la Repubblica, 22 settembre 2021
La moda a Manhattan con cofane stile signorina cecata di Anna Marchesini e una modella nera e trans che sfila in carrozzina
Le presentazioni newyorchesi per la prossima primavera/ estate sono apparse vispe come non accadeva da tempo. Un bel cambiamento rispetto agli scarni calendari degli ultimi anni, che fa ben sperare per le sfilate milanesi al via oggi. Però, ottimismo a parte, il vero trionfatore della stagione non è un brand, un creativo o una tendenza, ma la città. Mai s’erano visti tanti show in strada, nei parchi, negli edifici storici, con Manhattan a fare da spettacolare sfondo; di sicuro c’entrano le norme di distanziamento, ma è chiaro che i marchi hanno capito quale è il vero plus della situazione – e cioè il ritorno in grande stile della Grande Mela – e se ne sono serviti. Mica scemi.
Moschino, in trasferta da Milano, ha sfilato a Bryant Park, tra la Quinta e la Sesta strada. Per il direttore creativo Jeremy Scott, l’occasione è servita per dare la sua interpretazione pop delle signore bene dell’Upper East Side: tailleur-sorbetto, guanti in tinta, pettinature simil-cofana della signorina cecata di Anna Marchesini; il tutto ricoperto da disegni dei cartoni animati per bambini. E, nonostante tutto, la collezione pare meno divertente del solito. Più “normale”, forse anche troppo. Inoltre, a rubare la scena è stato il debutto di Aaron Philip, modella nera, trans e disabile: un tris notevole, in quest’epoca di correttezza politica, e infatti non s’è parlato d’altro.
Michael Kors ha sfilato al Tavern on the Green, celebre bistrot di Central Park. Per lo stilista ora il pubblico vuole bei capi per uscire a fare festa, ma allo stesso tempo non intende più spendere a vuoto; la cosa lui l’ha risolta alternando pezzi strutturati tipo soprabiti e tailleur a capi più frivoli come i completi gonna e reggiseno di pizzo. Kors è positivo, ma guardingo. Tory Burch ha occupato tutta Mercer Street a Soho (dove ha appena aperto uno store), con i negozi della zona che hanno offerto fiori, libri e toast con l’avocado agli invitati. Sembrava una festa di quartiere: un contesto ideale per gli abiti, un mix di geometrie, colori e gonne a ruota in omaggio a Claire McCardell, inventrice negli anni 40 dello sportswear contemporaneo.
La location di Carolina Herrera, sulla 89sima strada, è la sede di Salon 94, nota galleria d’arte. Il designer Wes Gordon ha festeggiato i 40 anni del brand rivisitandone i capi simbolo, tutti da sera: un tripudio di abiti a palloncino, strascichi e ricami. Gordon ci è andato giù pesante, ma la ricorrenza lo concede.
Tom Ford, che ha sfilato al Lincoln Center, ha invece omaggiato se stesso. E fa bene: tanti stanno citando il suo Gucci dei primi anni 2000, ci sta che pure lui attinga al suo archivio, dai pantaloni cargo di satin ai bustier. Alla New York reale, Thom Browne ha preferito una casa surreale costruita in passerella, con i cespugli del giardino che si trasformano in mantelli fiorati, e le statue “animate” vestite con tuniche trompe l’oeil. Tutto già visto, ma non per questo meno d’effetto.