Il Sole 24 Ore, 28 luglio 2021
Borse, boom di scambi in Asia
Da un lato la sempre più forte presa di Pechino sui settori privati (ad esempio l’hi tech) che fa cadere i listini locali (e non solo). Dall’altro le borse asiatiche, comprese quelle cinesi, caratterizzate dal boom dei volumi. È tra le letture che possono darsi degli scambi realizzati sui singoli listini in giro per il mondo. Secondo Be shaping the future, in base ai numeri della World federation of exchange e della Federation of european exchange securities, il valore del turnover mondiale, nel primo semestre del 2021, ha raggiunto 100.530 miliardi di dollari. Un dato che rappresenta l’incremento del 13,6% rispetto allo stesso periodo del 2020. In un simile contesto l’area salita di più è, per l’appunto, l’Asia-Pacifico. Un lontano Oriente dove, tra gli altri, i mercati cinesi recitano il ruolo da protagonista. Così, ad esempio, la Borsa di Shanghai è passata da 4.950 miliardi dello scorso anno ai 7.240 del 2021 (+46,2%). Lo stesso listino di Shenzen ha aumentato gli scambi (+16,6%). Senza, poi, dimenticare Hong Kong. Qui il rialzo del turnover è del 69,2%. Certo: in termini assoluti si tratta di numeri inferiori a quelli dei mercati a stelle e strisce. Tanto per intenderci il Nasdaq, sempre tra gennaio e giugno scorsi, ha raggiunto il controvalore negli scambi azionari di 36.960 miliardi di dollari (+20,8%). Ciò detto, però, l’accelerazione è nei numeri. L’Asia-Pacifico ha messo a segno l’incremento maggiore: il valore dei volumi è aumentato del 35,7%.
«Si tratta di un trend – spiega Anna Kunkl, director di Be shaping the future – che, tra le altre cose, può spiegarsi con la dinamica dell’economia reale. L’Impero di Mezzo, ad esempio, è stato tra i primi a rimettersi in moto dopo la fase più acuta della pandemia». Una situazione – il Prodotto interno lordo sull’intero anno è previsto in rialzo dell’8,5% – «che inevitabilmente aiuta gli scambi azionari». Non solo. Rimanendo dalle parti della Cina un ruolo importante lo hanno recitato le operazioni straordinarie. In Asia, seppure Pechino abbia dato una bella stretta regolamentare e ci siano stati clamorosi “dietro front” come con Ant group, il mercato delle Ipo resta solido. Il numero delle quotazioni, secondo EY, ha raggiunto nella prima metà del 2021 quota 471 (+76% rispetto al 2020) per un controvalore di 74,3 miliardi di dollari (+108%). Un contesto dove, guarda un po’, la Greater China dà il suo contributo: le Ipo hanno raccolto 60,3 miliardi di dollari. «A fronte di simili numeri – aggiunge Kunkl – non stupisce l’accelerazione nei volumi delle Borse cinesi». «Mercati che però – tiene a precisare Lorenzo Batacchi, portfoglio manager di Bper Banca -, essendo sostenuti dagli stessi investimenti esteri, potrebbero vedere calare gli scambi». I fondi globali infatti, sempre più attenti alle dinamiche Esg, «saranno obbligati ad uscire dai listini dove la sostenibilità, anche sociale, non è rispettata». In tal senso, forse, il “monetadone” sarà indirizzato ancora di più verso altri mercati dell’area che già sono saliti negli scambi. Un esempio? Il Korea Exchange (+73% nel turnover) o la borsa di Taiwan (+168%).
Stati Uniti ed Europa
Ma non è solo il Far East. Anche l’America dice la sua. Qui, però, la musica non suona all’unisono. Il New york exchange (Nyse), a fronte del balzo di volumi del Nasdaq, batte in testa. Il Nyse ha visto il controvalore dei suoi scambi azionari arrivare a 11.820 miliardi di dollari (- 15% rispetto ad un anno prima). In questo caso, evidentemente, ha inciso la minore volatilità che finora ha contraddistinto il 2021. È noto, infatti, che nel momento in cui l’erraticità sale (come è accaduto con il capitombolo e successiva ripresa delle Borse tra febbraio e giugno 2020) i volumi crescono. È vero, il trend ha caratterizzato lo stesso Nasdaq! Tuttavia l’interesse per i titoli tecnologici, al di là del ritrovato amore per le azioni “value”, è comunque proseguito con forza nel 2021.
Un feeling che, invece, non pare avere caratterizzato le Borse europee. Queste, sempre nel primo semestre del 2021, sono state contraddistinte (secondo Be shaping the future su dati Fese) da scambi per 6.140 miliardi di euro. Erano stati 7.043 miliardi nel medesimo periodo del 2020. Il calo è del 13,3%. In particolare, sul fronte delle singole società di gestione dei listini, il Cboe europe equities, controllato dalla Borsa di Chicago, rimane al primo posto negli scambi. Alle sue spalle, però, avanza Euronext. La federazione di mercati, cui di recente si è “aggregata” Borsa Italiana, ha visto anch’essa calare il turnover ma, proprio grazie all’ingresso di Piazza Affari, è adesso seconda per volumi. Di più. Senza contare gli scambi alternativi, Euronext è diventato il primo mercato del Vecchio continente. «Al di là delle classifiche -riprende Kunkl –,va sottolineato che Euronext potrà sfruttare un business model “opportunistico”. Vale a dire? «L’essere costituito da listini di diversi Paesi gli consente di avvantaggiarsi, anche rispetto agli scambi, di eventuali temi d’investimento legati ai singoli Stati».
Già, i singoli Stati. Si tratta di un fronte dove «il London stock exchange group (Lseg) -conclude Kunkl- potrebbe in futuro risentire, anche rispetto al controvalore dei volumi scambiati, della Brexit». Un’eventualità che,tuttavia, non è detto debba necessariamente impattare la crescita economica dello stesso Lseg. Quest’ultimo, attraverso l’acquisizione di Refinitiv, ha puntato su una struttura del giro d’affari meno legata al turnover e più modulata sull’offerta e gestione di dati ed informazioni. Quei big data che costituiscono il nuovo Eldorado per numerose società di gestione delle Borse.