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 2021  settembre 16 Giovedì calendario

1.400 delfini uccisi in un giorno. Succede alla Faröer

Prima circondati dalle barche disposte in semicerchio, poi condotti per 45 chilometri verso una baia dove si sono spiaggiati per essere infine squartati con i coltelli davanti agli occhi di centinaia di spettatori a riva, mentre il mare si colorava di rosso. La tradizionale pratica del «grindadráp», la caccia ai cetacei, soprattutto delfini e balene, si è trasformata quest’anno in una mattanza peggiore di qualsiasi incubo ambientalista: 1428 delfini uccisi in un solo giorno sulla spiaggia di Skálabotnur, a Eysturoy, isole Faroe, con le carcasse distribuite alla gente del posto per il consumo.
Non è una novità per l’arcipelago dell’Oceano Atlantico, situato tra la Norvegia, l’Islanda e il Regno Unito, autonomo dal punto di vista governativo ma sotto la sovranità della Danimarca. Qui la caccia ai cetacei, per ricavarne carne e grasso a uso dei locali, escludendone dunque la commercializzazione, è una tradizione lunga quattro secoli. Ma stavolta i numeri hanno superato ogni aspettativa e provocato sconcerto anche fra chi si dedica alla pratica senza remore da sempre. I delfini uccisi rappresentano un record contro una media di circa 35-40 l’anno. Per arrivare a cifre che si avvicinano alla strage avvenuta domenica bisogna andare indietro fino al 1940, quando di mammiferi ne furono uccisi 1.200. Neanche altre battute da primato non sono lontanamente paragonabili ai grandi numeri del 12 settembre: «Furono 900 i delfini uccisi nel 1879, 856 nel 1873 e 854 nel 1938», ha spiegato il biologo marino Bjarni Mikkelsen, che vive sulle isole. Nulla di simile è mai avvenuto nemmeno in occasione della caccia alle balene, che ogni anno sull’arcipelago porta alla cattura e allo sgozzamento di circa 600 esemplari sui circa 600mila che ne abitano le acque.
«È stato un grosso errore», ha spiegato alla Bbc il presidente dell’associazione balenieri delle isole Faroe, Olavur Sjurdarberg, che non ha partecipato alla caccia. «Quando il branco è stato trovato, si è stimato che si trattasse solo di duecento delfini». Solamente dopo è arrivata la consapevolezza dell’enorme dimensione del banco. «Qualcuno avrebbe dovuto saperlo meglio – ha aggiunto desolato Sjurdarberg – La maggior parte delle persone è sotto shock per quello che è successo». Anche se – è bene ricordarlo – tutto è accaduto nel pieno rispetto delle normative.
A confermare che stavolta la caccia ha preso una piega sgradita anche per chi è abituato alla tradizione e non la considera un rituale da combattere, al contrario una pratica «umana» se fatta nel modo giusto, arriva anche il deputato Sjurdur Skaale, che alle isole Faroe è stato eletto. «Ho visitato la spiaggia di Skalabotnur lunedì e la gente era furibonda», ha riferito il parlamentare.
Gli umori degli isolani sembrano essere cambiati anche dopo la mattanza. Un sondaggio della tv pubblica Kringvarp Foroya, effettuato dopo la strage, dice che oltre il 50% degli isolani si dice contrario alla prosecuzione della pratica per i delfini. Eppure gli abitanti delle isole Faroe pare non abbiano la stessa clemenza per le balene. Un altro sondaggio ha rilevato che l’80% della popolazione locale si è detta favorevole a continuarne la caccia.
«Una pratica barbara», attacca Sea Shepherd, organizzazione che si batte contro la caccia a delfini e balene, stavolta particolarmente cruenta perché, riguardando grossi numeri, l’uccisione degli animali è stata più lenta del solito, quando il taglio con i coltelli avviene molto velocemente e – dicono i suoi sostenitori – senza lunghe sofferenze per i mammiferi. Ma è improbabile che si arrivi a una retromarcia. «Anche se la caccia ai cetacei è uno spettacolo drammatico per chi non ha familiarità con la mattanza dei mammiferi – ha spiegato all’Afp un portavoce del governo, confermando la linea del ministro per la Pesca Jacob Vestergaard – va detto che si tratta, tuttavia, di cacce ben organizzate e completamente regolamentate», che riguardano più spesso balene che delfini e che le due specie – il lagenorinco acuto e la balena pilota – non sono comunque a rischio estinzione.