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 2021  agosto 19 Giovedì calendario

Missioni di pace sempre più rare

All’inizio del 2020, gli Stati Uniti erano il secondo Paese per numero di persone impegnate in missioni di pace nel mondo, dietro all’Etiopia. Durante l’anno scorso, però, la Resolute Support Mission (Rsm) guidata dalla Nato ha ridotto il suo impegno in Afghanistan da 16.551 a 9.592 membri. Il risultato è stato che al 31 dicembre 2020 Washington era al decimo posto in quanto contributore. Oggi, dopo le vicende afghane degli scorsi giorni è certamente più in basso nella classifica. L’Rsm era iniziata nel 2015 dopo che le forze d’intervento dell’Isaf in Afghanistan erano crollate tra il 2012 e il 2014 da 132.900 unità a 14.200: aveva l’obiettivo di fornire assistenza, consulenza e training alle Forze di sicurezza e difesa nazionale afghana, sostanzialmente era ciò che teneva in piedi il governo di Kabul e l’esercito, come si è appena visto quando Biden ne ha deciso il ritiro repentino. La tendenza al calo del personale impegnato in missioni internazionali di pace è comunque alla riduzione: si è passati da 264.844 donne e uomini il 31 gennaio 2011 a 127.124 il 31 dicembre 2020, secondo l’analisi del centro di studi Sipri (Stockholm International Peace Research Institute). Di questi, 86.712 sono impegnati sotto le insegne delle Nazioni Unite e gran parte, 94.201, operano nell’Africa Subsahariana. Il calo del 2020 rispetto al 2019 è stato da 137.781 a 127.124. È vero che nel 2020 sono state operative 62 missioni multilaterali, una in più che l’anno precedente, la maggioranza delle quali guidate dall’Onu. Ma nel 2020 ha chiuso Unamid, in Darfur, una grande missione lanciata nel 2007 da Unione Africana e Nazioni Unite che arrivò a schierare 20-25 mila persone. Si tratta della quarta missione di grande rilievo dell’Onu terminata dal 2017, preceduta da quella di stabilizzazione a Haiti, dall’Unoci in Costa d’Avorio e dalla Unmil in Liberia (2018). All’inizio del 2021 – sottolinea Sipri – solo sette operazioni di peacekeeping avevano più di cinquemila membri: cinque dell’Onu, una dell’African Union e una mista tra le due istituzioni. Dopo la tragedia in corso in Afghanistan, la Nato rimane con le 3.482 persone impegnate nella Kosovo Force (Kfor). In compenso, l’anno scorso sono state aperte tre operazioni in Africa: due nella Repubblica Centro Africana e una in Libia condotta dall’Unione Africana. In un mondo senza un ordine condiviso e senza la superpotenza americana capace di garantire equilibri per quel che è possibile, la riduzione del dispiegamento di missioni multilaterali di pace e di peacekeeping è un ulteriore segno delle enormi difficoltà della comunità internazionale a garantire la sicurezza in vaste aree del mondo. L’Afghanistan è un dramma da cui la Nato, gli Usa e l’Europa sono stati cacciati. Non è il solo.