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 2021  settembre 23 Giovedì calendario

Intervista ad Adriano Giannini

È nel cast del film di Moretti “Tre piani”, al cinema da oggi

Pensa agli undici minuti d’applausi al Palais del Festival di Cannes, si rivede al fianco di Nanni Moretti e al cast di Tre piani e ancora s’emoziona. Racconta, Adriano Giannini: «Era tutto pronto da prima della pandemia, il film è stato congelato a lungo, poterlo vedere in una sala così calorosa ed entusiasta è stato indimenticabile». Del set romano ricorda «la tanta cioccolata vicina al monitor dove era Nanni», della rassegna francese a fine luglio «le misure blande, lo stupore di passare dalla Milano blindata ai ristoranti pieni di gente senza mascherina» e la finale vittoriosa degli Azzurri la notte dell’anteprima con «gli ultimi venti minuti dei rigori sbirciati al ristorante sul telefonino, l’invidia dei francesi». In Tre piani – dal romanzo di Eshkol Nevo (Sacher, Fandango, Rai Cinema), in sala il 23 con 01 Distribution – l’attore interpreta il marito spesso assente di una madre che si sente soffocare, tra solitudine e fantasmi. «Al ruolo sono arrivato dopo tre provini con Moretti, tra i più rilassanti mai fatti.
Sarà perché lo conosco da tempo, per l’amicizia che lo lega a mia madre (la regista Livia Giampalmo ndr ), ma mi sono sentito accolto fin da subito. Il set è stato complesso, anche per la scelta registica di abbandonare ogni artificio o trucchetto di recitazione, lavorare in sottrazione, lasciare emergere l’autenticità, la verità delle storie e dei personaggi. È un film che chiede allo spettatore di andargli incontro».
Vive a Milano da due anni.
«Un mese prima del lockdown ho appeso l’ultimo quadro. Milano non l’ho ancora vista, anche perché quando sono ricominciati i set ho girato a Roma, per otto mesi, la serie Amazon Bang bang baby, sono un boss della ’ndrangheta negli anni Ottanta a Milano, una dark comedy».
Le interessa anche dirigere?
«Sono pronto e mi sono anche proposto. Negli Stati Uniti i produttori che mi scelsero come attore nella serie Missing videro un mio corto e mi fecero dirigere alcuni episodi. Ho avuto la fortuna di lavorare per anni come operatore, conosco la tecnica».
Perché non l’attore?
«Non volevo. Dopo la maturità ho iniziato come operatore in un film diretto da mamma. Da lì non mi sono mai fermato. Tra i i ricordi più belli c’è quello con Ermanno Olmi, per Il segreto del bosco vecchio, cinque mesi sulle sue valli sopra Cortina, ogni mattina portava i filtri che aveva preparato da solo, con polverine e colori. Ho vissuto anche la sua intelligenza poetica, doppiando Raz Degan in Centochiodi».
Con suo padre Giancarlo c’è un buon rapporto.
«Probabilmente è importante, per avere un buon rapporto, fare l’operatore per 11 anni prima di recitare. In realtà credo di aver fatto l’operatore non tanto per i rapporti con papà ma perché, al di là del biglietto da visita iniziale, mi sono guadagnato tutto da solo nell’ambiente, ho creato un’identità lavorativa mia, fatta di ore di fatiche e 50 film in giro per il mondo.
Mi sono sentito indipendente anche economicamente e sono andato via da casa di mia madre a 19 anni, con i primi soldi e la prospettiva di nuovi lavori. E questo aiuta la relazione».
Il complimento più bello che le ha fatto suo padre?
«Complimenti non se ne fanno tanti in famiglia. Va bene così. Sono quei padri di quegli anni lì. E la stima la vedi nello scambio che hai sul lavoro, capisci che c’è dialogo, rispetto».
A trent’anni è diventato attore.
«Sul set di Il talento di Mr. Ripley, sono entrato in crisi. Ho studiato due anni. Al primo set, Alla rivoluzione sulla due cavalli, scattavo in piedi, per istinto, se chiedevano un
obiettivo. Con mamma ho girato Stai con me. Poi mi ha chiamato Guy Ritchie, mi sono ritrovato nel remake di Travolti... al posto di Banderas, con Madonna. Caos e gran divertimento».
Ha compiuto cinquant’anni. Propositi?
«Imparo ancora, dagli autori, dalla vita. Durante la pandemia ho comprato dall’Austria un mulino elettrico e grani diversi. Infornavo di notte e regalavo pane d’ogni tipo al condominio. Ho un librone con tutte le foto e gli ingredienti».
Lo pubblicherà?
«No, è per me. Ho scritto favole, che ho iniziato a spedire. Una è Bella ciao ed è la storia di una farfalla; l’altra
Piro il girasole, costretto come tutti a vedere sempre la nuca degli altri fiori, rivolti verso il sole. S’innamora di una girasole e si punta verso Est, dove sorge il sole, sfidando le leggi di natura, per poterla vederla ancora».