Corriere della Sera, 23 settembre 2021
La sindrome dell’Avana ha colpito la Cia
Questa volta la sindrome dell’Avana ha colpito in alto. Un bersaglio speciale: un elemento della Cia al seguito del direttore dell’agenzia, William Burns. Tutto in uno scenario orientale, al centro della crisi afghana. L’India. Con lo scenario di una sfida nella sfida.
L’episodio è avvenuto nel corso di una recente visita di una delegazione dell’intelligence Usa a New Delhi, tappa collegata ai contatti dopo la vittoria talebana. L’agente del team avrebbe avuto lo stesso malessere sofferto da numerosi funzionari statunitensi all’estero. Oltre duecento di loro hanno raccontato di nausea, perdita dell’orientamento, capogiri, strani ronzii. Una vicenda misteriosa – a tratti accolta con scetticismo – iniziata nel 2016 a Cuba, da qui il nome di sindrome dell’Avana. Con il passare del tempo gli «incidenti». si sono moltiplicati: Cina, Colombia, Uzbekistan, la stessa capitale Washington hanno fatto da sfondo. Un altro evento, abbastanza clamoroso, ha riguardato l’entourage della vice presidente Kamala Harris in occasione di un viaggio in Asia. Il Dipartimento di Stato è stato costretto a modificare il programma dopo che due membri del gruppo hanno lamentato guai ad Hanoi.
Molte le ipotesi sull’origine dell’attacco, un’indagine che ha coinvolto polizia federale, scienziati, ricercatori universitari. E naturalmente negli Stati Uniti si è subito pensato all’azione di intelligence ostili, con il personale «bombardato» da onde radio o micro-onde. Una tesi, condivisa da alcuni investigatori, ritiene che sia il risultato prodotto da sistemi di sorveglianza usati da servizi segreti avversari, in particolare russi e cubani. Dunque le «ombre» seguono i bersagli, li spiano impiegando apparati che innescano effetti collaterali.
Gli accusati hanno smentito. Reazioni di routine, perché se pure fossero coinvolti non lo ammetterebbero di certo. Nel mezzo c’è chi ha suggerito cause diverse, dalla dispersione di particolari pesticidi all’esterno delle ambasciate al canto fastidioso di insetti. Nella ricerca del colpevole non è mancata neppure l’allusione ad una possibile suggestione o psicosi.
Il dossier è aperto, con la Casa Bianca decisa ad avere risposte precise. Anche perché le situazioni anomale si stanno ripetendo. La Cia ha creato una task force affidata coordinata dal dirigente che ha coordinato le operazioni per scovare Osama bin Laden. Uno specialista di grande esperienza. Ora il fatto che la stessa agenzia da cacciatrice sia diventata preda, per giunta al massimo livello, ha innescato nuovi interrogativi. Chiunque sia il responsabile dimostra di non temere ripercussioni. Tuttavia a Washington sono cauti sulla volontarietà dell’attacco a New Delhi, ossia potrebbe non essere stata un’operazione mirata.
Prudenza di rigore, motivata forse dalla necessitò di prendere tempo per investigare sui dettagli e valutare eventuali reazioni. Certi conti possono regolarsi anche a freddo, lontano da qualsiasi occhio.
Interessante poi la cornice, con particolare legato alla missione di Burns. Il numero uno era nella capitale indiana in contemporanea con la presenza di una delegazione di alto livello della sicurezza russa e questo aveva portato a voci su un incontro riservato tra le due parti.
Una sorta di consulto speciale per discutere del successo dei mullah a Kabul. Circostanza smentita, ma perfetta per infilarsi nella storia della «sindrome dell’Avana», definizione geografica ormai superata.