Robinson, 14 agosto 2021
E il jet set creò la Costa Azzurra
Ma noi non siamo i Rothschild ricchi, si lamentava Kitty von Rothschild; Edoardo VIII aveva appena abdicato, e, ospite suo al castello di Enzesfeld vicino Vienna, aveva speso più di ottocento sterline in chiamate internazionali all’amata Wallis Simpson, l’americana, e trattava il personale di casa come se fosse ancora re, padrone in qualsiasi dimora. Il neo-duca di Windsor e Wallis Simpson adoravano la Costa Azzurra, e dopo il matrimonio (di 300 invitati, si erano presentati in sedici) si installarono nello château di Croë in Riviera, dove i 33 servitori biondi, e solo alcuni tra gli ospiti, trattavano Wallis, nonostante il divieto del Parlamento, da HRH, Altezza Reale, con inchino. Edoardo compariva in kilt ( tartan di Balmoral) e pugnale rituale infilzato nella calza ( ci si chiedeva come resistesse al caldo di Antibes); i suonatori di cornamuse si attivavano negli aperitivi in piscina, dove lo spogliatoio era mascherato dalla bandiera di principe di Galles; all’ingresso pendeva lo stendardo dell’ordine della Giarrettiera.
All’epoca, oltre a Croë, in quel tratto di costa c’era solo la villa dell’Aga Khan e La Mauresque, acquistata nel ’ 26 da William Somerset Maugham ( lo stile moresco fu subito emendato in total beige); lo scrittore ci rimase quarant’anni: una calamita mondana per artisti, celebrità e per la comunità gay della Riviera. Pur omosessuale, William coltivò una relazione adulterina con la moglie di un magnate della farmaceutica, da vedova la sposò, e anche ne ebbe una figlia, Liza: ma quando, per ridurre le tasse, gli consigliarono di intestare la villa alla ragazza, obiettò: «Ho letto Re Lear anch’io, grazie», e lasciò La Mauresque al suo ultimo amante. Ma la villa che ha fatto la storia del Riviera set, lo scintillante bel mondo della Costa Azzurra, fu lo Château de l’Horizon, raccontato con indiavolata sapienza da Mary S. Lovell, la biografa delle sorelle Mitford (Neri Pozza) e di una ventina di capolavori della piccola storia – spesso altrettanto istruttiva della grande storia, e quasi sempre molto più divertente ( La Côte d’Azur, 1920- 1960, tradotta con brio per 396 pagine da Maddalena Togliani, sempre per Neri Pozza).
Lo Château de l’Horizon era dell’attrice Maxine Elliott, che doveva la ricchezza e le frequentazioni, nell’ordine, alla bellezza, al talento ( in scena, ma leggendario quello in Borsa), e alle relazioni col finanziere John Pierpont Morgan e col re d’Inghilterra Edoardo VII – per cui era bella come Elena di Troia. Winston Churchill, dal 1934 al 1940, fu suo ospite fisso ( Maxine era stata amica di sua madre – che morì, letteralmente, cadendo dai tacchi; e Winston in Costa Azzura si era consolato nel 1923, quando, estromesso dal Parlamento, si era svegliato da un’operazione «senza più incarico, seggio, partito e appendice»). Winston era così simpatico, che Maxine lamentava mascelle dolenti per il gran ridere; ma naturalmente in Riviera si parlava anche di cose serie, e una Rothschild ricca raccontò a Winston “particolari terrificanti” sul trattamento degli ebrei in Germania. Opportuni erano per Churchill anche i soggiorni alla Dragonnière, la villa di Montecarlo di Lord Rothermere, proprietario del Daily Mail – e, alla morte del fratello, anche del Daily Mirror; insieme a lord Beaverbrook delDaily Express controllavano più o meno l’opinione del Regno Unito. Nel 1938, il duca di Windsor lodava, alle cene, le docce calde predisposte all’entrata in miniera nella Germania di Hitler, e in Riviera solo Churchill credeva davvero alla guerra.
A profittare del lusso capitalista dell’Horizon era comparsa anche una cugina comunista di Churchill, la scultrice Clare Sheridan: oltre a Winston, aveva scolpito a mezzobusto Guglielmo Marconi e Gandhi; viaggiatrice in moto e amante di Chaplin, già nel 1920 era stata invitata a Mosca a effigiare i bolscevichi: ritrasse Lenin, Trotzkij, Dzerzinskij e Kamenev, e si accoppiò con tutti e quattro – di sicuro fu citata nel divorzio di Kamenev. Due amiche di Maxine e dell’Horizon, Lady Doris Castlerosse e Margot Flick, arrivavano dal loro palazzetto a Venezia ( ora Peggy Guggenheim Museum): Margot l’aveva regalato a Doris in cambio delle frequentazioni altolocate; una sera si erano scordate dell’arrivo di due ospiti, che trovando la casa aperta e vuota si erano messi a dormire e furono svegliati alle 4 di notte da un’orchestra in stanza – le due padrone di casa, rientrando da una festa, per farsi perdonare la dimenticanza si erano portate dietro i musici.
Vennero alla moda, in Riviera, le cacce al tesoro, ci fu l’invito a cena con delitto. Un ospite si finse morto, e poliziotti fasulli sparsero il panico tra i sospettati, e tutti quelli che avevano qualcosa da nascondere alla stampa. E non era mai chiaro se si dovesse dare la precedenza all’Aga Khan o al duca di Windsor ( il criterio prevalente essendo che «l’Aga Khan è considerato Dio in terra da milioni di seguaci; ma un duca inglese, evidentemente, ha la precedenza»).
Dopo Maxine e la guerra, l’Horizon passò a Alì, il figlio dell’Aga Khan, che vi sposò nel 1949 Rita Hayworth; Elizabeth Taylor ci si rifugiò dai paparazzi e la suite di Churchill fu occupata dai Kennedy in crisi, che vi si riappacificarono (armistizio vitale, spiegava il suocero a Jackie, per la carriera politica di Jack). Oggi l’Horizon appartiene alla famiglia reale saudita, che, nelle rare apparizioni, lo blinda.