il Fatto Quotidiano, 28 luglio 2021
Come lavarsi i denti in modo ecosostenibile
Lo spazzolino da denti di Churchill? Probabilmente giace da qualche parte della terra, magari in fondo al mare. Ma lo stesso potrebbe valere persino per lo strumento con cui si lavava i denti Mussolini. Già, perché, come migliaia di altri prodotti, anche lo spazzolino da denti è fatto di plastica dura e difficile da decomporsi. Da quando dunque i polimeri hanno sostituito costosi strumenti di legno e setole di cinghiale, o più spartani bastoncini con una spugna all’estremità, gli spazzolini – comodi e alla portata di tutte le tasche – hanno cominciato ad invadere il mondo. Mettiamoci anche che il dentista suggerisce di cambiarli ogni tre mesi almeno, cosa che per fortuna (ambientalmente parlando) puntualmente trasgrediamo, e non sarà difficile visualizzare qualcosa come oltre venti miliardi di spazzolini che finiscono nella spazzatura ogni anno. Da non dimenticare inoltre che una buona parte di noi utilizza lo spazzolino elettrico: certo, dura forse un po’ di più, ma ha ancora più plastica e in più le batterie.
Siamo sempre di fronte al solito dilemma: ovunque ci vengono venduti a pochi euro prodotti pratici che però fanno male all’ambiente. Il punto vero sarebbe chiedersi perché allora ci vengono venduti, ma come consumatori non possiamo fare altro che aggirare questa metafisica domanda e cercare di comprare oggetti un po’ più sostenibili. Ci sono, ad esempio, spazzolini dall’impugnatura in plastica vegetale derivata da canna da zucchero – si trovano anche in farmacia e nelle sanitarie – oppure in bambù, che tuttavia sarebbe meglio evitare di bagnare perché si macchia e di conseguenza si rovina. Quanto alle setole, è difficile trovarle di materiali naturali, però – oltre agli spazzolini che consentono di cambiare solo le setole, riducendo lo spreco – è possibile acquistare spazzolini con nylon biodegradabile che si decompone in tempi brevi (e se non si trova, puntiamo almeno sul manico).
Se sullo spazzolino le cose sono semplici, sul dentifricio, si fanno invece più complesse. Qui i problemi sono due: il contenitore, cioè il tubetto, che è sempre di plastica, o peggio di materiale misto – plastica e alluminio, dunque non riciclabile – e il contenuto, cioè il dentifricio. Rispetto al modo in cui sono proposti, tuttavia, oggi esistono dentifrici in vasetti di vetro, in polvere, oppure solido con bastoncino o ancora a tavolette o compresse monouso. Molte aziende fanno i tubetti completamente in alluminio in modo da poter essere gettati nella differenziata. Questi dentifrici si trovano facilmente on line oppure nelle erboristerie o nei supermercati biologici.
Qualche dubbio in più arriva quando si parla di contenuto vero e proprio. In rete, infatti, sono moltissime le ricette di dentifrici fai-da-te con ingredienti naturali, e quindi senza fluoro. Un ingrediente indispensabile contro la carie? Per i fan dell’autoproduzione non c’è bisogno, lavarsi i denti con un additivo non ha senso, tanto che le più antiche ricette cinesi e indiane alle quali molti si rifanno non lo contengono. Un pochino più cauti sono i medici odontoiatri – che pure non disdegnano prodotti non fluorati arricchiti con minerali – ma che ricordano che la tendenza attuale è quella di usare il fluoro in quantità molto controllata (non a caso i dentifrici per bambini sono fatti per fasce di età), e che il dentifricio va legato agli specifici problemi della persona. Più netti sono sui dentifrici fatti in casa, specie se prodotti con bicarbonato o limone, perché non si può controllare l’R.D.A, ovvero il quoziente di abrasività, con il rischio che si rovini lo smalto.
Via libera invece ai fili interdentali in seta, più naturali, ma con molta cautela perché anche se ricoperta di cera la seta è molto tagliente e può ledere la mucosa della gengive. E quanto ai collutori, invece, venduti in eterne bottiglie di plastica dura? Il problema è che come collutorio si intende un po’ di tutto, dall’acqua colorata a un vero prodotto medico. L’importante è che siano privi di alcol, che è lesivo sulle mucose. Ma se non si hanno particolari problemi, il collutorio si può tranquillamente fare in casa con ingredienti naturali, evitando l’ulteriore acquisto di scatole e tappi di plastica. Che magari tra cinquecento anni ancora staranno in giro per il pianeta (sempre sperando che ce ne sia ancora uno).