Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  agosto 10 Martedì calendario

Il romanzo di John Galt sui peones del Parlamento

Quando Alessandro Manzoni consegnò alla storia una delle sue frasi più celebri, «Così va spesso il mondo», contenuta nell’ottavo capitolo de I promessi sposi, lo scozzese John Galt aveva già dato alle stampe il suo capolavoro Il parlamentare. Un’autobiografia (Paginauno, traduzione di Carmine Mezzacappa, pagg. 203, euro 18).
Considerato il primo romanzo politico di lingua inglese, ha per protagonista uno scozzese da poco tornato dall’India che decide di acquistare un seggio in parlamento, conscio dei vantaggi personali che ne otterrà. Il mondo, in effetti, va spesso così. Il parlamentare. Un’autobiografia sembra sia stato scritto ieri, considerate la forza dirompente della sua prosa e l’urgenza delle tematiche affrontate. Il romanzo uscì nel 1832, l’anno del Reform Act, la grande riforma attraverso la quale vennero introdotte svariate modifiche al sistema elettorale allo scopo di ridurre gli abusi nella scelta dei parlamentari. Nonostante una legge del 1809 che la vietava, prima di quell’anno la compravendita di seggi aveva continuato a essere praticata.
Lo stile narrativo è quello di un romanzo ottocentesco, l’arguzia con la quale John Galt esprime la sua critica feroce del malsano ambiente parlamentare e dell’avidità dell’essere umano è di una modernità disarmante. La sua forza espressiva trasporta il lettore in ambienti asfittici che potrebbero tranquillamente essere quelli del Transatlantico di Montecitorio, tra smargiassate da bar e sussurri carbonari. Quante volte abbiamo visto questo o quel politico, naturalmente di lungo corso, scagliarsi contro chi della politica fa una professione? Evidentemente, l’insoddisfazione per chi già all’inizio dell’Ottocento aveva capito di poter trasformare un incarico pubblico e una vocazione in un vantaggioso mestiere era diffusa. Ecco cosa suggerisce un intermediario al protagonista del romanzo: «vi consiglierei di fare come il sottoscritto. Cercate di favi eleggere in Parlamento. Non vi costerà una somma insostenibile e avrete un’occupazione a tempo pieno». Insomma, i mali di allora tutto sommato sono quelli di oggi. Colto con le mani nel fatidico sacco, qualche parlamentare o senatore dalle nostre parti ha addotto la giustificazione di avere un mutuo da pagare, un figlio in sedia a rotelle da accompagnare, un’amante da tacitare. Nel 1832, magari era la famiglia allargata a spingere alla via parlamentare un mercante benestante tornato in patria. «Quando un uomo torna dall’India è costretto a sopportare numerose afflizioni, una delle quali è un nugolo di figli di cugini che stanno con la bocca spalancata come voraci allodole, pronte a ricevere cibo».
Il parlamentare. Un’autobiografia è un libro godibilissimo, un classico da riscoprire e da collocare a pieno titolo tra i grandi romanzi di lingua inglese.