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 2021  settembre 14 Martedì calendario

Segreti e omelie di Mourinho

«Mourinho festeggia come se avesse segnato un gol». L’immagine l’ha affidata il centravanti della Roma Tammy Abraham al proprio profilo twitter. E non domenica sera, dopo quella sfrenata corsa sotto la curva al minuto 91 di Roma- Sassuolo. Ma nel 2012 dopo un Real-City di Champions, e quando Abraham aveva 14 anni appena. Ecco, forse con quella corsa sfrenata per la prima volta anche a Roma si è rivisto il Mourinho di sempre, quello estremo, persino pittoresco nel suo elegantissimo disordine. È inevitabile: nella Roma inaspettatamente capolista, ultima iscritta — ma prima per differenza reti — al trio di testa con Napoli e Milan, il più grande segno di discontinuità rispetto al passato è proprio lui.
Indizi su quella lucidissima follia li avevano avuti già a Trigoria, dove chi si aspettava un mito altero e distante ha scoperto invece tutt’altro. Dopo una giornata particolarmente stressante, ha deciso senza preavviso di buttarsi in piscina. Un gesto che a qualcuno ha ricordato il tuffo di Pallotta di 10 anni prima. Ma quello era fatto per stupire, José al contrario voleva omogenizzarsi, dire a tutti: "sono uno di voi". Lo fa ogni giorno o quasi, quando compare inaspettatamente nei corridoi degli uffici di Trigoria. Si ferma, chiacchiera, a qualcuno chiede consiglio per un ristorante, a un altro fa una battuta sulla pettinatura. Fa "squadra" fondendo universi lontanissimi. Ecco, il lavoro. Forse la parola a cui tiene di più in assoluto. Qualche settimana fa, con la squadra convocata per un allenamento pomeridiano, si è presentato a Trigoria alle 9.30 della mattina. Perché è lavoro anche sapere tutto di ciò che accade tutto intorno, conoscere tutti, sapere di qualsiasi problema, anche se distante dal gruppo squadra. Un lavoro che dura oltre gli allenamenti, con 6, anche 8 ore al giorno di video. Riassunte poi in micro riunioni con la squadra. Lo ha detto anche il Papa: l’omelia non deve durare tanto, dopo 8 minuti si perde attenzione. Proprio 8 minuti sono durante le lezioni ai giocatori sul Sassuolo e su come affrontarlo. Anche così è nato il gol del vantaggio: una punizione studiata a tavolino guardando il modo di difendere di Dionisi, provata in campo con il vice Sacramento e realizzata all’Olimpico. L’ha chiamata José dalla panchina, Pellegrini l’ha indicata ai compagni, Abraham ha finto di indicarsi la testa e Cristante è partito a raccogliere il passaggio rasoterra. Gol.
Sì, perché nonostante l’ufficio in stile Ferguson, con vetrate vista campi, Mourinho è legatissimo al lavoro sporco: distribuisce le pettorine colorate prima della partitella, porta la rete con i palloni o i conetti per i dribbling. L’aura da manager che amavano costruirgli intorno in Inghilterra non riflette il personaggio. In pieno lockdown, lo fotografarono nel parco pubblico sotto casa ad allenare Ndombelé: subì anche critiche, perché le prescrizioni imponevano di allenarsi da soli, non in due. Ma le regole non sono esattamente il suo forte, come dimostra il racconto — ormai prescritto — di quando si nascose dentro una cesta dei panni sporchi nello spogliatoio di Stamford Bridge per non farsi vedere dai delegati Uefa che lo cercavano, visto che da squalificato nello spogliatoio non poteva entrare.
Ciò che al contrario non solo rispetta, ma pretende, è la puntualità. Anche per questo alla Roma ha deciso di non dare appuntamenti. Meglio non correre il rischio di restare delusi.