Il Messaggero, 28 luglio 2021
Biografia di Margaret Thatcher
«Essere potenti è come essere una signora. Se hai bisogno di dirlo, vuol dire che non lo sei». L’affermazione è di Margaret Hilda Roberts, meglio nota come la Thatcher o The iron Lady. Figura amata e detestata, nasce il 13 ottobre 1925 a Grantham, nel Lincolnshire, Il padre, Alfred Roberts, è un droghiere e un predicatore laico metodista, che diviene alderman (membro del consiglio comunale) e poi sindaco. «La figlia del droghiere» sarà il modo in cui gli avversari politici – e, pare, la Regina madre – bolleranno Margaret. Il fatto che, partendo da una modesta e solida middle class, sia ascesa al vertice del partito più conservatore e snob del mondo, in cui le donne non avevano ruolo, è invece una dimostrazione di capacità e tempra. Sono doti che in parte le ha trasmesso il padre, di cui lei dirà: «Era convinto che l’esistenza fosse una questione di carattere, e che il carattere si formasse attraverso le fatiche giornaliere». L’etica dell’impegno, il patriottismo, la disciplina, la tenacia, la volontà, il senso del dovere e dello Stato sono punti fermi per Maggie, che cresce fra «casa e bottega», in una famiglia dove «non si sta mai con le mani in mano».
LA GUERRANegli anni della guerra, i Roberts vivono in modo frugale, lavorando e ascoltando alla radio i discorsi di Churchill. Pare che in seguito la Thatcher avrebbe voluto intitolare la propria autobiografia Undefeated, Imbattuta; il titolo sarà The path to power (Come sono arrivata a Downing street, seguito da Gli anni di Downing street). Si laurea in chimica, poi in giurisprudenza, cominciando a occuparsi di politica fra i Tories, i conservatori. Nel 1951 sposa l’industriale Denis Thatcher, per cui si converte all’anglicanesimo; nel 1953 ha i gemelli Carol e Mark, a cui sarà molto legata.
Dura, certa del proprio valore, cinica quando serve, viene eletta alla Camera dei Comuni nel 1959; nel 1961 diviene Segretario parlamentare, in seguito fa parte del Governo ombra. Dopo la vittoria tory del 1970 diventa ministro dell’Istruzione e prende decisioni impopolari, in linea con l’austerity. La Gran Bretagna versa infatti in crisi economica, sociale e politica, ha un alto livello di disoccupazione, l’Ira (Irish Republican Army) imperversa. Decisa a invertire il trend, la Thatcher concorre per la leadership del partito, che conquista nel febbraio 1975. È contro il comunismo e l’Unione Sovietica, ha posizioni antieuropeiste. In seguito riuscirà ad avere una revisione dell’accordo sull’agricoltura, si opporrà alla moneta unica, dirà vari No a Jacques Delors. La situazione nazionale si fa sempre più difficile, ma le sue ricette convincono, per cui viene eletta Primo ministro nel 79. Con gli impeccabili tailleur, gli orecchini, le camicette con il fiocco, i capelli ben pettinati, il rossetto, l’espressione sicura e la mano alzata in segno di vittoria, diviene un’icona per chi la apprezza, nonché una caricatura per i detrattori. Vuole lanciare la rivoluzione conservatrice, abbassare l’inflazione, dare il via alle liberalizzazioni e le privatizzazioni. Crede nel mercato e nella deregulation, intende sconfiggere il comunismo, fermare il terrorismo, indebolire il sindacato.
Il costo sociale delle sue battaglie è alto, ma l’Inghilterra si risolleverà anche grazie a lei. In quegli anni sulla scena ci sono personaggi come Ronald Reagan, a cui si lega, mentre non va troppo d’accordo con i politici italiani. Apprezza invece molto papa Giovanni Paolo II. Dimostra una fermezza senza incrinature in vicende come quella in cui l’Ira fa un attentato nell’albergo di Brighton dove ha luogo la convention dei Tories, o nella guerra della Falkland. Durissima è anche nella protesta dei terroristi dell’Ira in carcere, che hanno iniziato lo sciopero della fame per vedersi riconosciuto lo status di prigionieri politici. «Un crimine è un crimine!» taglia corto lei. In netta opposizione con il femminismo – «Non devo nulla al movimento femminista» – la Thatcher è meritocratica e crede nel duro lavoro. «La vera parità – ha detto, provocatoria- si realizzerà quando una donna stupida sarà nominata in un posto che di solito va a un uomo stupido, senza che nessuno se ne accorga».
MEMORIAAncorata alla storia nazionale e alla memoria collettiva, non nutre quelle inclinazioni metastoriche che oggi entusiasmano, né propende per il politicamente corretto. Anzi, prova un singolare piacere nel farsi dei nemici e non arretrare. «La signora – dichiara in un celebre discorso, parlando di sé stessa – non fa marcia indietro». Dopo le elezioni del 1987, è rieletta al vertice dei Tories e ottiene il terzo mandato, che ricopre fino al ’90. La recessione tuttavia si fa sentire, la sua fama sta declinando, il partito l’abbandona e lei deve lasciare. Viene nominata baronessa di Kesteven dalla regina Elisabetta, che pure non la ama; poi si ammala di Alzheimer e muore l’8 aprile 2013. Pur essendo un personaggio complesso e divisivo, è la dimostrazione dell’importanza di impegno, volontà e talento. «Non sono stata fortunata. Me lo sono meritato».