la Repubblica, 22 settembre 2021
Quanto costa diventare sindaco
MILANO – Tipografi, sondaggisti e soprattutto Facebook: ogni campagna elettorale è Natale, con i candidati che spendono (e a volte spandono) per farsi conoscere, pubblicizzare se stessi sui social e nelle cassette della posta. I partiti ridotti all’osso ormai ospitano aspiranti eletti e basta, non finanziano più nessuno, danno una mano al candidato sindaco e stop. A tutti gli altri tocca metterceli di tasca propria, affidarsi alle donazioni dei privati – grandi e piccoli – e ai volontari. Già, ma quanto costa una campagna elettorale per entrare in un Consiglio comunale di una grande città? Non c’è un “prezzo” esatto, influiscono molti fattori, in generale però per una candidatura competitiva occorrono almeno 15 mila euro. Non sempre e non solo si tratta di entrare nell’assemblea cittadina: soprattutto per i notabili locali è questione di contarsi, dimostrare il proprio peso politico; serve per gli equilibri interni oppure per ambire ad un posto nella eventuale giunta. La spesa è quindi un investimento sul proprio futuro. Un posto in Consiglio comunale a livello economico non è paragonabile a quello in Parlamento o in Regione: con i gettoni di presenza si arriva a 1.500-1.800 euro al mese. Ma è un trampolino di lancio, una istruttiva gavetta che una volta i partiti organizzati – ne sono rimasti giusto due, oggi: Pd e in parte la Lega – valorizzavano, facendo partire tutti dal gradino più basso per poi far salire i meritevoli. Comunque: spedire 50 mila buste e farle arrivare in cassetta costa sui 15 mila euro; un giro di affissione regolare di manifesti 1.000 euro; la realizzazione e la stampa del materiale (manifesti, volantini ora anche con il qr code incluso, i famosi santini) viaggia sull’ordine delle migliaia di euro; una buona sponsorizzazione sul social più frequentato tocca i 500-1.000 euro a settimana. Alcuni affittano anche dei punti elettorali, i più facoltosi assumono uno o due collaboratori. Poi ci sono gli affitti delle sale, i noleggi dei furgoni, i gazebo da montare e smontare, qualche aperitivo elettorale da offrire, spot in tv o in radio. A voler fare in grande, si può arrivare ad una spesa totale di 40-50 mila euro. Parlar di vil denaro piace a pochi, specie se si è tra quelli che spendono di più. «Anche facendo una campagna molto semplice, volantinando al mercato e stampando qualche manifesto qualche migliaio di euro alla fine si spende», racconta lo storico ambientalista milanese Carlo Monguzzi, tornato in Europa Verde dopo anni nel Pd. Luigi Amicone (Fi) punta al bis per Palazzo Marino e giura che finora ha speso solo 800 euro, ma nel suo caso – fondatore e direttore per molti anni della rivista ciellina Tempi – l’elettorato è fidelizzato: «A destra si è sempre lasciata maggiore competizione interna, perciò spesso si investe di più che a sinistra». Nei 5 Stelle i singoli candidati sborsano poco: il voto di opinione ha sempre premiato il simbolo e qualcuno in passato è entrato nei Consigli di metropoli con poche centinaia di preferenze.
Anche quantificare la reale spesa per un candidato sindaco è spesso difficile, i soggetti che pagano sono diversi: dai partiti che mettono una quota alle raccolte fondi passando per i contributi di imprenditori. «Ma noi sulle donazioni private stiamo attentissimi» fanno sapere ad esempio dall’entourage di Virginia Raggi. La campagna per Layla Pavone sindaca di Milano per il M5S costerà sui 30 mila euro; e pensare che in una sola settimana Carlo Calenda a Roma ha investito 5 mila euro solo per sponsorizzare i propri post su Facebook. Lui stesso ha parlato di 200 mila euro totali di esborso. A Milano i dem scuciono 120 mila euro per la corsa al fianco di Beppe Sala mentre il Carroccio con Luca Bernardo supererà i 110 mila euro, FdI 25 mila. A Bologna il favorito Matteo Lepore prevede 160 mila euro di spese. A Torino per Valentina Sganga (M5S) parlamentari, consiglieri regionali e candidati si sono tassati racimolando 37 mila euro, mentre la campagna di Stefano Lo Russo per il centrosinistra costa 245 mila euro. Altra capacità di spesa ce l’ha Paolo Damilano del centrodestra, oltre 400 mila euro tra tutte le liste. Dopodiché nella rincorsa individuale al seggio partiti e liste spesso sono dei taxi su cui salire con l’obiettivo di arrivare a destinazione. Soldi e finanziamenti ce li metto io, i voti sono i “miei": valori e collocazione politica restano un po’ di contorno. Ma anche questo, come il discorso sulle spese, non piace ammetterlo a nessuno.