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 2021  settembre 23 Giovedì calendario

Storia del fuoco

Distruttivo, inarrestabile, irreversibile, senza scopo, auto-generato: questo è il carattere del fuoco. Ma cosa è esattamente? Una sostanza, una qualità, una causa, un effetto? Per gli antichi era uno degli elementi primari di cui è composto il mondo. Per i cosmologi egizi, greci e persiani la forza principale dell’universo. La grande fortuna della Terra, a detta dell’antropologo e biologo Richard Wrangham, è stata quella di avere il fuoco, ovvero di disporre di materiale verde caldo e secco che fa una cosa straordinaria: brucia e fornisce calore e luce senza i quali la nostra specie sarebbe costretta a vivere come gli altri animali. Il grande devastatore è stato anche il nostro primo alleato. Charles Darwin in L’origine dell’uomo e la selezione sessuale (1871) scrive che è la più importante scoperta fatta dall’uomo dopo il linguaggio. Il fuoco è all’origine della stessa Terra, poiché il pianeta agli inizi era una forma incandescente liquefatta che progressivamente s’è raffreddata, e tuttora contiene un suo nucleo incandescente. Sulla superficie solida della Terra il fuoco aveva la forma delle colate laviche, dei fulmini e degli incendi: divampava e atterriva gli astralopitechi, e dopo di loro gli habiles, fino a che non entrò in scena l’Homo erectus. 1,9 milioni di anni fa si spalancò al mondo un nuovo futuro. Cosa avvenne? La studiosa francese Catherine Perlès in Preistoria del fuoco sostiene che l’uso del fuoco ha necessitato un progresso “psichico” prima ancora che uno “tecnico”. Gli astralopitechi avevano il fuoco, ma non erano in grado di produrlo: mancava il passaggio mentale. Le prove della presenza dei focolari in Europa e in Asia datano almeno 400.000 anni fa, ben prima della comparsa dell’Homo sapiens, per quanto fissare una cronologia definitiva non è facile. La paura del fuoco è stata a lungo dominante. Per possedere dei focolari, e conservarli, serviva anche una nuova organizzazione sociale, così per sottomettere il fuoco bisognava sottomettersi a lui: l’abbiamo addomesticato e ci siamo fatti addomesticare. Questa è la “civilizzazione”. Il fuoco è calore, luce, energia; ed è la possibilità di cuocere i cibi. Wrangham sostiene che il grande cambiamento evolutivo fu l’effetto dell’invenzione della cottura che apportò una serie di vantaggi biologici non indifferenti: i nostri remoti progenitori sopravvissero meglio e i loro geni si diffusero; si adattarono biologicamente agli alimenti cotti, traendo il maggior vantaggio possibile dalla nuova dieta: cambiò l’anatomia, la fisiologia, l’ecologia, la storia della vita, la psicologia e la stessa società. «Noi esseri umani siamo le scimmie che sanno cucinare, le creature del fuoco» (Wrangham). La storia del fuoco, come l’ha narrata Johan Goudsblom, sociologo olandese, riguarda tutta una gamma di situazioni che vanno dai forni alle lampade, dall’industria ceramica alle officine metallurgiche. Vasai, fabbri, minatori e soldati dipendono dal dominio sempre più raffinato del fuoco stesso. Anche le religioni discendono dal fuoco: la cultura del sacrificio ha deciso il loro sviluppo nell’antichità. Per quanto nella storia della creazione narrata nella Genesi non si nomini il fuoco, Dio si manifesta «in forma di fuoco». Appare a Mosé sotto forma di un roveto ardente che non si consuma. Uno dei riti della sepoltura, la cremazione, richiedeva in passato il fuoco delle pire ardenti. Lo stesso Inferno cristiano è pieno di fiamme. Il fuoco ha tormentato gli uomini non solo nell’Aldilà, ma anche nell’al di qua: ha devastato le città incenerendole. Tra l’850 e il 1850 la vita rurale è stata dominante; la maggior parte della popolazione mondiale viveva in campagna e le città erano piccole e rare, eppure bruciavano ugualmente: Roma, Londra, Venezia e cento altre. Per questo le nostre città hanno subito il processo di “pietrificazione” e di “mattonificazione”. Gli antropologi sostengono che le tre grandi tappe della storia umana sono l’addomesticamento del fuoco; la nascita dell’agricoltura e l’allevamento degli animali; la rivoluzione industriale. È con il fuoco che comincia l’Età del vapore. Il fuoco alimenta le industrie e gli esiti della combustione del legno e del carbone modificano l’aria e la vita di tutti gli abitanti. La produzione della forza a vapore necessita investimenti più grandi dell’energia idraulica ed eolica; eppure acqua e vento cedono il passo alle fiamme delle caldaie. Poi anche la forza-vapore declinò. Subentrarono il petrolio, il gas e l’l’elettricità. Del fuoco, che pure arde ancora nelle case, si fece via via un uso più discreto, ricorda Goudsblom. C’è, ma resta dietro le quinte: centrali elettriche, fabbriche, scaldabagni, fornelli, acqua dei radiatori: il calore arriva da lontano e nelle case il camino è diventato un oggetto di cui si può fare sovente a meno. Il fuoco naturalmente c’è ancora: gli incendi di boschi e prati, di case ed edifici, sono all’ordine del giorno, tuttavia il fuoco non è più il nemico-amico di casa. Quanto resta dei riti del fuoco, quelli che Gaston Bachelard definiva il “fuoco sociale”? Ai bambini veniva insegnato, come testimoniano le fiabe, la pericolosità e insieme la necessità del fuoco, così che il fuoco da realtà “naturale” si è mutato in una realtà “sociale”, e poi, a seguire una realtà assente, per quanto ancora incombente. Nel 1852 uno svedese, Johan Lundström inventò il “fiammifero di sicurezza”, che s’accendeva solo se strofinato contro la scatola. Prometeo andò in pensione: il fuoco stava nelle tasche di ciascuno. Anche l’illuminazione divenne visibilmente invisibile: non più una fiamma che ardeva. Il dio per cui splende il Paradiso e arde l’Inferno, divinità terribile e insieme buona, descritta da Bachelard, s’è eclissato. La mitologia dell’energia ha così preso il posto dell’energia del fuoco all’apparenza pulita: il Prometeo postmoderno ci dona ora un’energia fredda. A Chernobyl, vicino alla palazzina di comando delle centrali nucleari, ora spente, c’è la sua statua. Il fuoco invisibile è volato via.