Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  luglio 27 Martedì calendario

Ritratto di Robocop o meglio del presidente tunisino Kais Saied


La mossa del leader che conta sul sostegno dei militari

I suoi nemici lo chiamano oggi «il nuovo Al Sisi tunisino». In poche parole: un dittatore alla pari del presidente egiziano salito al potere dopo il colpo di Stato del 2013, pronto a dare guerra senza tregua ai Fratelli Musulmani, stanco delle lungaggini della democrazia, innamorato dei militari e ben contento di censurare la stampa indipendente. La sua ultima mossa (dimettere il governo e congelare il Parlamento) ricorda molto da vicino le politiche dell’ex dittatore Zine el Abidine Ben Ali defenestrato dalla «primavera araba» nel gennaio 2011. Ma lui, Kais Saied, il 63enne presidente tunisino dall’ottobre 2019, non rinnega l’adesione della prima ora alle rivolte delle piazze dieci anni fa. Davanti alla crisi sociale odierna, economica e politica (aggravata dai fallimenti nella lotta contro il Covid), cerca il consenso delle masse rivolgendosi direttamente a loro: un populista amante dell’ordine, che vorrebbe congelare la politica in nome della Legge.
In verità lui preferisce esaltare la sua immagine ascetica di giurista dedito alla lotta contro corruzione e nepotismo. Magro, compassato, ha la grande capacità di controllare le emozioni. È noto per la passione per la letteratura araba classica e per il tono monotono e meccanico della sua parlata, da qui il soprannome di «Robocop». Punta sul carisma personale di integerrimo per affossare le libertà democratiche. La massima parte della sua vita professionale è stata dedicata alla carriera universitaria e alla specializzazione in Diritto costituzionale. A ben vedere: un intellettuale che fu organico alla democrazia di facciata del periodo di Ben Ali. Figlio di una famiglia modesta della piccola borghesia, uno degli zii fu il primo chirurgo pediatra del Paese. Conobbe la moglie, la magistrata Ichraf Chebil, quando erano studenti alla facoltà di Legge di Sousse.
Alla larga
Rimane alla larga dai partiti, «corteggia» i giovani, non vive nel palazzo presidenziale
Ai tempi del regime si muoveva come un tecnico. Dal 1999 al 2018 è stato rettore della Facoltà di Legge e Scienze politiche nella capitale, oltreché consigliere del segretario generale della Lega Araba e incaricato di rivedere la Costituzione del suo Paese nel 2014. Attorno al 2015 iniziò a frequentare i circoli giovanili più noti nei centri urbani e tra loro raccolse gli attivisti che gli permisero di condurre e vincere la campagna per le presidenziali tre anni fa. Da allora evita di schierarsi con i partiti maggiori. Ma incentra il suo discorso sulla lotta al malgoverno. Gli piace mostrarsi in tv mentre beve il caffè nei bar e sale sugli autobus.
Una volta eletto presidente, non si trasferisce nella residenza ufficiale, resta nella sua villa a Mnihla, nel governatorato di Ariana. Non nasconde il suo carattere conservatore sulle questioni di genere, sostiene la pena di morte e afferma che «la diffusione dell’omosessualità è incoraggiata da Paesi stranieri». Oggi la sua mossa antidemocratica poggia soprattutto sul sostegno dei militari. Ma Saied non può dimenticare che Ben Ali venne defenestrato proprio quando l’esercito scelse di stare con le piazze. Il futuro della Tunisia è tutto in salita.