Avvenire, 21 settembre 2021
Le donne restano escluse dal potere in Cina
«Le donne portano sulle spalle la metà del cielo», amava dire il “Grande timoniere”, Mao Zedong. Di certo, però, oggi non reggono la politica cinese. Anzi, latitano. Perché in quella mastodontica macchina del potere che è il Partito comunista cinese – che occupa militarmente l’intero corpo delle istituzioni del Paese e al cui vertice siede l’“imperatore” Xi Jinping – le donne hanno pochissimo spazio, marginalizzate da una “organizzazione” decisamente maschilista.
Nel gigante asiatico che oggi conta 34,9 milioni di uomini in più rispetto alle donne – uno dei tanti frutti avvelenati della tragica “politica del figlio unico” – , i numeri fotografano la sproporzione che vede le donne soccombere di fronte alla soverchiante presenza maschile nelle istituzioni. Siamo, in pratica, davanti a un grande vuoto. Nessuna donna, nella storia del Paese, ha mai ricoperto la carica di presidente. Nessuna donna si è mai seduta nel Comitato permanente del Politburo cinese (composto da sette membri), di fatto il più alto organo esecutivo del gigante asiatico. Dal 1949, la Cina ha avuto solo sei membri donne nel Politburo. Dei 2.280 delegati dell’ultimo Congresso, il diciannovesimo, meno di un quarto erano donne. In minoranza le donne sono anche dentro il tentacolare ed elefantiaco “corpo” del Partito: degli 89,4 milioni di membri del Partito comunista cinese, poco meno di 23 milioni sono donne, il 26% del totale. Unica eccezione è, in questa sorta di ostracismo che segna la gerarchia del potere cinese, è Sun Chunlan, classe 1950, attuale vice premier, unica donna tra i 25 uomini che compongono il Politburo. Eppure la Costituzione garantisce alle donne «pari diritti con gli uomini in tutte le sfere della vita» e che «lo Stato protegge i diritti e gli interessi delle donne». Un quadro che non fa di certo brillare il gigante asiatico a livello internazionale. Il World Economic Forum colloca Pechino al 78esimo posto della classifica sul coinvolgimento politico delle donne, al di sotto dell’altrettanto popolosa India. La Cina, poi, si è classificata all’86esimo posto su un totale di 192 Paesi per la sua rappresentanza delle donne nel Parlamento nazionale, secondo le ultime classifiche dell’Unione interparlamentare con sede a Ginevra.
Come spiegare la scarsa presenza delle donne nella politica cinese? Per Valarie Tan, analista presso il Mercator Institute for China Studies, intervistato da al-Jazeera, «gli stereotipi di genere, così come il peso della tradizione, sono ancora molto presenti in Cina. E con Xi Jinping al timone, tutto ciò si è accentuato. L’aspettativa generale è che le donne debbano sposarsi, prendersi cura dei figli, invecchiare e quindi prendersi cura dei nipoti».
Se è vero che alle donne cinesi è stato riconosciuto un “egualitarismo nominale” già da Mao, sotto la superficie, sopravvivono pratiche antiche e apparentemente inestirpabili, come la violenza di genere e la preferenza per i figli maschi nell’ambito della già citata politica del figlio unico. Per l’analista Rory Truex, la cui opinione è stata raccolta dal South China Morning Post, «c’è un soffitto di vetro nella politica cinese: le donne non hanno, in pratica, accesso a vere posizioni di potere». Certo è innegabile che le donne abbiano migliorato la loro posizione, in termine di avanzamento economico e sociale. Come segnala il sito China-Power, una donna nata nel 2016 ha un’aspettativa di vita di 77,8 anni, con un aumento di 4,2 anni dal 2000 e di 9,5 anni dal 1980. Ma perché le donne possano entrare nella stanza dei bottoni del potere cinese, la marcia dovrà essere ancora lunga.