompagnarla al piano lui personalmente al posto del designato Georg Liebling.
Zio Pietro l’aveva conosciuta e corteggiata nel 1917 a Pietroburgo, dove il primo marito della Barbi, il barone lettone Boris Wolff-Stomersee, era gran maestro di corte dello zar di Russia. Per amore del barone Alice aveva abbandonato la folgorante carriera e lo aveva sposato nel 1894 a Nizza, altri dicono a Mentone (’Le Monde Artiste’, 18 febb. 1894). Non saprà tuttavia resistere a stare lontana dagli ambienti artistici e mondani che avevano visto i suoi trionfi. Frequenti i suoi viaggi, soprattutto a Vienna. Qui nell’estate del 1898 incontrerà Mark Twain che con la moglie Olivia e le figlie Jean e Clara soggiornava al civico 3 di Karlsgasse. Clara voleva fare la pianista e prendeva lezioni dal famoso Theodor Leschetitzky. Ma l’arrivo della Barbi a Vienna rivoltò le ambizioni musicali di Clara, perché la baronessa italiana, trovandosi da Leschetitzky, appena sentì la sua bella voce, la convinse ad abbandonare il piano e seguire le lezioni di canto sotto la guida di Marianne Brandt. Mark Twain comunque non l’ebbe a genio. In una lettera del 21 novembre 1899 a Joseph Hopkins Twichell si mostra compiaciuto delle «affascinanti cose acide» che una bellissima donna americana, anche lei della cerchia di Leschetitzky, gli racconta sul conto della “odiata” baronessa italiana e di una certa Madame von Dutschka. Non gli andava giù la vanità e l’invadenza della Barbi. Virtù queste che, dopo la morte del barone baltico avvenuta in circostanze poco chiare durante la rivoluzione russa, la Barbi esporterà a Grosvenor Square, rendendosi protagonista di molte serate mondane nell’high- life londinese. Lampedusa l’aveva conosciuta nel giugno del 1925. Era appena arrivato a Londra ed aveva varcato il portone dell’ambasciata, quando i coniugi Torretta stavano per recarsi a Buckingham Palace per un ricevimento. L’ambasciatrice fece tuttavia in tempo a presentargli la figlia Alessandra, nata dal primo marito, alla quale affidò il compito di intrattenere l’ospite. Alessandra, chiamata comunemente Licy, lo intratterrà talmente bene, parlandogli di Shakespeare, che il futuro autore del Gattopardo finirà per invaghirsene e sposarla. Agli occhi dello scrittore siciliano la Barbi fu dunque un personaggio degno di memoria, senza peraltro immaginare che un giorno, quando a Riga nel 1932 ne sposerà la figlia Alessandra, sarebbe divenuta sua suocera. E sarà grazie alle vulcaniche iniziative della “giovane Alice” se il Tomasi avrà il privilegio il 18 giugno mattina di quel 1925 di incontrare Pirandello proprio a una colazione che i marchesi della Torretta daranno all’ambasciata italiana in onore del commediografo agrigentino e di Ruggero Ruggeri reduci dal trionfo di Sei personaggi al New Oxford Théatre.
Sempre al centro dell’attenzione sin da quando aveva messo piede a Londra, l’ambasciatrice aveva dato vita alla Lega anglo-italiana per migliorare i rapporti tra le due nazioni, patrocinava feste e concerti di beneficenza, inaugurava mostre d’arte, promuoveva raccolte di fondi, presiedeva comitati. Dovunque c’era lei. I reali d’Inghilterra nel maggio del 1923 sono a Roma? C’è lei, presente al pranzo diplomatico al Quirinale e a quello all’ambasciata britannica. I sovrani d’Italia nel 1924 vanno in Inghilterra? C’è ancora lei a far da padrona di casa, a disporre e programmare visite e ricevimenti all’ambasciata e perfino a organizzare la sera del 26 maggio un ballo di beneficenza a favore dell’ospedale italiano di Londra, facendo il suo ingresso nella magnifica sala da ballo, messa a disposizione dalla nobildonna londinese Ronald Greville, al braccio di Vittorio Emanuele III seguita dal marchese della Torretta con al braccio la Regina Elena.
Molto simpatica alla regina Maria d’Inghilterra che la invitava spesso a colazione, non lo era per niente a re Giorgio. La riteneva insopportabile. Lo annota Tina Whitaker nel suo diario, in occasione della visita a Villa Malfitano di re Giorgio il pomeriggio del 13 aprile 1925 (e non il 14 come riporta il biografo Vitello), sbarcato a Palermo col suo yacht Victoria and Albert.
Sembra che il sovrano inglese, durante l’ora del tè offertogli dai padroni di casa, si sia lagnato della fastidiosa onnipresenza della marchesa della Torretta in questi termini: «Di lei ne ho abbastanza in Inghilterra dove sono obbligato a sopportarla». E Lampedusa? Che ne pensava della suocera? Non abbiamo notizie. Attendiamo biografi più informati.