Corriere della Sera, 1 agosto 2021
La villa ligure di Carlotta de Bevilacqua
Inerpicandosi sulla strada che corre incastrata nel crinale della collina, il primo impatto è la facciata rosa primi ‘900, dal fascino discreto tipico di tante eleganti ville liguri. Invece, superato l’ingresso laterale nascosto dalla vegetazione, lo sguardo all’improvviso si allarga davanti a un’apertura totalmente inaspettata. Protagonista, il cielo. Ma soprattutto il mare.
«Quando vedemmo per la prima volta questa casa, 35 anni fa, subito ce ne innamorammo proprio per via di questo panorama che spazia su tutto il golfo, dal monte di Portofino a Sestri Levante. Abbiamo sempre voluto case con una prospettiva. Che ci permettessero di vedere l’orizzonte e sentirci parte del mondo»: Carlotta de Bevilacqua, designer, filosofa della luce, imprenditrice, di questa villa a Santa Margherita Ligure, acquistata assieme al marito Ernesto Gismondi (il fondatore del marchio di illuminazione Artemide), chiarisce subito quale sia il valore irrinunciabile. La struttura quadrata della casa si allunga verso un soggiorno verandato che poi sfocia nel giardino, dove spiccano tante sedute e un grande tavolo all’ombra di olivi e alberi d’alto fusto. «Li ha piantati tutti lui, erano la sua passione e si divertiva a curarli»: Carlotta ricorda uno dei tanti dettagli di un luogo che Ernesto, mancato il 31 dicembre scorso, da ligure di nascita sentiva proprio suo.
È una vacanza diversa, questa. Come è stata diversa lo scorso anno. I Gismondi da sempre trascorrevano il periodo estivo tra Filicudi e i giri in barca, ma da quando tre anni fa l’imbarcazione affondò in porto a causa della mareggiata, la casa di Santa Margherita era diventata l’alternativa alle Eolie. In particolare, la scorsa estate: «È stato il primo agosto passato qui», rievoca Carlotta. «Ernesto in questo luogo stava bene. Goderlo per la prima volta a lungo e assieme a tutta la famiglia è stato il pretesto per rinnovare la disposizione della casa e renderla più pratica», racconta, mostrando la sala da pranzo, dalla quale si accede alla stanza da letto principale. Nessun muro, ma solo scorrevoli trasparenti, schermati da un sistema luminoso capace di cambiare colore e creare scenari sempre diversi. «È la nostra camera, trasferita dal piano superiore per agevolare lui, e la preferisco così: tutto è vicino e più luminoso, e non occorre andare su e giù. Idea di Carolina, nostra figlia, autrice della ristrutturazione», precisa Carlotta non senza un pizzico di orgoglio, salendo per la scala in pietra nera dalla particolare forma asimmetrica: «Fu un mio progetto, e dopo tanti anni mi piace ancora moltissimo».
Al piano superiore c’è il soggiorno «storico» e come tale è teatro di pezzi di famiglia: il divano letto di Caccia Dominioni dove Carlotta dormiva da piccola, le mappe e i cimeli nautici adorati da Ernesto, le sue foto da giovane ingegnere quando, poco più che ventenne, era già alle prese con i primi progetti. Fa quasi fatica, Carlotta, a raccontare questa stanza che reca le tracce di un passato condiviso e, precisa, loro ora non usano quasi più. Su una presenza però non esita: «La luce, a cui lui teneva più di tutto: quella naturale che entra copiosa dalle finestre e dalla terrazza, e l’altra proveniente dalle nostre lampade», dice, elencandole una ad una, le nuovissime e le storiche. Salendo ancora, una sequenza di camere, ciascuna connotata da un colore vivo: giallo limone, arancio, ottanio. «L’anno scorso erano tutte abitate: avevamo riunito qui figli, nipotini, i nostri cani. È stato bellissimo».
La vacanza dei Gismondi è fatta di abitazioni sempre aperte: «Non abbiamo mai concepito di andare ospiti dagli amici. Ci piace invitare, adulti e ragazzi: danno energia, circolano le idee ed è un arricchimento. È il senso che diamo alla casa, come uno spazio che accoglie», spiega. Dal soggiorno-veranda lo sbocco sul giardino conduce a una serie di terrazzamenti. Carlotta li percorre assieme ai cani: «Ecco, erano il regno di Ernesto. I suoi limoni, l’agave sua passione, il sentiero segnato da pietre messe storte come piacevano a lui. Secondo il suo spirito ligure, essenziale, senza orpelli». Le reminiscenze si susseguono: «Alla mattina si alzava presto e usciva a fare colazione qui fuori. Guardava il panorama e, da uomo di mare, captava il vento: lui lo sentiva, ovunque si trovasse».
Tra pochi giorni Carlotta con la famiglia e gli amici più cari si trasferirà a Filicudi: «Lì la vita è più spartana: il contatto stretto con la natura, l’attenzione a non sprecare. E il valore ancora più forte delle relazioni». Per poi tornare qui. A tratti, a piccole dosi. Il tempo, forse, ricucirà lo strappo. Ma tenendo salda nella memoria la dolcezza dei ricordi.