La Stampa, 6 agosto 2021
La Angela Merkel della musica classica
Se il Festival di Salisburgo gode di solidità organizzativa ed economica, lo si deve a lei nell’ultimo quarto di secolo. Helga Rabl-Stadler è ancora per quest’anno presidente della rassegna estiva più famosa al mondo, da lei governata con dinamismo e autorevolezza. E’ la Angela Merkel nel mondo della classica e ha peraltro ricevuto molte volte qui la Cancelliera tedesca, fedele ascoltatrice. Alle spalle ha una formazione economica e giuridica, un’attività d’imprenditrice, un’esperienza di giornalista e sette anni come deputata al Parlamento austriaco nel Partito popolare. Militanza abbandonata nel 1995, quando assunse il ruolo attuale, per la prima volta affidato a una donna e più volte rinnovato.
Signora Rabl-Stadler, adesso lascia davvero?
«Sì, bisogna lasciare quando si è rimpianti, a differenza di troppi che restano oltre questo limite. Avevo già deciso di terminare l’anno scorso, ma la pandemia, che nel 2020 ci ha costretti a un programma d’emergenza ridotto, ha spostato il cartellone completo al 2021, anche il mio addio. La mia ultima recita sarà Tosca con Anna Netrebko, che ho visto crescere qui a Salisburgo».
Che impatto ha avuto il virus sul Festival?
«A differenza di un teatro d’opera, il contributo pubblico copre di norma solo il 25% del festival, 16 milioni di euro divisi fra Stato, Regione, Comune e Ufficio del Turismo. Il 55% delle nostre entrate proviene dalla vendita dei biglietti. L’anno scorso, con pochi spettacoli e capienze ridotte, abbiamo avuto difficoltà: siamo ricorsi alla cassa integrazione, ma solo un versamento straordinario dello Stato ha permesso di salvare il bilancio ».
Potete comunque contare su una forte attrattiva e sponsor di peso.
«Abbiamo cinque sponsor principali che donano ciascuno un milione all’anno; a questi si aggiungono mecenati privati e gli Amici del Festival da cui riceviamo tre milioni all’anno».
Si sono verificati casi di covid tra il personale artistico?
«Pochissimi e circoscritti, con monitoraggio costante. D’altronde gli artisti stanno vivendo isolati come monaci e io stessa, da marzo, non do la mano a nessuno. Faccio eccezione con i miei nipoti, perché non posso non baciarli. Pur doppiamente vaccinata, avrò fatto anche io duecento test».
Quali sono le mansioni presidenziali al Festival?
«Mi sono sempre definita un ministro degli esteri, tesso i rapporti, cerco in particolare l’accettazione del Festival in città. Salisburgo è piccola: ai tempi di Herbert von Karajan, che ammiravo, gli abitanti avevano l’impressione che la rassegna fosse qualcosa d’inarrivabile e solo per un pubblico internazionale. Invece è anche per la città, la gente mi ferma per strada e mi ringrazia che esista il Festival. Inoltre, lavoro con tutti i partiti politici affinché siano, al di là delle diverse appartenenze, i partiti del Festival. Abbiamo poi sempre fatto giri di presentazione in Europa, America e Asia. Siamo stati anche in Italia».
Quanto tempo passa al Festival?
«Entro in ufficio alle 8 del mattino e lavoro fino alle 21.30, a volte anche di più, visto che sono presente a tutte le prime di opere, concerti e prosa: e il Festival dura 46 giorni. Comunque sono una di quelle persone che di notte dormono, sette ore».
Cosa farà la prossima estate, quando non sarà più la presidentessa?
«Affitterò per due mesi una casa in Italia: ho bisogno di prendere le distanze dal Festival. Del vostro paese amo tutto, il paesaggio, la gente, il vino. Io sono geneticamente legata all’Italia perché sono nata il 2 giugno 1948, come la Repubblica. Quando dico questo, mi guardano strana perché rivelo che sono vecchia, ma non me ne importa proprio nulla».