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 2021  agosto 17 Martedì calendario

L’eros promiscuo e divertito di Anaïs Nin

Alcuni scrittori, e sono quasi sempre i più bravi, scrivono incessantemente. Diari, lettere, romanzi, poesie, articoli per i giornali. È un bisogno fisico e non ha niente a che fare con l’essere pubblicati e letti. Come quelle macchine complesse che devono essere sempre tenute in moto per non rovinarsi. Anaïs Nin è una di questi. Instancabile, e instancabilmente ossessionata dal sesso, veicolo di conoscenza e interpretazione del mondo. Nella vita e nell’arte.
Spagnola di padre e francese di madre, Anaïs Nin cresce negli Stati Uniti. Nel 1923, a soli vent’anni, sposa l’uomo che le resterà accanto tutta la vita, Hugh Guiler, il «poeta bancario» secondo le sue parole. Col marito si trasferisce a Parigi dove conosce Henry Miller al quale si lega in un’intensa relazione letteraria ed erotica che durerà molti anni. Le storie contenute in Spreco di eternità e altri racconti, ripubblicate in questi giorni da La Tartaruga, risalgono più o meno a quel periodo, tra il 1928 e il 1931, ma rimasero inedite fino al 1977. Non per sua volontà, ma perché nessuno aveva voluto pubblicarle. Tutti gli editori ai quali erano state mandate le rifiutarono.
Non molto dopo pubblicò invece un saggio su D.H. Lawrence e poi, nel 1936, un romanzo, La casa dell’incesto. Ma furono i volumi del suo diario, usciti in Francia a partire dal 1966, a farla conoscere. Negli ultimi dieci anni della sua vita Anaïs Nin conobbe un enorme successo e fu finalmente riconosciuto il talento e la grande originalità del suo lavoro. Solo allora un piccolo editore si ricordò della negletta raccolta di racconti, sua prima opera letteraria, e le chiese il permesso di pubblicarla. Lei acconsentì, ma nella prefazione scrisse che si trattava di un libro quasi privato, scritto solo per gli amici.
Non è vero. Per la sola ragione che non esistono libri privati nella vita degli scrittori. Così come è impossibile stabilire la quantità di verità contenuta in un diario, altro nome del lungo romanzo auto-biografico che accompagna la vita di alcuni scrittori. Nel quale, apparentemente liberi dal vincolo dei lettori, si spingono fino in fondo ai propri dolori, le proprie ossessioni. Le malattie, il cibo, la paura della morte, l’amore e la passione, il sesso.
Quell’anno, il 1977, l’anno della morte di Anaïs Nin, esce anche un’altra raccolta di racconti rimasta inedita per più di trent’anni, Il delta di Venere. Scritta, secondo la mitologia da lei stessa tramandata, a quattro mani con Henry Miller. Al quale un collezionista di libri aveva offerto cento dollari al mese per scrivere racconti erotici. Pornografia per un dollaro a pagina, una punizione dantesca, la definisce lei nella prefazione, per uno scrittore che non sopportava ordinazioni e al quale spiare dal buco della serratura avrebbe tolto ogni spontaneità e piacere per le sue avventure amorose. Così fu lei, Anaïs Nin, a scrivere, ricevendo dal misterioso committente a ogni consegna sempre la stessa indicazione: si concentri sul sesso, lasci perdere la poesia. Per questa e altre ragioni Il delta di Venere è uno dei libri più autenticamente pornografici della letteratura del Novecento, oltre che un ritratto autentico della Parigi degli artisti, della famosa bohème.
Spreco di eternità, il racconto che dà il titolo all’altra raccolta, è la storia di un sogno e di una barca. Ma soprattutto di una donna, che chiude gli occhi e si lascia trasportare lontano. «Ho sprecato un sacco di tempo» è la sua ultima battuta. Sembra l’emerso, l’accettabile, l’educato dei racconti erotici, sembrano, le due raccolte, scritte una di giorno e l’altra di notte. Vanno lette in filigrana, una sopra l’altra, per capirle fino in fondo. Esattamente come avviene per i diari, dei quali esiste una parte accessibile e una parte proibita, che si sostengono a vicenda.
«Era ossessionato dalla propria incapacità di possedere ciò che ammirava, di dominare e trattenere. Così gridava: "Sii piccola, sii strisciante, calda e sciocca, ché io possa sentire la mia stessa forza". Non sapeva che era l’uomo a raggiungere e piegare qualunque cosa desiderasse, non la donna a doversi accucciare». Scrive Anaïs Nin in un racconto intitolato Le nostre menti sono fidanzate e, incredibilmente, sta proprio parlando di menti.
Ci sono ballerine e camerini di teatro, tradimenti e incontri fortuiti, piume di pavone e fiumi di champagne in questo libro, ma soprattutto quella sensuale vitalità che scomparirà dalla letteratura dopo la Seconda guerra mondiale, libertinismo e libertà. E una fiducia fanciulla nel potere dell’analisi sulla mente umana, oltre che nell’essere umano in quanto tale. Rileggere Anaïs Nin, ritrovarsi in quelle stanze cariche di profumi, osservare la potenza dei corpi di uomini e donne ancora desideranti in un momento della nostra storia in cui qualsiasi incontro è sterilizzato, è un’allerta formidabile. Anaïs Nin scrittrice eccellente e cattivissima maestra sulla strada dell’abbandono, del contagio sentimentale, dell’eros promiscuo e divertito è quello che ci serve in questa estate del nostro scontento.