Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  luglio 29 Giovedì calendario

Il diario di Roberto Pellegrini, il papà di Federica

Cara figlia, ti scrivo. È l’ultima pagina del mi o diario. Asciugo le ultime righe, ho gli occhi annebbiati. L’ho iniziato nel 2003, ai tuoi primi mondiali a Barcellona, avevi 15 anni. Ero un uomo diverso, non ancora il padre di una campionessa. Tu mi hai cambiato. Quando sei nata, il 5 agosto 1988 a Mirano alle 4.55 del mattino: 4 chili e 90 grammi. Mi hai slacciato il cuore, non sapevo come farlo, mi hai insegnato tu ad aprirmi. Anche ora che hai nuotato la tua ultima, quinta, Olimpiade. Sono Roberto Pellegrini, 63 anni, e sono 36 ore che non dormo. Con tua madre Cinzia, ci siamo tenuti compagnia con più di una buona bottiglia di rosso. Prima emozionati, poi commossi. Lo dice anche la Loren in un film: quant’ è bello piangere. Di felicità. Ti vedo magra, troppo. Perché tu durante le gare non mangi mai, ti metti pressione da sola. In batteria eri calata, sottotono, ma di questo nei messaggi non abbiamo parlato. Facciamo i genitori, non i tecnici. Siamo qui a casa tua, a Verona, davanti alla tv, c’è anche Labianca, la figlia di Vanessa, il tuo cane, che credo finirà a vivere con noi, se il nostro gatto l’accetta. Sei diventata una donna magnifica. Sorridi finalmente, tua madre dice che si è molto impegnata per farti come lei, siete uguali, quando vi parlate al telefono non distinguo l’una dall’altra.
Diario, non ero così prima. È stata mia figlia, Federica, a farmi questo. Ora sono una spugna, assorbo, condivido. Mi è piaciuta Federica quando ai microfoni ha detto che adesso l’Italia ha una squadra, e non solo individualità. E che questo è un grande successo. Quest’ Italia è vissuta su Federica e Greg Paltrinieri e invece ora ha tanti fenomeni. Ai Mondiali di Montreal 2005 vince l’argento, ma il suo viso è stravolto, gonfio, pieno di brufoli. Al telefono si lamenta: è tutto sulle mie spalle. Noi non siamo l’America, non abbiamo college, noi abbiamo genitori che diventano autisti dei figli. Ricordo Federica che si cambia e mangia gli spaghetti in macchina mentre si sposta dalla scuola alla piscina. E quando per scherzo è piombata nel mio letto con il fratello Alessandro, come quando erano piccoli, ma ora sono giganti e l’hanno sfondato. Anche la mia schiena ha pianto di dolore. Con gli occhi di papà, si chiama il mio diario. Sai cos’è strano? Che noi siamo abituati a festeggiare il suo compleanno in anticipo, perché lei il 5 agosto non c’è mai a casa, ma stavolta ci ha detto: vi faccio una sorpresa. E noi che preparavamo sempre regalini, stavolta ancora non abbiamo pensato a niente.
Mia figlia è cambiata, è cresciuta, ha imparato ad essere più diplomatica, e questo grazie al suo impegno in tv, mi piace quello che ha detto su Matteo Giunta, è stata delicata, ma sincera. Il Covid ci ha colpiti tutti, ho provato fastidio, non paura, ringrazio la dottoressa Tiziana Balducci, ci ha seguiti con molta devozione. Mia figlia è stata ferma un mese, ognuno a casa sua, però ci sentivamo all’ora dell’aperitivo e ci collegavamo mentre preparavamo il sugo o la pizza. Un momento di pausa, quasi di pace, anche se a Federica mancava la piscina.
Ho pensato tanto ad Alberto Castagnetti, l’ex ct che non c’è più, ma che è sempre nei nostri cuori. Con lui m’intendevo bene, quando gli ho affidato mia figlia, mi ha detto: «A lei ci penso io». Era la prima volta che la lasciavo. Lei a Mondiali di Barcellona del 2003 non mi voleva al seguito. Ci teneva a debuttare senza che papà le tenesse la mano. Così arrivo in Spagna di nascosto. Mia moglie Cinzia mi chiama: «Federica è disperata, piange, ha la febbre». Prendo un taxi, mi presento all’albergo, salgo al piano, la chiamo al telefono: «Papà, brucio, sto male». Stai tranquilla e apri la porta: «Come la porta?». Sì, sono qui. Era rossa, scottava. Siamo andati in piscina e in batteria ha nuotato una staffetta stupenda. Lì mi sono accorto che mia figlia dentro era di ferro. Ad Atene 2004 ho pianto come un matto: stava nuotando contro il mondo. Il suo argento lo abbiamo mancato. Si può essere un papà più sciagurato? Siamo arrivati il giorno dopo, quando già aveva la medaglia al collo dei 200 stile. Da Spinea ad Atene a sedici anni, la più giovane italiana a vincere una medaglia. Quando l’ho vista sul grande schermo ero commosso alla disperazione. Vai figlia mia, ti meriti tutto.
A Pechino 2008 arrivano gioia e riscatto nei 200 con il primato del mondo. Chi dorme più? E poi c’ è Roma 2009, Federica migliora ancora il record, tuttora valido. Quanti pianti con Castagnetti. A novembre sento l’urlo di Federica al telefono: «Alberto è morto». Tremo: ho riperso mia figlia. Arriviamo subito, le dico. Mi sorprende la sua risposta: «No, ci vediamo domani». Si immerge nel lutto. La mattina dopo alle otto siamo in piscina a Verona. Diario, non so se hai mai visto una piscina all’ alba: l’odore del cloro, il silenzio, atmosfera surreale. Ci mettiamo da una parte, non vogliamo disturbare. I ragazzi sono lì: piangono. Poi si alzano, si mettono le cuffie, si buttano in acqua, e nuotano lentamente. Cinque minuti da brividi. È il loro addio al vecchio maestro. Solo dopo riabbraccio mia figlia, sento che barcolla, sono spaventato.
Nel 2011 il trasferimento a Parigi con l’allenatore Lucas fa scoppiare la coppia Fede-Luca. Quotidianità troppo dura, sei mesi di monastero: sveglie alle 5, rientro alle 10 di sera. Nuotare, dormire, anche al sabato. Dormi, figlia mia, ma che razza di vita è? Diario, lo so che vuoi sapere dei Mondiali di Shanghai, di quelle settimane pazze di sussurri e grida che hanno travolto l’Italia. Mia figlia descritta come una divoratrice di uomini: tre in 23 anni ne fanno una seduttrice professionista? La storia tra Federica e Luca, un’amicizia allargata, si è consumata. Di ritorno viene con noi al mare a Jesolo, ma ci sono 27 fotografi in spiaggia, Magnini arriva dopo, Fede lo tiene a distanza, ci tiene che prima chiarisca la sua situazione a Pesaro. Un paparazzo si avvicina: «Se tua figlia gli dà un bacio ti pago 40 mila euro».
Londra 2012. Non c’ è molta illusione sulle medaglie. Quinta. Troppi cambiamenti di corsa. Federica vuole fermarsi e respirare: basta con l’ansia da risultato. E accanto vuole qualcuno di cui fidarsi, si affida a Matteo Giunta. Ai Mondiali di Barcellona 2013 è bronzo. Il 27 aprile 2016 per il mio compleanno ricevo il regalo più bello della mia vita: Federica è nominata portabandiera a Rio. Sì, ne sono fiero. In Brasile arriva quarta per 26 centesimi. C’è quella foto con lei di spalle, come a dire: è ora di guardare ad altro. Ci dice: «Mollo tutto». Si capisce, c’è rimasta male. La conosciamo, la facciamo calmare, troveremo una soluzione. Matteo in quel momento è stato molto bravo, l’ha aiutata a riprendersi. Sono arrivati gli altri ori ai mondiali a Budapest e a Gwangju, e io a fare cocktail e a ripassare la geografia sul mappamondo. Non ho una figlia, ho una macchina da guerra.
Diario, so leggere il suo viso. A Tokyo era come se stesse nuotando la sua prima gara. La stessa tensione. Hanno detto: finiscono vent’anni di sport. No, per un padre, sono stati vent’anni di vita. Diario, ti metto da parte. Come la pioggia nei miei occhi. E mi preparo ad aprire la porta alla mia ragazza 33enne. Tu aspettati l’ultima foto. Da un papà che non ha più il ghiaccio nel cuore.