22 luglio 2021
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Biografia di Maria João Pires
Maria João Pires, nata a Lisbona il 23 luglio 1944 (77 anni). Pianista. Tra le registrazioni notevoli si ricordano l’integrale delle Sonate per pianoforte di Mozart, degli Improvvisi di Schubert e dei Notturni di Chopin. Notturni che per Bryce Morrison, della Gramophone, sono in assoluto la migliore versione mai eseguita: «Sento di poter affermare senza esitazioni che Maria João Pires - artista del tutto aliena da ogni forma di narcisismo - è uno dei maggiori maestri dei nostri tempi». «Magra, fragile, minuta, arriva al Teatro Bibiena di Mantova vestita semplicemente, zaino in spalla, come un’ex hippie a un concerto di Joan Baez» [Videtti, Rep]. Amatissima da Daniel Harding e Riccardo Chailly. Ha mani molto piccole che non le hanno permesso di suonare tutti i compositori che avrebbe voluto.
Titoli di testa «Senza musica non avrei potuto vivere. Senza fare concerti sì»
Vita Figlia di João Baptista Pires, designer di barche, e Alzira dos Santos Alexandre Barbosa: «Mio padre lavorava in Cina, morì che io non ero ancora nata, mia madre restò da sola con noi figli. Eravamo una famiglia all’antica che spesso si riuniva per suonare e cantare» [Videtti, cit.] • Cresciuta, con un fratello e due sorelle, anche dal nonno materno, inizia a suonare a tre anni: «Io ricordo solo il rapimento che avevo di fronte alla musica, e quello è sempre rimasto lo stesso. Suonavo e piangevo. Ma già allora il palcoscenico non era un posto piacevole. Nella nostra cultura la performance è il momento in cui devi metterti alla prova, dimostrare chi sei e quello che sai fare, cercare di superare te stesso… e questo comporta molto stress» [ibid.] • «Quando avevo quattro anni, mi portarono all’ultimo concerto della violinista francese Ginette Neveu (1919-1949, ndr), sarebbe morta poche ore dopo in un incidente aereo alle Azzorre, nello stesso volo per New York in cui perse la vita anche il pugile Marcel Cerdan, che all’epoca era l’uomo di Edith Piaf. La sua musica e la sua morte tragica ebbero un impatto tremendo su di me; non ho mai dimenticato quel concerto, mai» [ibid.] • Nonostante la dittatura di Salazar «da bambina non mi sono mai annoiata. Ero una ragazzina selvaggia, amavo l’avventura. Passavamo i 4 mesi di vacanza in campagna da mia zia e lì mi sentivo libera» [a Judith Chaine, FranceMusique] • A sette anni tiene il suo primo concerto a Porto: suona Mozart. A nove riceve il suo primo premio, Juventude Musical Portuguesa • Studia prima al conservatorio di Lisbona («un vero quartier generale della dittatura»). Voleva iscriversi a Medicina poi però si lasciò convincere dagli amici e da una borsa di studio a partire per Monaco in Germania: «Non so come mai mi diedero un passaporto» • «Me ne sono andata a 17 anni. In Portogallo c’era la dittatura e io avevo paura per la mia famiglia, per i miei cari e avevo anche paura di non poter tornare» [Chaine, cit.] • Impara il tedesco grazie ai libri, fa la donna delle pulizie per sbarcare il lunario: «Ogni giorno pulivo case per 5 ore, poi andavo al conservatorio, la sera magari davo un concerto e infine passavo la notte a studiare. Era una vita dura ma era l’unica che conoscevo» [Chaine, cit.] • A Monaco studia con Rosl Schmidt, «una donna forte e dura» che le insegna a suonare con il corpo, «a far partire il suono dalle cosce», e conosce Wilhelm Kempff: «Un uomo dolce e saggio che diceva solo il necessario» [ibid.] • Ventenne, un po’ traumatizzata dalle lezioni di Rosl Schmidt, pensa di lasciare la musica per la medicina poi conosce Karl Engel e decide di andare a Hannover per studiare con lui: «Nel rigore che mi insegnò Schmidt, con Engel ho ritrovato la libertà» [ibid.] • Con Schmidt suona prevalentemente Beethoven, con Engel Schumann, «ma ho imparato tanto anche dai dischi» • Nel 1970 raggiunge la fama internazionale vincendo il Concorso del bicentenario beethoveniano a Bruxelles: «Io non volevo andarci. Eravamo ancora sotto la dittatura e sono stata obbligata a partecipare» • «Le persone si preoccupano delle carriere, di sé stesse e di tutto il business intorno alla musica. E questo per me è una sciocchezza. Le competizioni tolgono l’anima ai musicisti» [Abc] • «Finiti i miei studi, dovevo guadagnare e i concerti mi davano da mangiare ma se così non fosse stato avrei fatto di nuovo la donna delle pulizie o l’insegnante. A me del successo non è mai importato niente. I soldi mi servivano solo per mantenere i miei figli, aiutare mia madre, mia sorella. Non ho mai avuto desiderio del successo anche se è a questo successo che devo la fortuna di aver suonato con grandi orchestre, con dei Maestri meravigliosi» [Chaine, cit.] • Ai concerti preferisce lo studio di registrazione • Alla fine degli anni 70 si ferma per quattro anni per crescere i suoi figli e per un problema alla mano. Si trasferisce in campagna: «Vivevamo con niente, non avevo né il piano né l’elettricità» • Tornata sulle scene, firma un contratto esclusivo con Deutsche Grammophon, suona con grandi direttori d’orchestra: «Abbado ha avuto una grande influenza su di me perché per un lungo periodo abbiamo collaborato assiduamente, da lui ho imparato moltissimo, il rispetto per lo spartito anzitutto. Era una relazione molto professionale, si chiacchierava moltissimo di musica, durante le prove e fuori, ma sul palcoscenico mi parlava attraverso gli occhi. Anche con Bernard Haitink, Harding, Chailly e soprattutto Iván Fischer ho lavorato benissimo» • Storica la gaffe del 1999: si presenta ad Amsterdam per un concerto che si tiene all’ora di pranzo con il Royal Concertgebouw diretto da Riccardo Chailly. Quando l’orchestra inizia a suonare il concerto di Mozart n. 20 in re minore, si rende conto di aver provato un concerto diverso. «Il miracolo – disse Chailly – è che è riuscita a passare al concerto giusto senza commettere un errore». Un video del concerto è stato caricato online nel 2009 ma solo quando la stampa se ne è accorta nel 2013 è diventato un classico successo virale. La si vede ridere mentre si nasconde il volto con la mano destra [Abc, cit.] • Sempre nel 1999 s’inventa un progetto nella sua pittoresca fattoria portoghese di Belgais, per aiutare i bambini svantaggiati e maltrattati a ricominciare da capo attraverso il contatto con l’arte. Spiega David Bismuth, pianista e suo alunno: «Per cinque o sei giorni ci siamo dimenticati della carriera. Non si trattava di frequentare una master class, da maestro ad allievo, ma di imparare ad ascoltare, a lasciar andare anche il pianoforte. L’importante era non fare le otto ore di allenamento. Maria João ci ha fatto fare deviazioni attraverso il corpo, la respirazione, le scienze umane. Ha invitato educatori, specialisti, molto aperti e sensibili ai nostri punti di vista. Non ho mai provato niente di simile altrove» [Le Monde] • I suoi metodi educativi non sono classici. Racconta Frédéric Sounac in Une saison à Belgais autour de Maria João Pires: «Alle volte Maria João chiedeva ai ragazzi di andare a raschiare la corteccia dagli alberi», altre chiedeva loro di suonare con gli occhi chiusi • I suoi metodi non piacciono a tutti, la stampa la maltratta e, come se non bastasse, arrivano anche i problemi finanziari. Le cose vanno male al punto che lascia la sua terra natale per stabilirsi vicino a Salvador in Brasile, continuando la sua carriera artistica e realizzando progetti simili: «Ho dovuto lasciare il Portogallo, era impossibile sopravvivere. Sono stato crocifissa sui giornali, hanno raccontato bugie su di me, cose che non sono mai accadute» • «Se abbiamo molto successo, il successo ci distrugge. Se non abbiamo successo, siamo frustrati. Se si ha poco lavoro si è poveri. Se si ha troppo lavoro non si approfondisce niente. Tutte le cose hanno un aspetto negativo da qualche parte» • Dice di essersi trasferita in Brasile perché «volevo staccare, isolarmi, l’ho fatto per la mia salute mentale e fisica. Avevo bisogno di costruire qualcosa, una nuova scuola, e lì ci sono riuscita. Lavoro con i più piccoli, mi sono inserita in un progetto che aiuta i bambini svantaggiati. Per adesso insegno a cantare in coro, è importantissimo che abbiano di nuovo la capacità di ascoltare e ascoltarsi; il canto li aiuta a superare i traumi. A Salvador vive anche una mia buona amica, Maria Bethânia, la cantante con cui ho anche inciso tempo fa una canzone (Modinha, 2005, ndr), la mia unica sortita nella musica leggera» [Videtti, cit] • «L’istruzione è l’unica risorsa che il genere umano ha per salvarsi. Ho sempre pensato che sia indispensabile investire nelle scuole, l’ho sentito come un dovere. Viviamo in un mondo sempre più materiale in cui i valori traballano, le tradizioni sono trascurate, la storia dimenticata, le arti relegate a una élite o strumentalizzate a fini commerciali. Dobbiamo aprire gli occhi e renderci conto che questo ci condurrà al disastro. Investire sulle scuole e sui bambini vuol dire lavorare per un mondo popolato da cittadini consapevoli» [ibid] • Nel 2006 ha un infarto e viene operata d’urgenza. Dedicherà il disco seguente all’équipe che le ha salvato la vita • «Bach lo suono solo a casa, in pubblico pochissime volte. Ho un po’ paura di suonarlo in pubblico anche perché non lo suono a memoria. E un mio handicap. Ho una grande affinità con Mozart ma non potrei suonare solo Mozart per tutta la vita. La nostra relazione ha un tempo, deve avere un tempo limitato altrimenti perdo l’entusiasmo. È strano. Però potrei suonare solo Schubert o Beethoven se mi dicessero che è vietato suonare altri compositori» • «Con Schubert, è come se Pires fosse uscita dalla gabbia un poco stretta del classicismo aureo. Lo si è capito fin dalla prima pagina della Sonata D 960, in cui la pianista ha trovato quella libertà di fraseggio e quella plasticità espressiva che facevano un po’ difetto precedentemente. Ho ascoltato questa Sonata dal vivo da pianisti come Alfred Brendel, Lazar Berman, Krystian Zimerman, Menahem Pressler e molti altri, ma mai il tema iniziale mi è parso così bello e così dolce nella sonorità come con Maria João Pires. Semplicità, naturalezza, sotto le quali c’è però una cura maniacale del balance: il lavoro di una vita» [Ciammarughi, Classicaviva] • «Nella vita bisogna imparare ad essere felici di ascoltare gli altri» [ibid] • Nel 2017, dopo un concerto di Natale, annuncia il suo ritiro dalle scene: «Il pianoforte stesso è probabilmente la ragione principale per cui mi ritiro. Non ho mai avuto un buon rapporto con lui. Ho bisogno di più tempo per me stessa e voglio vivere senza dover dare concerti ma il pianoforte stesso, lo strumento, non si è mai adattato a me» [Abc, cit.] • In realtà continua a suonare: «Non riesco a farne a meno» • Dopo aver vissuto in Brasile si trasferisce in Belgio e Svizzera, dove vivono i suoi figli. Anche qui nel 2012 crea il Partitura Project, un programma con l’obiettivo di incoraggiare la cooperazione e l’impegno sociale tra i pianisti. Ben diverso dal tradizionale formato di masterclass, è gestito come un workshop di nove giorni in cui i musicisti lavorano insieme condividendo idee. Quattro anni fa poi è tornata a Belgais, in Portogallo, per riaprire il suo centro di arte. «Non ci sono giorni normali a Belgais, perché ogni giorno è diverso. C’è il trambusto dei giorni che precedono il mio viaggio ai concerti, o giorni in cui sono chiusa per un’intera giornata a insegnare. Ci sono giorni in cui svolgo parte delle faccende domestiche, cucino e do da mangiare agli animali, curo il giardino, studio il pianoforte o lavoro su un nuovo repertorio. Tutto questo rende una giornata normale, ma continua a cambiare» • Durante la pandemia ha dato lezioni online: «È stato interessante perché c’era uno sforzo e un entusiasmo da parte degli studenti per adattarsi a questa nuova realtà. In altre parole, più che un’avversità, è stata una sfida creativa per tutti» • Continua a suonare per mantenerlo: «Quando nessuno avrà più bisogno di me, smetto».
Amori Due mariti, il cantante di fado João Ferreira-Rosa e Ernst Ortwin Noth, quattro figlie. La prima, Joana Benedita, avuta a 22 anni l’ha fatta diventare nonna a 41. A 50 anni, quando di nipoti ne aveva già tre, ha adottato un neonato e poco dopo un altro ancora • Ha vissuto per un paio di anni con il violinista Augustin Dumay: «E dopo ci siamo separati, e abbiamo continuato a suonare molto, e ora siamo buoni amici ma non ci siamo mai sposati».
Curiosità Non si trucca, ha sempre i capelli corti e calza solo scarpe senza tacchi: «Così la mia mente è più serena» • Suo unico idolo Dinu Lipatti • «I giovani artisti che le fanno visita nella fattoria di Belgais, dando per scontato il suo strabiliante virtuosismo, raccontano del “buon pane fatto in casa dalla Pires”» [Videtti, cit.] • «Fare del buon pane e suonare bene è un po’ la stessa cosa. Dipende da una serie di variabili, la temperatura del forno, il tempo di lievitazione, la luna. Bisogna vivere il presente, accettare quel che viene dal forno» [ibid] • A Belgais produce anche olio di oliva • Ha anche la nazionalità brasiliana • Legge tantissimo: «Penso che sia un bel modo per uscire dall’ignoranza»
Religione «Mio nonno e mio padre erano buddhisti, filosoficamente lo sono anch’io, le religioni organizzate mi spaventano».
Titoli di coda «Ho vissuto la mia vita guidata dall’arte in generale e dalla musica in particolare».