La Stampa, 22 settembre 2021
Intervista a André Aciman. Dice che gli Stati Uniti sono stati costruiti dai profughi
André Aciman il profugo, guarda incredulo le foto dei rifugiati haitiani, che in Texas scappano inseguiti dalle guardie di frontiera americane a cavallo: «La sensazione è che questo Paese abbia perduto la sua anima. È orribile». Lo scrittore André Aciman è nato in Egitto, è stato costretto ad emigrare prima in Italia e poi negli Usa, e questa esperienza personale lo rende sensibile alle immagini che arrivano da Del Rio. Laggiù sono accampati migliaia di haitiani scappati dopo l’uccisione del presidente Jovenel Moïse, nella speranza di guadare il Rio Grande, prima che l’amministrazione Biden li catturi per deportali.
Cosa pensa, guardando quelle foto?
«Ci sono due punti di vista. Secondo il primo, ogni Paese ha il diritto di proteggere i suoi confini. I rifugiati stanno attaccando gli Usa, che quindi hanno il diritto di difendersi, se questa interpretazione è giusta, cosa che io non credo. Poi c’è la lunga tradizione storica, in America come in Europa, di accogliere i rifugiati. Le persone che fuggono da povertà, crimine, o comunque vuoi chiamarlo, hanno il diritto di essere ospitate. L’Italia in questo senso è stata sempre particolarmente di aiuto. Gli Usa, a causa di Trump, hanno sviluppato un’attitudine totalmente regressiva ed arrogante, creando un’atmosfera tra le forze dell’ordine che le spinge ad essere più molto più ostili di quanto non avrebbero bisogno. Vedere le foto di una piccola bambina che scappa, inseguita da un cowboy a cavallo, fa contente tante persone, perché è un gesto virile e mascolino, ma è un orrore. Dobbiamo soccorrere queste persone. Arrivano dalla miseria più totale, sono poveri, spezzati, e hanno già sofferto molto. Capisco chi dice che non possiamo ospitare tutti, ma penso che dobbiamo farli entrare».
Biden, che pure ha alzato a 125.000 i rifugiati accettai dagli Usa, imita Trump?
«Molti sfruttano l’ostilità verso i migranti, e quindi tutto è condizionato dalla politica interna. L’America sta diventando un’altra cosa. Basta guardare cosa accade ai repubblicani contrari a Trump: non si ricandidano, perché le loro vite sono state minacciate. Quando mai era successo prima negli Usa?».
Sulla Statua della Libertà c’è un verso che chiede al mondo di mandarle le sue masse derelitte.
«Certo, e dovremmo continuare ad applicarlo. Lascia stare che queste persone sono perseguitate dalla polizia, o anche manovali del narcotraffico: non hanno alcuna prospettiva, vivono ammassati sotto un ponte. Cosa fai, li lasci morire di fame?».
Gli Usa hanno cambiato anima?
«Odio essere semplicista, ma un Paese dove quasi il 50% degli elettori, 72 o 73 milioni, ha votato per Trump, è stato contaminato da idee ostili ai valori fondamentali di democrazia, libertà, tolleranza, essere di beneficio per il resto del mondo. In America sono venuti italiani, irlandesi, ebrei, con la speranza di reinventarsi, e lo hanno fatto. Molti messicani lavorano senza sicurezza, pensione, sanità. Gente senza speranza, che ha costruito il Paese».
Il padre di Steve Jobs era un emigrato siriano, senza di lui non sarebbe esistita la Apple.
«Non sarebbe esistito nulla. Questo sarebbe un Paese bianco anglosassone, e non avrebbe prosperato come ha fatto, precisamente grazie agli stranieri che lo hanno arricchito. Guarda gli indiani, che oggi guidano le più grandi aziende tecnologiche».
Se lei non fosse stato accolto, sarebbe diventato la persona che è oggi?
«Non so cosa sarei diventato, magari un imprenditore. Chi lo sa? Il fatto però è che l’Italia prima, e l’America dopo, mi hanno accolto. È stata una possibilità meravigliosa, ogni porta si è aperta. Io non ho più talento degli altri, sono solo stato fortunato. Ma la fortuna esiste in alcuni posti più di altri. Non credo che un bambino nato oggi in Siria abbia la possibilità di essere fortunato, e negare questa speranza a persone in condizioni di assoluto bisogno è inumano». —