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 2021  luglio 28 Mercoledì calendario

Il peso del mondo non è uguale per tutte

Le donne ti sbattono a terra, ti infilzano, ti sollevano per aria. E poi si commuovono. Questo dice lo sport italiano con un argento e due bronzi, nella giornata in cui Federica Pellegrini diventa la prima a centrare cinque finali olimpiche nella stessa gara e Simone Biles invece rivela la sua fragilità.
Le donne dicono alle altre che ribellarsi è giusto: alle imposizioni, ai pregiudizi, ai conformismi. Che tutto serve per avere libertà. Puoi tirare su 232 chili, come Giorgia Bordignon, figlia unica, 34 anni, da Gallarate, avere gli orecchini, un piercing, le perline tricolori nei capelli, tanti tatuaggi sul corpo, le vene del collo che si gonfiano, vivere in un residence a Roma con gli altri lottatori, essere introversa, amare la danza, scoprire che fare quella fatica, incontrata quasi per gioco, ti piace, perché sollevare pesi ti fa sentire capace di saper reggere la tua vita. Le altre dicono: non ce la faccio, non ci provo nemmeno, tu invece ci provi, anche dopo aver avuto il Covid, e alla tua ultima Olimpiade fai due record italiani. Poi urli, piangi, abbracci omoni, sei la prima medaglia azzurra femminile nel sollevamento pesi, di una federazione che nell’agonistica ha 37.400 tesserati.
«Non so cosa ho fatto, so solo che ho messo le mani sul bilanciere e l’ho tirato su. Non ho voluto sapere i chili che andavo a sollevare». Appunto, non stai lì ad indugiare, a pesare dubbi, ad abbrutirti nell’incertezza: tiri su, via, e che sarà mai? Maria Centracchio, 26 anni, judoka, nocche delle mani deformate, prima medaglia individuale olimpica molisana, ha buttato giù ogni paura e ha costretto la sua avversaria olandese a ricorrere a delle scorrettezze.
«Io me la gioco», aveva detto Maria nel pre-gara di fronte a un piatto di pasta. E il quartetto azzurro donne (compresa una mamma) della spada è felice per la medaglia di bronzo: «Dopo la sconfitta in semifinale con l’Estonia, quello con la Cina era l’assalto più importante della nostra vita e l’abbiamo vinto». È la seconda per l’Italia nella prova di spada a squadre dopo quella d’argento conquistata ad Atlanta 1996.
Pesa il mondo. In maniera diversa, per tutte. C’è chi ci gioca, chi se ne vuole liberare, chi non è capace di prenderlo a calci. «Sono stanca di avere il mondo sulle spalle», si è sfogata Simone Biles, 24 anni, la regina americana della ginnastica, quella che sembra Spiderwoman e vola da ogni parte. Era in cerca di nuove rotte e record, di ancora più medaglie, del terzo titolo a squadre consecutivo, di meraviglie che solo lei può fare. Si era appena tatuata su una clavicola un verso della poetessa Maya Angelou e si era rivolta al ballerino Sasha Farber per trovare coreografie più eleganti. Il mondo l’aspettava, e lei se n’è andata, si è fatta sostituire.
Come la Garbo ha detto basta. Si era capito che qui non era lei: troppe incertezze, punteggio basso, al volteggio nella prima rotazione, volto corrucciato.
Simone non è mai ordinaria, da due giorni lo era: scrollava le spalle, arricciava il naso, faceva smorfie.
E soprattutto mancava di precisione, non all’altezza del suo standard. La federazione americana di ginnastica faceva sapere di motivi fisici, poi mentali, infine medici. «Verranno effettuati test quotidiani per determinare se è in condizione di gareggiare alle prossime competizioni». Lei era più sincera: «Non mi fido più di me stessa, non so se è per via della mia età, ma sono sempre più nervosa prima della gara, non provo più gioia. Lotto contro la mia testa, sono preoccupata dei commenti su di me, ho bisogno di una pausa». Una regina stanca di comandare. Come la tennista giapponese Naomi Osaka, ultima tedofora e grande favorita a Tokyo, uscita agli ottavi. In silenzio e in lacrime. Anche lei, regina depressa. Senza più fiamma.