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 2021  agosto 08 Domenica calendario

Cosa sappiamo dell’acqua del mare

Quella salata è la versione di acqua più comune sulla Terra, visto che gli oceani rappresentiamo il 97 per cento dell’intera idrosfera. Nelle loro acque sono contenuti, magari in piccolissime quantità, quasi tutti gli elementi conosciuti, compresi quelli preziosi come l’oro. La composizione delle acque marine è sostanzialmente costante, ma si possono avere delle variazioni tra un oceano e l’altro. Il Mediterraneo, per esempio, ha una salinità leggermente superiore alla media (circa 40 grammi per litro), mentre vicino alle foci dei grandi fiumi, invece, la salinità decresce molto rapidamente (fino a soli 2-3 grammi/litro, quasi come se fossero acque da bere).
Negli oceani si trovano disciolte anche sostanze allo stato gassoso, come anidride carbonica, ossigeno e metano. In particolare il contenuto in ossigeno dipende direttamente da quanto ce ne è nell’atmosfera, per cui nelle prime centinaia di metri di profondità è relativamente abbondante, per poi diminuire bruscamente e infine riprendere ad aumentare a profondità maggiori. Anche la temperatura delle acque oceaniche influenza il clima della Terra, perché hanno un’inerzia enorme: si riscaldano lentamente e altrettanto lentamente si raffreddano. Per questo svolgono una notevole azione mitigatrice sul clima. Isole britanniche e Scandinavia hanno climi più caldi di quelli di cui godrebbero, se non ci fosse la calda corrente del Golfo.
Ecco perché i mari sono cruciali per il clima: sono i più importanti serbatoi di anidride carbonica. E ne immagazzinano quantità enormi, sottraendola all’atmosfera e mettendola a disposizione di miliardi di minuscoli organismi che la utilizzano per costruire scheletri e scogliere. Fino a quando assolvono questo compito, la temperatura dell’atmosfera terrestre non crescerà esponenzialmente. Ma siamo al limite: fra breve non saranno più in grado di immagazzinare carbonio e questo equilibrio di milioni di anni si romperà. E spariranno anche le barriere coralline.
Gli oceani sono forme persistenti della Terra: quello Pacifico esiste da 200 milioni di anni. Ma, da quando sono arrivati i sapiens, sono arrivati i problemi. Dentro i mari finisce di tutto: acque calde di raffreddamento delle centrali energetiche, scarichi industriali e urbani, petrolio, plastiche. Tutto questo mette in pericolo i nostri ecosistemi, soprattutto quelli costieri. A ciò va aggiunta la pesca industriale, una vera e propria arma di distruzione di massa, l’attività umana più distruttiva al mondo. Solo il 10 per cento dei pesci di grandi dimensioni (presenti nelle nostre acque negli anni Cinquanta del XX secolo dei sapiens) è ormai rimasto: tonno, pescespada, merluzzo, razza, tanto per citarne qualcuno, sono sull’orlo dell’estinzione. Il nostro patrimonio ittico si sta esaurendo al ritmo di 110 milioni di tonnellate all’anno: i sapiens dovrebbero capire che hanno raggiunto uno dei limiti della crescita umana. Per non parlare dell’incomprensibile mattanza di mammiferi marini che alcuni paesi continuano a perpetrare.
Il vero problema delle risorse ittiche mondiali non è l’inquinamento, ma la pesca industriale. L’overfishing è fuori da ogni controllo e ancora i sapiens usano le malefiche reti pelagiche derivanti, che uccidono tutti gli animali, altro che prelievi selettivi. Non esiste un solo metodo di pesca industriale che catturi unicamente la preda-bersaglio: per avere 15 chili di gamberi devi catturarne 85 di altre specie. Che i sapiens non preferiscono e che rigettano in mare. Morte.
Gli oceani ospitano infine vortici di materiali plastici in sospensione, specie di zupponi, di decine di migliaia di tonnellate, che chiamiamo isole di plastica. Soprattutto attrezzature da pesca, ma non solo: a Kamilo Beach (isole Hawaii) ci sono ormai più frammenti di plastica che granelli di sabbia. Si tratta, per la grandissima parte, di frammenti minutissimi e sempre più piccoli, con cui il plancton è ormai diventato tutt’uno: una chimera genetica gelatinosa e raggrumata (il rapporto è sei parti di plastica per uno di zooplancton). Pezzettini minuti di plastica che imitano perfettamente il plancton e danno vita al primo organismo naturale mutato per via artificiale: in appena mezzo secolo di vita, la plastica è diventata essa stessa plancton.
Una fetta maggioritaria e sempre più consistente di sapiens vive lungo mari e oceani del mondo, e centinaia di milioni di uomini usano cibarsi di animali marini, navigare o prendere svago lungo le coste. Eppure quasi nulla si fa per preservare quella bellezza, dimostrando che essa, da sola, non salverà il mondo, se prima noi non la salviamo.