Corriere della Sera, 22 settembre 2021
Riaprire il Transatlantico? Lega e Pd dicono di sì
Trasformato in dependance dell’Aula nei giorni dell’emergenza Covid, è l’icona di una Montecitorio dimezzata, metafora di una politica lobotomizzata. Occupato da duecento scranni trasferiti dall’Emiciclo per garantire il distanziamento, dopo oltre un anno va restituito al suo ruolo e alla sua storia. Perché ora c’è il vaccino e le Camere si apprestano ad adottare il green pass: dunque non c’è più motivo di veder mortificato questo patrimonio del Palazzo e del Paese.
E infatti per una volta Lega e Pd concordano, se è vero che il capogruppo del Carroccio Molinari si appresta a chiedere a Fico la «liberazione del Transatlantico e la riapertura della buvette»: «Non si potrà insistere con la tesi del distanziamento, dato che in treno e in aereo i viaggiatori stanno seduti gli uni accanto agli altri». Più o meno quel che sostiene la capogruppo dem Serracchiani, che ricorda quando «fummo i primi a dare l’esempio, al sorgere della pandemia. E adesso, grazie alla carta verde, siamo ansiosi come tutti gli italiani di tornare alla normalità, recuperando gli spazi di vita e di democrazia». Sospiro: «I divani ci mancano tanto».
I divani rossi sono il simbolo del Transatlantico, definito «la vera anima della democrazia rappresentativa» da Quagliariello, che citando Gaetano Mosca descrive il corridoio dei passi perduti come «il luogo dove si ritrova la classe dirigente». È lì che sono nati inciuci politici e amori clandestini tra onorevoli di destra e di sinistra, ai tempi in cui il Pci ordinava ai suoi deputati di «non familiarizzare» con colleghi di altri gruppi. In Transatlantico finì a schiaffi tra «camerati», un uomo misurato come Martinazzoli gridò al giornalista petulante di andare a quel paese dandogli rigorosamente del «lei», e il comunista Pajetta – stufo dell’ostruzionismo di Pannella – rovesciò un tavolino addosso al radicale Tessari.
Oggi non ci sono più quei grandi personaggi, ma il corridoio va comunque riaperto. Si avvicina il momento della Corsa e bisognerà ospitare i mille e otto grandi elettori che dovranno eleggere il capo dello Stato. In Transatlantico si sono spesso consumati tradimenti dell’ultima ora che hanno scombinato accordi presi in altri luoghi. Già si scorgono le prime trame. E se da una parte si fa un gran parlare dell’asse tra Salvini e Renzi, dall’altra si scorge l’intesa tra Letta e Meloni. Da mesi ci lavora il dem Boccia, fu lui a preparare l’incontro riservato tra i due che – seguendo la regola in base alla quale il nemico del mio nemico è mio amico – si sono poi mostrati in pubblico per sottolineare come il capo dello Stato vada scelto insieme.
E tanti saluti ai «due Matteo». Ma anche al Cavaliere, visto il modo in cui la Meloni insiste perché al Quirinale vada una figura non di parte. Un esponente della segreteria dem sussurra che «andrebbe bene Gianni Letta, se i grillini si decidessero a votarlo». In ogni caso servirà quel luogo, specie se avrà ragione il ministro della Difesa Guerini, che a un compagno di partito ha detto «preparatevi: per il capo dello Stato serviranno molte votazioni». In effetti se non saranno Mattarella o Draghi sarà lunga, non a caso Casini è stato ribattezzato «l’uomo dei tempi supplementari», il candidato che viene dopo l’eliminazione degli altri candidati. E quando la Corsa sarà finita, il Transatlantico servirà ad accogliere il presidente della Repubblica appena eletto: il cerimoniale prevede che il nuovo inquilino del Colle attraversi il corridoio tra due ali di corazzieri, e scortato dai presidenti delle Camere entri in Aula a prestare giuramento. Sotto gli occhi dei giornalisti. «Ecco, non vorrei che la chiusura si prolungasse per tenere ancora lontani i giornalisti», dice il renziano Anzaldi. I cronisti sono parte della comunità, testimoni della storia. Fu in loro difesa che la Iotti respinse l’idea di vietare l’accesso del Transatlantico alla stampa, venuta ad alcuni zelanti compagni. «Andrebbe chiesto a Fico», conclude il deputato di Iv. E magari in Transatlantico i cronisti potrebbero anche chiedere al presidente della Camera l’interpretazione autentica di una frase, riportata dall’Agi, che pronunciò il 21 luglio alla festa dell’Unità di Napoli: «Ci vuole una volontà dello Stato di debellare i fenomeni di criminalità organizzata fino in fondo. Dallo Stato e dal governo spesso non vedo la mentalità di prendere questo toro per le corna».