la Repubblica, 4 agosto 2021
Un anno da Jacobs
«Jacobs corre i 100 metri in 10.10 nel meeting del Triveneto, con vento regolare di +1,6. Lo sprinter azzurro delle Fiamme Oro prosegue la sua rincorsa verso il muro dei dieci secondi». Correva l’anno 2020 e correva pure Marcell. Il giorno era il primo di agosto, la pista quella dello stadio di Trieste. Le agenzie stampa battevano stancamente la notizia. Bravino questo Jacobs, ma non è Tortu che quel muro l’ha già sfondato con lo strabiliante 9.99. E poi si fa sempre male. Dicono che si sia rovinato col salto in lungo. Dicono che sia destinato a pascolare nel recinto delle scommesse perse. Dicono tante cose.Esattamente un anno dopo, all’Olympic Stadium di Tokyo, l’italiano nato a El Paso ferma il cronometro a 9.80. Record europeo. Lui corre, gli altri inseguono. Il primo azzurro ad arrivare in finale, il primo azzurro a vincerla. Il mondo è senza fiato, prima ancora di realizzare cosa ha appena visto si inginocchia ai piedi del ragazzo di Desenzano del Garda. Piedi con le ali. In dodici mesi, ha migliorato di 23 centesimi il tempo: sulla distanza di 100 metri, quel battito di ciglia corrisponde a una mezza era geologica. Out of the blue, venuto fuori dal nulla, scrivono alcuni quotidiani americani alludendo al sospetto di doping senza avere uno straccio di prova e senza sapere cosa sono stati gli ultimi dodici mesi. Ripercorriamoli, dunque.
Il finale di stagione 2020
La Diamond League di Jacobs nell’anno della pandemia è mesta. Dal 2019 ha smesso di saltare dopo la mortificante eliminazione ai Mondiali indoor di Glasgow, conclusasi con una seduta di autocoscienza col suo allenatore Paolo Camossi. «Inutile insistere col lungo, puntiamo sulla velocità». La pista porta consiglio e un tempo notevole: 10.03, record personale. Il finale della stagione 2020, tuttavia, brilla poco. A Trieste corre in 10.10, in Svizzera a Ferragosto sale a 10.23, poi ancora 10.10 a Padova, infine 10.11 al Golden Gala di settembre. Allo Stadio Olimpico di Roma, vuoto, lo sport fa rumore ma non certo per lui: Duplantis decolla con l’asta e supera i 6.15, ritoccando di un centimetro il record di Bubka. Di Jacobs non parla nessuno.
La nuova partenza
Nell’inverno della seconda ondata di Covid, Marcell Jacobs si trasferisce per un mese a Tenerife in cerca di un clima mite adatto alla preparazione. Il 26 dicembre, giorno di Santo Stefano, parte insieme con la famiglia, la madre e i due fratelli e trascorre un mese nell’impianto Antonio Dominguez a Playa Las Americas. Il centro è frequentato da altri atleti che a Tokyo andranno a medaglia: gli staffettisti polacchi della 4x400 (oro) e la lottatrice spagnola Adriana Cerezo (argento nel taekwondo). A fine gennaio il 26 enne torna a Roma. Camossi fa una mossa da matto: studia per lui un nuovo modo di scattare dai blocchi, rivoluzionando un vecchio principio della velocità che vuole la partenza eseguita con passi lunghi e potenti. «Accorcia i passi e concentrati sulla gamba destra che va troppo a rimorchio della sinistra. I cento metri sono matematica: frequenza e ampiezza». Significa alzarsi in posizione eretta subito dopo lo sparo. Marcell obbedisce. Michael Johnson dirà di lui: «Parte come uno che salta in lungo».
Il frangivento di Mennea
Jacobs è seguito da un team di 5 persone, tra cui un nutrizionista e una mental coach. Ed è preceduto, in pista, da una curiosa automobile che traina un carrello aperto. Si chiama scudo aerodinamico, elimina la resistenza del vento. «Il corpo si abitua a velocità, frequenze di passi e movimenti che altrimenti non raggiungerebbe». Lo ha inventato nel 1987 il professor Antonio Dal Monte. Lo hanno usato per un po’ anche Pietro Mennea e Stefano Tilli, i mezzofondisti lo prendevano per ripararsi dalla pioggia. Finisce parcheggiato in un deposito fino a quando l’anno scorso Sandro Donati, maestro di sport e già allenatore di Alex Schwazer, recupera il prototipo. Viene ridisegnato da un’azienda che lavora con la Ferrari e messo a disposizione dall’azzurro.
Road to Tokyo
La dieta, la mental coach, la partenza rivoluzionata, lo scudo frangivento: in primavera, quando si presenta ai blocchi, Jacobs è un altro atleta. Il 6 marzo a Torun in Polonia stabilisce il primato italiano dei 60 metri indoor (6.47), il 13 maggio a Savona frantuma il muro dei 10 secondi: 9.95. I giudici controllano tre volte. Tutto vero, mai nessun italiano come lui. «Sapevo di essere in forma, dovevo solo non sbagliare partenza, ci ho lavorato tanto». Il 9 luglio, a Montecarlo, torna dopo un infortunio e scende di nuovo sotto i 10, anche se solo di un centesimo. Le Olimpiadi del Giappone sono all’orizzonte. Quel che accade tre settimane dopo a Tokyo è storia. Una storia italiana.