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 2021  agosto 07 Sabato calendario

Dallo sbarco di 20mila albanesi sono nate in Puglia 1.300 Pmi

Storie di imprese di albanesi arrivati con la nave Lyria a Brindisi a marzo, o con la nave Vlora l’8 agosto 1991 a Bari, e che si sono integrati. Hanno creato aziende. Investito nel lavoro. E ora puntano sulla seconda generazione. Così, tra gli altri, c’è il grossista di bomboniere al Baricentro di Casamassima, nel barese. Il commerciante di marmi a Trani, nella Bat. La ristoratrice salentina che si sente a casa. Il costruttore di trulli in pietra con volta a “stella”.
Trent’anni dopo il loro arrivo, le storie dei quasi 18.000 disperati della Vlora e di quelli che sarebbero arrivati anche dopo sono storie di tantissimi albanesi che, pur stanchi, impauriti, affamati e in fuga dalla dittatura e dalla miseria, hanno trovato qui un humus accogliente per la loro integrazione. Né poteva essere diversamente. I precedenti erano tutti positivi. Il loro arrivo in migliaia non fu una novità per la Puglia. Quella del 1991 infatti non è stata la prima, ma l’ottava migrazione di massa di albanesi in Italia. 
Tutto era cominciato nel 1440, al seguito dell’eroe nazionale, Giorgio Castriota Scanderbeg, che per la sua partecipazione alla grande alleanza contro i turchi, ebbe in dono dagli Orsini un’intera cittadina pugliese, San Marzano. Trent’anni dopo quel giorno, i numeri dicono di un reticolo di imprese piccole, anche piccolissime, costituite da quei profughi e dalla generazione successiva e tutte, o quasi tutte, attive soprattutto nelle costruzioni, nella ristorazione, in agricoltura, nel commercio e servizi. 
Quegli albanesi sono diventati dunque molto altro. In Puglia – dicono i dati di Unioncamere – hanno fondato imprese, tanto che si contano a tutto il secondo trimestre 2021, ben 1.333 imprese registrate nelle camere di commercio pugliesi. E prevalgono quelle di costruzione di edifici (125) e lavori di costruzione specializzati (331) come per la piccola edilizia e le ristrutturazioni di muretti a secco e trulli in pietra. Seguono commercio (223), imprese agricole (102), poi servizi di ristorazione (112). E tra i servizi cresce anche il peso di quelli alla persona, quelli di accoglienza come nel caso di Klodiana Çuka, 20enne partita da Durazzo, esperta in immigrazione e mediazione culturale, che guida una impresa sociale del terzo settore. Ventenne di Durazzo, arrivata in Puglia con un contratto da colf, e poi laureatasi a Lecce in lingue straniere, Klodiana fonda Integra Onlus e fa così quello che dice di tutti gli albanesi arrivati in Puglia: «Sono venuti qui perché sanno di trovare casa, lavoro e possono pure creare impresa».
Come anche per Integra con iniziative a Specchia, nel Salento, anche di incubatore di imprese, in un vecchio convento, di un ristorante, di campi sportivi, di un centro di formazione per cuochi. Insomma c’è un humus fertile favorito da rapporti commerciali secolari con l’Albania, primo partner dell’interscambio commerciale. Rapporti storici sui quali ha puntato anche Confindustria che conta 200 associati italiani operativi in quel Paese, oltre a una ventina di aziende locali. «I nostri rapporti sono nati nel momento del loro massimo bisogno e dunque sono molto forti. Questo spiega perché Confindustria Italia-Albania – spiega il suo presidente, Sergio Fontana, che guida anche gli industriali pugliesi – è l’organizzazione datoriale più importante ed autorevole in quel Paese e ci impegniamo perché diventi un paese Ue».
La Puglia sotto questo aspetto è regione cerniera. Allora vide sbarcare in sei mesi 50mila persone. Molte delle quali allontanatesi verso il Nord. Oggi gli albanesi ufficiali residenti nella regione sono 21.200 – ultimo dato disponibile a fine 2019 – il 5% dei 421.000 sparsi in tutta Italia. E in Puglia, come altrove, c’è una costante. La generazione successiva a quella dell’esodo che cambiò tutta la storia delle migrazioni del Novecento, oggi punta in alto. «I giovani albanesi – osserva Luigi Triggiani, direttore di Unioncamere Puglia – sono impegnati nella conquista di ruoli socio-economici sempre più importanti. E ci riescono perché, per cultura, puntano tutto su studio e formazione sia qui che in Albania».
Sta cambiando anche la percezione che le giovani generazioni albanesi hanno, in patria, della Puglia. «Prima studiare e fare turismo a Bari era banale, insomma Bari era solo un hub per altre destinazioni. Ora per chi può – conclude Triggiani – è una meta sia per studi che per turismo». Il segreto dunque si chiama integrazione. «Oggi – osserva Gentiana Mburini, console generale di Albania in Bari – la comunità albanese viene considerata come un valore aggiunto e parte attiva della società. In Puglia tutto questo non sarebbe stato realizzabile se la nostra comunità – dice il console – non avesse saputo integrarsi nella società italiana, dimostrando con umiltà, impegno e determinazione di poter contribuire al suo sviluppo economico».