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 2021  settembre 22 Mercoledì calendario

Intel vuole costruire in Europa i microchip

È previsto a breve un nuovo incontro fra vari esponenti del governo e Pat Gelsinger, l’uomo che da febbraio guida il colosso californiano Intel con l’obiettivo di contendere a Taiwan la leadership tecnologica nei microchip. Le consultazioni hanno un solo punto all’ordine del giorno: il progetto di Intel di lanciare un investimento iniziale da 20 miliardi di dollari – ma circa cento miliardi all’orizzonte del 2030 – per costruire in Europa microchip della generazione tecnologicamente più avanzata.
Sul piano industriale, sarebbe la più potente risposta dell’Occidente alla drammatica carenza di microchip emersa quest’anno – anche per le imprese italiane – malgrado un aumento di produzione mondiale di quasi il 10% a oltre 520 miliardi di dollari di fatturato. Sul piano tecnologico, è un’occasione per l’Europa per tornare alla frontiera tecnologica in un settore in cui ha perso terreno: gli investimenti in nuove fabbriche nel continente nel 2020 sono appena il 3% del totale mondiale (secondo il centro studi Bruegel) e, dalla tedesca Infineon all’italo-francese STMicroelectronics, i gruppi europei presidiano nicchie importanti ma lontane dai modelli più avanzati. Sul terreno politico poi sarebbe un segnale preciso: un accordo in strategico con Intel, a sua volta sostenuta dalla Casa Bianca, rafforzerebbe un rapporto transatlantico ormai incrinato e sposterebbe con realismo su altri fronti la ricerca dell’“autonomia strategica” che l’Europa afferma di inseguire.
Se davvero riuscirà a decollare dopo le elezioni tedesche, si tratta di un piano tripartito. I governi di Francia, Germania e Italia stanno tenendo da tempo riunioni settimanali riservate per definire una proposta comune su come il progetto di Gelsinger possa dispiegarsi, simultaneamente, nei tre Paesi. Intel si aspetta che gli Stati coinvolti e forse in parte il bilancio stesso dell’Unione europea contribuiscano all’investimento per circa il 30% dei costi. Ciò rafforza la voce di Italia, Germania e Francia nell’indicare una distribuzione dello sforzo, che andrebbe oltre il progetto dichiarato di una singola fabbrica da costruire in Europa. Da quanto emerso fino ad ora nelle consultazioni fra Berlino, Parigi e Roma, un primo accordo potrebbe prendere forma sulla base di un equilibrio accettabile per tutti. La foundry europea di Intel, la fabbrica vera e propria per la produzione anche di transistor delle prossime generazioni, andrebbe in Germania e verrebbe collocata con ogni probabilità nell’area di Dresda. Vi si trova già il più grande distretto europeo nell’industria dei semiconduttori: lì producono Infineon e l’americana GlobalFoundries, quest’ultima controllata dal fondo sovrano saudita e potenzialmente oggetto delle mire della stessa Intel.
A Catania invece, a ridosso del distretto tecnologico di StMicroelectronics, potrebbe arrivare un investimento di vari miliardi di euro (ancora da quantificare). A titolo di confronto, l’intero piano italiano del Recovery prevede per i chip nel Paese, sempre a Catania, appena 750 milioni di euro. Nel distretto siciliano andrebbero il cosiddetto “back end” e il packaging della filiera di Intel.
Il back end è il processo di ispezione, controllo, test e infine ritaglio al laser dei fogli (o wafer) di semiconduttori in singoli chip pronti per l’applicazione. Alla Francia poi andrebbe l’area di ricerca e sviluppo dei transistor e l’architettura dei nuovi semiconduttori. Il piano esposto da Intel ai governi europei ha contorni precisi. Il gruppo californiano afferma di voler produrre anche in Europa i transistor più piccoli e più avanzati, quelli da due o tre nanometri (milionesimi di millimetri) che servono oggi per il cloud o l’intelligenza artificiale, ma in prospettiva saranno assorbiti dalle auto elettriche o autonome e da tutta l’industria 4.0 basata sull’Internet delle cose. Fra dieci anni le industrie di Germania, Italia e Francia avranno un consumo molto intenso di questi modelli di chip.
Certo la partita è ancora aperta. Parte dell’industria tedesca resta riluttante a innovazioni troppo radicali e tentenna. È frenata anche dalle avance di Tsmc: l’azienda taiwanese, numero uno al mondo, ha offerto una joint-venture a StMicroelectronics (declinata) e a Infineon. Che esita ancora.