Corriere della Sera, 29 luglio 2021
Intervista ad Adriano Panatta
Adriano Panatta è un uomo che sceglie con cura le parole, usa un vocabolario preciso e soprattutto evita il superfluo. Ecco perché, parlando dei due nipoti, Leonardo e Adriano, ogni affermazione disegna un’immagine netta, senza sbavature. I due bambini hanno 9 e 4 anni, sono i figli di Alessandro e Rubina, rispettivamente il secondo e la terza figlia del campione ormai settantunenne.
Che nonno è Adriano Panatta?
«Molto asciutto, molto normale, faccio fatica a parlare di me in pubblico, figuriamoci in famiglia o con i nipoti».
Però lei una volta ha detto che Leonardo ogni tanto gioca a tennis.
«Sì, ha una piccola racchetta mi sa che un poco gli piace».
E allora forse il racconto di una delle sue partite memorabili potrebbe interessargli. Il Roland Garros e la Coppa Davis, per esempio.
«Ma per carità. Se c’è una cosa che non sopporto è il campione avanti con gli anni che passa una parte della sua vita a rievocare le vittorie. Ma seriamente, c’è qualcosa di più noioso?».
Uno dei due porta il suo nome.
«Qui voglio essere sincero, posso?»
Deve.
«Questo mi ha fatto molto piacere, inaspettatamente».
Lei ha scritto un libro dal titolo «Il tennis l’ha inventato il diavolo», pubblicato da Sperling&Kupfer.
«È l’unico sport che “obbliga a giocare contro cinque avversari: il giudice di sedia, il pubblico, i raccattapalle, il campo e me stesso”, diceva Goran Ivanisevic».
Non mi dica che qualche segreto non lo ha rivelato ai nipoti?
«Forse, ma mai con intenzione dottorale. Mettiamola così: cerco di trasmettere loro delle lezioni di vita che ho imparato sul campo senza fare l’ex campione che fa la predica».
Per esempio, dove si annida il diavolo?
«Anche. Il tennis è un gioco di grandi solitudini, non c’è un capitano, sei tu davanti a tutti, devi cavartela da solo. Così magari se li vedo fare sport cerco di aiutarli a prendere decisioni difficili. Adriano, però, preferisce il calcio».
I bimbi e lo sport
«Uno ha una racchetta, mi sa che gli piace... L’altro ama il calcio, tiene alla Juve, vabbé»
Romanista?
«Juventino, vabbé».
Ai nipoti si perdona tutto.
«Io però non sono il tipico nonno tutto dolcezze e moine o quello che li fa vincere sempre. Conservo una mia asciuttezza anche in questo. Sa che cosa mi incanta di loro?»
Che cosa?
«I gesti. Io sono sempre stato un grande osservatore delle mosse altrui, ovviamente sul campo ma anche nella vita. Trascorro ore a guardare le persone, magari mentre camminano davanti a me. E di Leonardo e Adriano mi colpisce la gestualità pura, intelligente, non ancora viziata dall’abitudine e dagli anni. Ho sempre detto che un bravo tennista si vede da come cammina. Poi uno di loro, mi pare sia stato Leonardo, una volta davvero mi ha sorpreso».
Come?
«Mi ha detto “quantunque”. Chissà dove lo aveva sentito e lo ha evidentemente ripetuto, però la cosa mi ha colpito. Ecco loro hanno una grande proprietà di linguaggio».
Perché ci tiene tanto a non apparire un campione davanti ai loro occhi?
«Perché diffido della figura dell’eroe. Gli eroi sono fatti per essere incensati e subito dopo distrutti. Gioco a tennis, conosco il diavolo, conosco il suo apparire all’improvviso e in modo subdolo».
Federer, Nadal, Murray: ma perché nel tennis prima o poi si mettono a piangere tutti? Eccetto Djoković, ma lui è un marziano.
«Perché è umano farlo, perché i confronti sono diretti, e le discese come le risalite con tutti i turbamenti dipendono da noi stessi e non da altri».
È un insegnamento per Leonardo e Adriano? Far capire loro che non bisogna mai perdere la tenerezza?
«Lo capiscono già, mi sembra. Li vedo muoversi con eleganza ma sempre con quel pizzico di incertezza che a me piace perché vuol dire possiedono umanità. È vero che ai miei nipoti non voglio insegnare nulla, ma non è detto che io da loro non possa imparare molto».
Perché «il tennis abbrutisce», parole sue.
«Oggi mi annoia quasi tutto. Mi annoia il gioco brutto, mi annoiano i giocatori prevedibili, mi annoiano le persone scontate. Forse a sorprendermi sono proprio i bambini, perché con un “quantunque” inaspettato mi fanno sorridere».
Diffido della figura dell’eroe Tutti gli eroi sono fatti per essere incensati e subito dopo distrutti Gioco a tennis, conosco il diavolo