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 2021  luglio 28 Mercoledì calendario

Sabbia, storia di un mondo triturato


Estate. Sdraiati su una spiaggia ci godiamo il sole. Sotto di noi milioni di granelli di sabbia compongono un piacevole giaciglio. Non lo sappiamo, ma siamo adagiati sulla memoria della Terra: quarzi, feldspati, miche, minerali vari. I sottili granelli che ci sostengono potrebbero avere almeno 200 milioni di anni e sono ritornati ad affiorare dalle profondità marine dopo un lunghissimo lasso di tempo. Un granello di sabbia del Devoniano, depositato circa 380 milioni di anni fa, potrebbe essere stato riciclato almeno dieci volte, dal momento che fu eroso da un granito circa 2,4 miliardi di anni fa: la sua storia abbraccia almeno metà della vita della stessa Terra. I granelli di sabbia sono indefessi viaggiatori; basta infatti un colpo di vento per spingere via i più piccoli o un’onda marina per trascinare lontano i medi e i grossi. Ogni giorno la Terra si sgretola, si frantuma, si erode. I suoi minuti pezzi sono trasportati delle correnti d’aria e dilavati dalle acque dei fiumi, smossi e spostati rotolano sul fondo degli oceani dove le correnti li trascinano via in un eterno viaggio. I granelli di sabbia non hanno l’anima eppure si rincarnano in un processo senza fine che dura da milioni d’anni, ci ricorda il geologo Raymond Siever in Sabbia (Zanichelli). Ha scritto William Blake: «Per vedere un Mondo in un granello di sabbia e/ un Cielo in un fiore di prato/ ferma l’infinito nel palmo della mano e/ l’Eternità in un’ora». Ogni granello di sabbia è il muto ricordo delle montagne di un tempo, dei fiumi, dei deserti e l’effetto di milioni di anni di continui sollevamenti e abbassamenti della crosta terrestre. Cilindrico, sferico o lamellare che sia, interrogato in modo opportuno può raccontare la storia geologica della superficie del nostro Pianeta. I geologi definiscono la sabbia un materiale composto di granelli di diametro compreso tra 1/6 (0,0625) e 2 mm; le particelle superiori ai 2 mm sono chiamate ghiaie e ciottoli, quelle inferiori a 1/16 mm granelli di limo; così un granello medio è appena un po’ più grande della larghezza della sezione di un capello umano. La loro vicenda comincia dai ghiacciai, che macinano le pietre, continua negli oceani che degradano conchiglie e coralli, procede dalla lava vulcanica che si raffredda e si frantuma a contatto dell’aria e dell’acqua.
Come ricorda Vince Beiser in Tutto in un granello (Aboca), il 70% dei granelli di sabbia del Pianeta è composto di quarzo; sono loro a dare forma alla sabbia e anche a costituire un materiale prezioso per gli esseri umani. Il quarzo è composto di diossido di silicio (SiO2), uno degli elementi più presenti sulla Terra; si trova nel granito e negli altri tipi di rocce che formano le montagne. La sabbia racconta la superficie del nostro Pianeta, la sottile interfaccia tra la Terra solida e l’atmosfera gassosa dove noi trascorriamo la maggior parte del nostro tempo. I suoi componenti minerali (ferro ematite e rutilo) non sono solubili in acqua e contengono pertanto la memoria del loro luogo di nascita. I granelli di sabbia sono poliglotti, scrive Siever, dal momento che «parlano in termini di minerali e composizione chimica, tessitura e dimensione, età geologica e tante altre proprietà». Il lavoro dei geologi è simile a quello dei detective che rovistano tra i bidoni di spazzatura delle città e nelle discariche per ricostruire delle prove. Come spiega il geologo americano, i granelli di sabbia sono generati da un ciclo di alterazione di una roccia granitica, possono essere riciclati diverse volte e ogni ciclo corrisponde a un arrotondamento progressivo. Possiedono una geometria irregolare, che ha comunque delle sue regole; le ha individuate nel 1960 Benoit Mandelbrot, il creatore della geometria frattale. Perché la sabbia è così importante per noi? Costituisce il materiale con cui sono state edificate le nostre città: il pavimento su cui appoggiamo i piedi, i muri, il tetto e le strutture portanti dell’edificio in cui viviamo, o lavoriamo, sono composte di calcestruzzo, che è costituito di ghiaia e sabbia, e con la sabbia si producono malta, intonaco e le componenti di copertura dei palazzi. Si calcola che ogni anno gli esseri umani consumino 50 miliardi di tonnellate di sabbia e ghiaia che sono estratte dalla terra, dalle spiagge, dalle cave, dai fiumi, dai laghi e dal mare. Per fare questo spogliamo dei preziosi granelli interi territori del Pianeta, mentre il commercio illegale di sabbia arriva a realizzare 2,3 miliardi di dollari ogni anno. Per avere la preziosa sabbia si minaccia e si uccide, si corrompe e si ruba. Con la sabbia si produce anche il vetro; non con tutta, ma solo con quella che contiene il 95% di silice, le cosiddette “sabbie industriali” assai ricercate e ben pagate; si usano per realizzare gli stampi con cui si fondono i metalli, per aggiungere lucentezza alla vernice e per filtrare l’acqua delle piscine. Poi c’è l’industria più preziosa di tutte, oggi strategica: le particelle di biossido di silicio ad alta purezza sono le materie prime con cui si realizzano chip per computer, cavi di fibra ottica, hardware high- tech e molti dei componenti che rendono possibile l’esistenza del mondo virtuale. A Spruce Poine, paese nel North Carolina, vicino ai monti Appalachi, c’è una industria da un miliardo di dollari annui che usa sabbia purissima. La sabbia è decisiva anchenei pozzi petroliferi e per l’estrazione del gas. Senza contare la sabbia delle spiagge, diventata merce preziosa, come racconta nel suo libro-inchiesta Beiser, che ha visitato tutti i luoghi del mondo dove si “produce” sabbia.
Nel 1974 Italo Calvino visita una mostra parigina e ne scrive in un giornale. Un’artista ha esposto una collezione di vasetti di sabbia provenienti da molte e diverse spiagge del mondo. Lo scrittore è colpito dalla vetrina che li contiene. Gli appare la più misteriosa dell’intera esposizione, quella che a suoi occhi contiene un messaggio eloquente «attraverso l’opaco silenzio imprigionato nel vetro delle ampolle». Calvino coglie nella collezione di sabbia un desiderio: allontanare «da sé il frastuono delle sensazioni deformanti e aggressive, il vento confuso del vissuto, ed avere finalmente per sé la sostanza sabbiosa di tutte le cose, toccare la struttura silicea dell’esistenza». Forse, conclude, «fissando la sabbia come sabbia potremo avvicinarci a capire come e in che misura il mondo triturato ed eroso possa ancora trovarvi fondamento e modello».