la Repubblica, 7 agosto 2021
La medaglia d’oro di Antonella Palmisano
Le candeline della torta di compleanno («Sono 30 anni oggi!») possono attendere. La festa è qui, adesso, all’Odori Park di Sapporo. «Una giornata così l’ho sognata tutte le sere negli ultimi anni» ride felice Antonella Palmisano con la bandiera tricolore al collo. A 24 ore dall’oro di Massimo Stano nella 20 km di marcia, l’altra pugliese di Mottola ha fatto il bis. Stessa gara, stessa ora, stesso risultato. Fino ai quattordici chilometri ha controllato. «Avrei potuto spingere di più ma volevo godermi il momento». Poi, dice con gli occhi che le luccicano, «è cominciata la magia olimpica». Ha accelerato «senza guardare in faccia nessuno», ha staccato le cinesi (allenate da Sandro Damilano) che agli ultimi Mondiali di Doha ci avevano annichilito con una tripletta sul podio ed è rimasta da sola. All’ultimo chilometro ha capito di avercela fatta. «Invece che rallentare, acceleravo». Si è cinta della bandiera come mantello, l’ha persa prima dell’arrivo. Ha tagliato il traguardo e ha regalato all’Italia il quarto oro in ordine cronologico nell’atletica con 25 secondi di vantaggio sull’argento – la colombiana Sandra Arenas – e 45 secondi, un abisso, sulla cinese Hong Liu, bronzo. «Sognavo un compleanno perfetto ed è stato magico – dice Palmisano, avvolta nel tricolore con la scritta “gold medal” che ormai è un talismano, dono agli azzurri dei ragazzi di una scuola elementare di Tokorozawa –. Spero solo che ai miei nonni non sia venuto un infarto». Anche lei, in fondo, fatica a realizzare: «Stano e io siamo nell’Olimpo, mi sembra impossibile». Papà Carmine, rappresentante di tessuti, amava il motocross. Mamma Maria, sarta, ha alcuni trascorsi nella pallavolo. Anche Antonella aveva iniziato come alzatrice. Poi i suoi compagni di scuola la invogliarono a partecipare a una gara di corsa, vinta. L’iscrizione alla Don Milani, i percorsi tra le Murge e le gravine, Laterza, Palagiano, Mottola.
I due ori della marcia a Tokyo 2020 si allenano assieme da quattro anni sotto la guida di Patrizio Parcesepe. «Io e Stano veniamo entrambi da due piccoli paesi in Puglia, abbiamo tanta voglia di emergere. È da mesi che stavamo facendo il conto alla rovescia per Sapporo, credendo di poter fare qualcosa di buono». Di sicuro ci credeva sua mamma: «Vede la margherita che mi tiene assieme i capelli e che ho portato per tutta la gara? Me l’ha fatta lei. Un fiore con i colori dell’Italia e del Giappone, cucito a mano in oro. Aveva previsto tutto. Me l’ha dato due mesi fa, mentre l’abito da sposa, per dire, me l’ha fatto penare fino alla mattina della cerimonia!». C’è una foto del suo matrimonio, nel 2018, lei in abito bianco che finge qualche passo di marcia su una pista di atletica. Accanto a lei suo marito, Lorenzo Dessi, marciatore a sua volta. E tra gli amici a festeggiarli c’è proprio Massimo Stano.
A Rio era arrivata quarta e il miglior ricordo dei Giochi 2016 è stata la proposta di matrimonio ricevuta, assieme a gran mazzo di rose, dal futuro sposo al ritorno dal Brasile, direttamente in aeroporto. Lui in ginocchio con l’anello, lei commoss a con i fiori in mano. «Questa volta non partivo tra le favorite ed è stato un bene – ammette –. Mi sono preparata senza pressioni. E quando ho visto vincere Gimbo Tamberi, Marcell Jacobs e soprattutto Massimo qui a Sapporo ho capito che niente era davvero impossibile e che potevo fare qualcosa di grande anche io».
L’avvicinamento ai Giochi, tra l’altro, non è stato tutto rose e fiori. Anzi. «Durante la pandemia mi sono allenata girando come un criceto attorno a casa», ricorda. Poi sono arrivati un po’ di infortuni, l’ultimo le ha impedito di marciare per 40 giorni tra maggio e giugno. Per fortuna c’erano le sedute di preparazione con Stano a Ostia, dove vivono entrambi: «Abbiamo la stessa testa. Io sono stata di supporto a lui e lui a me. E tutti e due abbiamo dimostrato che i sogni, se li prendi in mano, si realizzano». L’altro oro made in Puglia della marcia azzurra conferma: «Lei è un leader, io la chiamo “capo” – ammette ridendo il vincitore della 20 chilometri maschile –. Alla vigilia della mia gara le avevo detto che questa sarebbe stata la nostra Olimpiade». Previsione azzeccata. «Giornate come queste ti ripagano di tanti sacrifici, tante rinunce e tanti momenti difficili – confessa l’atleta azzurra –. Trent’anni festeggiati con l’oro ai Giochi, mi viene la pelle d’oca!». C’è voluta tanta fatica, ma anche alla fatica, in fondo, si può imparare a voler bene: «Nell’anno in cui siamo rimasti fermi per il Covid ho sentito la mancanza del mio sport – sorride Palmisano che in una mano tiene stretta la margherita della mamma e nell’altra i fiori (veri) della premiazione –. E alla prima gara dopo la fine del lockdown ho provato una sensazione strana: è stato come se mi fossi innamorata di nuovo della marcia».