la Repubblica, 30 luglio 2021
I castori tornano in Toscana
Tra le campagne dei cipressi e le valli del vino, dopo quasi cinque secoli è tornato il castoro. Da circa metà del 1500 di castori in Italia non si avevano più notizie. Predati per le loro pelli, oppure per la loro carne, questi eccezionali ingegneri capaci di costruire dighe lungo i fiumi, nei secoli sono lentamente scomparsi da molti paesi europei.
Nel 2018 però, ai laghi di Fusine a Tarvisio in Friuli Venezia Giulia, furono avvistati alcuni esemplari, animali già presenti nella vicina Austria, che li ha reintrodotti negli anni Settanta.
Poi nel 2020, sempre a Nord, altri castori avvistati in Val Pusteria in Alto Adige. Avvistamenti rari, ma non impossibili vista la vicinanza con zone dove i castori sono presenti. Di tutt’altro valore invece l’eccezionale scoperta confermata quest’anno: una nuova piccola popolazione, probabilmente composta da una decina di esemplari, è stata trovata in Toscana, a oltre 500 chilometri dagli esemplari avvistati a nord.
Questi animali mancavano nella regione da cinquecento anni e la scoperta, grazie alla collaborazione con le autorità locali, l’uso di fototrappole e di analisi genetiche, è stata raccontata in un recente paper scientifico pubblicato su Hystrix da Chiara Pucci e Davide Senserini, tecnici della fauna selvatica, Giuseppe Mazza del Consiglio per la ricerca in agricoltura (Crea) e Emiliano Mori dell’università di Siena e Cnr.
Si tratta di castori europei (Castor fiber), per la prima volta avvistati dopo centinaia di anni in Valtiberina, lungo il corso del Tevere e ai confini tra le province di Siena e di Grosseto. Da quasi due anni nella zona c’erano strani segnali lasciati da questi architetti del legno. Da alberi rosicchiati sino a sporadiche testimonianze di pescatori che avevano avvertito della loro presenza. Si crede che siano presenti almeno due popolazioni, tra i cinque e i dieci esemplari, una tra i boschi di Monticiano e Montalcino, l’altra nell’Aretino. Gli autori dello studio sono convinti che la presenza di questi mammiferi sia possibile grazie a una reintroduzione illegale, a differenza degli esemplari avvistati al Nord che potrebbero essere arrivati dalla vicina Austria.
«Come siano apparsi in Toscana non si sa», ha detto il biologo Emiliano Mori, ribadendo l’ipotesi di un rilascio non autorizzato in zona.
La sfida è ora comprendere come questi animali – che dovranno essere monitorati ed essendo di fatto specie autoctone – potrebbero impattare sugli ecosistemi locali. Si tratta di mammiferi capaci di pesare anche trenta chili e che, per via del loro comportamento e della possibile costruzione di dighe deviando i corsi d’acqua, potrebbero nel tempo modificare gli equilibri di alcune aree.
Sebbene il loro impatto sia ancora tutto da definirsi, nel Regno Unito da quasi vent’anni c’è un piano per incentivare la ripopolazione di questi “ingegneri dell’ecosistema”, capaci di mitigare con le loro opere gli effetti delle inondazioni o contribuire ad aumentare la biodiversità.