La Stampa, 23 settembre 2021
Draghi ha letto le 70 pagine della tesi sul Reddito di Cittadinanza che uno studente aveva inviato alla presidenza del Consiglio. E gli ha risposto
Il 3 settembre Marco Liati, 27 anni, studente di Finanza all’Università dell’Insubria, nota che il reddito di cittadinanza è di nuovo un argomento di primo piano nel dibattito politico e decide di scrivere una mail alla presidenza del Consiglio. In allegato invia la tesi realizzata nel 2019 a conclusione del corso di laurea triennale sull’analisi degli strumenti di supporto al reddito degli ultimi 14 anni.
Premuto il taso «Invio» torna alla sua vita normale, con gli studi da riprendere e i corsi da seguire, dimenticando la Pec inviata a palazzo Chigi.
Tre giorni fa sulla sua casella elettronica trova una mail del presidente del Consiglio dei Ministri. «Non avrei mai immaginato di ricevere una risposta e, ancora più incredibile, in poco più di due settimane».
Nella mail non c’è solo un cortese ringraziamento da parte di Mario Draghi, con l’aggiunta della firma del presidente del Consiglio. C’è un commento molto chiaro, decisamente politico, su una misura che è uno dei motivi di scontro all’interno del governo e su cui è allo studio un intervento. «Come Lei evidenzia nella tesi – scrive a Marco Liati – il Reddito di cittadinanza è il più recente di una serie di interventi volti a sostenere le fasce più vulnerabili della popolazione in Italia. È ispirato a valori costituzionali come l’eguaglianza e la solidarietà politica, economica e sociale. Tuttavia, si tratta di uno strumento che, come lei sottolinea ha alcuni limiti, soprattutto per quanto riguarda le politiche attive del lavoro».
Sette righe che fanno capire che la risposta non è formale né di circostanza. Il presidente Draghi ha davvero letto le settanta pagine di tesi di Liati e alla fine lo ringrazia per avergliele inviate. «Con i migliori auguri per i Suoi studi, Mario Draghi», si conclude la lettera del premier. Dopo averla letta Liati decide di renderla pubblica su Twitter. la rilancia sul sui profilo Twitter. «Son soddisfazioni», commenta.
Il suo post viene commentato e condiviso. «Ha raggiunto circa 80mila persone. C’è stato chi ha solo condiviso, chi ha fatto i complimenti ma anche chi mi ha detto che non era vero, chi ha scritto che non si pubblica una scrittura privata e chi mi ha detto che non c’era nulla di cui essere fieri».
Invece Marco Liati è molto fiero. E non lo nasconde. La sua tesi era divisa in due parti, la seconda era interamente dedicata a un’analisi critica del reddito di cittadinanza, una misura decisamente meno efficace di altre pensate o realizzate in passato. Secondo Liati si tratta di una misura poco equa, che non protegge affatto i più poveri ma acuisce alcune disuguaglianze. «È uno strumento generoso per i single, molto meno per le famiglie numerose. Non tiene poi conto delle differenze del costo della vita tra le varie regioni privilegiando quindi chi abita al Sud e ha pochi figli. Inoltre scarica il peso dei progetti di inclusione sociale e lavorativa sui centri per l’impiego escludendo i comuni che invece hanno maggiore conoscenza della realtà locale. Ed è stato uno spreco di risorse e di tempo perché cancella tutto il lavoro su questo tema svolto fino ad allora. Un grave errore». —