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 2021  agosto 05 Giovedì calendario

I segreti di casa Leopardi

Recanati è una lingua con due teste a 300 metri di altezza: a una estremità ci sono i Musei civici, all’altra Casa Leopardi con il Colle dell’Infinito. In mezzo la strada avita e poche migliaia di abitanti. Il Centro studi e la biblioteca del poeta erano aperti da tempo, ma negli ultimi anni i luoghi natii di Leopardi sono stati completamente resi agibili al turismo: prima il restauro della Casa di Silvia, poi nel 2019 il Fai ha realizzato un percorso al Colle dell’Infinito, nel 2020, dopo 200 anni, è stato aperto il palazzo di famiglia. Qui la visita si snoda dal salone azzurro, adibito a ingresso, con i dipinti degli antenati, la biblioteca sino alla Galleria, utilizzata come luogo di rappresentanza e convivialità, con le quattro tele raffiguranti animali attribuite a Rosa da Tivoli che ispirarono a Giacomo i versi de Le ricordanze: «In queste sale antiche, / Al chiaror delle nevi, intorno a queste / Ampie finestre sibilando il vento, / Rimbombaro i sollazzi e le festose / Mie voci al tempo che l’acerbo, indegno / Mistero delle cose a noi si mostra / Pien di dolcezza; indelibata, intera / Il garzoncel, come inesperto amante, / La sua vita ingannevole vagheggia, / E celeste beltà fingendo ammira». Il percorso conduce poi a quelle che sono sempre state chiamate Brecce: il conte Monaldo fece costruire queste camere fra i due giardini di levante e ponente per lasciare ai figli adolescenti indipendenza e intimità. Si arriva così alla camera dove il Poeta ascoltava il canto di Nerina («O Nerina! e di te forse non odo / Questi luoghi parlar? caduta forse / Dal mio pensier sei tu? Dove sei gita, / Che qui sola di te la ricordanza / Trovo, dolcezza mia?») e si affacciava a osservare la casa di Teresa Fattorini, Silvia.
Padrona di casa è l’ultima discendente, la contessa Olimpia Leopardi, figlia del conte Vanni, un uomo d’altri tempi. «Il legame tra la mia famiglia e i recanatesi è molto forte, abbiamo radici comuni; anche se ho viaggiato molto siamo in ottimi rapporti. Qui ci consociamo tutti, ci incontriamo all’edicola o a fare la spesa; si parla di come sta la nonna, del lavoro… c’è affetto ricambiato e mi sento voluta bene. Magari i miei figli, quando sono a scuola hanno qualche problema in più, con quel cognome…» Da qui sono passati i presidenti Napolitano e Mattarella, quest’ultimo in occasione dell’apertura del Colle dell’Infinito curato dal Fai. «Credo che Leopardi sia nell’anima degli italiani e anche i presidenti lo sentano come amico: quando parlo con loro sembra che Giacomo li tenga per mano».
La renaissance leopardiana (recentemente, l’editore Mimesis ha anche fondato una collana intitolata Leopardiana, diretta da Gaspare Polizzi) ha un punto di svolta: l’uscita del film Il giovane favoloso del 2014, diretto da Mario Martone e interpretato da Elio Germano. «Il film ha cambiato moltissimo la figura di Giacomo perché lo ha umanizzato, sottratto al gobbo pessimista che si studia sulla carta a scuola; inoltre ha fatto capire ai recanatesi – prosegue Olimpia – l’importanza di avere un concittadino come lui».
Nella sua stanza dei terrori notturni (Leopardi, di notte, non dormiva mai) invano cerchi gli spettri e le larve o attendi i tuoni e fragori lontani: appare una stanza malinconica e adatta alla poesia, anche se per lui era «nera e barbara», poiché scelse l’isolamento tra le pareti della sua camera dopo il fallimento della fuga del 1819. Fuori il «natio borgo selvaggio» si è mosso e il mondo che lavora con il turismo cerca di adattarsi alla nuova situazione: Ma i turisti non sono molti e nell’ultimo anno sono scomparse anche le scolaresche. «C’è anche qualche straniero, ma pochi: ci sono italiani che stanno riscoprendo Leopardi come un amico che parla al cuore». Il turismo religioso, che popola il vicino santuario di Loreto non viene qui. L’altro problema sono i trasporti. «A Recanati, in pratica, ci arrivi solo in auto. Non siamo collegati con i treni: ci sono solo due o tre autobus per Porto Recanati. Per l’aereo ad Ancona lasciamo perdere». 
I Leopardi vivono ancora di agricoltura, «anche producendo il vino che ha bevuto Giacomo. Abbiamo un piccolo vigneto e imbottigliamo Valdicia bianco, Zibaldone e Capolevante rossi. A parte Zibaldone, gli altri sono i nomi delle vecchie tenute di cui abbiamo ancora i cabrei». Osservando i vigneti si scorge il suggestivo giardino dal quale il poeta aveva accesso all’orto delle monache di Santo Stefano, scenario de L’infinito. Qui, un filmato consente di osservare il foglio originale del canto scritto nel 1819 e conservato alla Biblioteca Nazionale di Napoli. Dalla finestra della sua camera, Giacomo contemplava invece le stelle scintillare: «Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea / Tornare ancor per uso a contemplarvi / Sul paterno giardino scintillanti, / E ragionar con voi dalle finestre / Di questo albergo ove abitai fanciullo, / E delle gioie mie vidi la fine». E non c’è altro da aggiungere.