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 2021  agosto 04 Mercoledì calendario

Il semestre bianco non ha mai fatto morti né feriti,

Ha scritto Pier Paolo Pasolini che «le istituzioni sono commoventi: e gli uomini/ in altro che in esse non sanno riconoscersi». Sennonché a volte la loro storia è davvero paradossale, tanto che con irriverente malinconia se ne può addirittura sorridere, essendo la vita sempre un po’ più complicata della politica.
Tale pensosa elucubrazione vorrebbe adattarsi al semestre bianco che parte oggi; e che non solo non ha più molto senso, ma risale a delle ragioni che si sono ribaltate nel loro esatto contrario. Perché qui e ora i problemi non mancano, la crisi della politica è antropologica e di sistema, l’emergenza sanitaria e il piano di ripresa devono vedersela col perenne carnevale italiano, il trasformismo, le svastiche, il trash, adesso anche il terrorismo digitale. Insomma, i rischi sono seri, ma certo non quello di un presidente della Repubblica con tentazioni autoritarie e para- golpiste pronto a sciogliere le Camere per farsi rieleggere da altre a sua immagine e somiglianza.
Molto, se non tutto lascia pensare che il problema – di stabilità democratica e con implicazioni internazionali – sia proprio quello di convincere l’attuale Capo dello Stato – che ha tutte le ragioni di essere stanco – a “sacrificarsi” accettando di rimanere sul Colle ancora per un po’ di tempo. In altre parole: rieleggere Mattarella equivale, dentro ma anche fuori il Palazzo, a una speranza e non certo a un pericolo, quale invece implicitamente viene fuori dall’articolo 88, secondo comma, parzialmente modificato nel 1991 per un sopraggiunto groviglio di scadenze codificato nella formula dell’“ingorgo istituzionale”.
In poche parole. Per Nitti, che aveva fronteggiato il fascismo agli albori, sette anni erano troppi; per Togliatti ci potevano anche stare, ma senza rieleggibilità. Aldo Moro, che era il relatore, credette di scoprire in quel veto un’intenzione beffarda e s’impuntò fino a quando non si raggiunse, con il supporto tecnico del comunista Laconi, il compromesso della sospensione di una prerogativa, del vuoto condizionato, dei sei mesi senza possibilità da parte del Quirinale di sciogliere il Parlamento.
Detta con brutale sintesi, in tre quarti di secolo il semestre bianco non ha mai fatto morti né feriti, ma nella psicologia e ancor più nella psicopatologia del Palazzo resta un passaggio cruciale, un confine delicato, il vero start da cui parte la corsa per il Colle che spesso lascia sul campo, questa sì, trionfatori e cadaveri. «Tentarci è lecito» sosteneva Andreotti: molti presidenti speravano di essere rieletti. Per restare ai viventi: in fondo in fondo De Nicola, un po’ Einaudi, parecchio Saragat e Pertini, forse anche Cossiga, Scalfaro è già più difficile a dirsi anche perché nel suo caso il semestre s’intrecciò con un paio di referendum e con l’eterno, caotico e vano procedere delle riforme istituzionali. Per Gronchi, sentito come ostile dai dc, la questione non si pose; Segni manifestò seri disagi, significativamente ripresi da Mattarella, rispetto al combinato rieleggibilità- semestre bianco, ma poi si ammalò; Saragat fu l’unico a pensare seriamente di dimettersi alla scadenza, su sulfureo consiglio di Merzagora: «Magari poi i politici si sputeranno in faccia, ma ci saranno abbastanza fazzoletti per asciugarsi». Però non lo fece. Leone dovette dimettersi due settimane prima che scattasse l’astinenza.
Al termine del settennato di Cossiga, sia pure in fase picconatoria, fu stabilito che in caso di coincidenza temporale tra la fine del mandato e quella della legislatura il semestre non avesse valore – condizione di cui si sono tecnicamente avvalsi Ciampi e Napolitano. Su Instagram, l’altro giorno, è comparso un Mattarella in t-shirt bianca che diceva: «Lo sapete che ve dico? Che annate tutti...». Con tutt’altro stile, Makkox sull’Espresso l’ha raffigurato in armatura medievale come Cavaliere bianco, ma pure in quel caso il messaggio è: meglio tenerselo stretto.