Il Sole 24 Ore, 25 luglio 2021
La trappola delle criptovalute fasulle
Il Bitcoin non sta avendo in questa estate una vita facile. Rispetto ai picchi dell’anno la quotazione è crollata del 50% e i detrattori sono tornati alla carica evidenziando la rischiosità di questo strumento. Nassin Taleb, l’autore del «Cigno Nero», di recente ha pubblicato un report in cui analizza le motivazioni per cui la criptovaluta potrebbe azzerare il valore rispetto agli attuali 32mila dollari. Tra i critici c’è anche Michael Burry, noto per aver previsto in anticipo la bolla dei mutui subprime del 2008: a suo dire si sta preparando la «madre di tutti i crash». Nel frattempo la Cina questa volta sembra voler fare (più) sul serio nell’intento di “bannare” i miners (coloro che convalidano le transazioni creando nuovi Bitcoin ogni 10 minuti) e i traders.
E poi ci sono gli umori di Elon Musk a influire sulla volatilità: le ultime dichiarazioni sono di venerdì, quando il patron di Tesla ha affermato di possedere criptovalute come investimento di lungo termine, sia personalmente sia nei portafogli della casa automobilistica e di SpaceX, e che Tesla «probabilmente» tornerà ad accettare pagamenti in Bitcoin, se ci saranno evidenze che il mining è diventato più ecologicamente sostenibile.
Insomma, dopo un inizio anno fantastico – in cui il Bitcoin è passato da 28mila dollari al record di 64.500 dollari – oggi tira aria incerta sulla criptovaluta più importante. Eppure, se allarghiamo lo sguardo, nonostante tutto in poco più di 12 anni di vita il Bitcoin è in rialzo del 29.000%, performance senza paragoni con le classi di investimento tradizionali. Niente male per un asset che ad oggi è stato dato per morto oltre 400 volte.
Oltre a tanti “nemici” esterni il Bitcoin (così come le criptovalute che portano avanti tecnologie e progetti seri, tra cui Ethereum) ha però dei nemici interni, forse anche peggiori dei detrattori. Ci riferiamo alle cosiddette “shitcoin”: pseudocriptovalute che non hanno alcun valore intrinseco, ma si fondano sull’idea di turlupinare investitori dilettanti, attratti dalla prospettiva di facili e milionari guadagni. Categoria da sempre purtroppo molto numerosa, che la brutta parentesi pandemica sembra aver ampliato.
Coinmarketcap.com censisce la quasi totalità dei progetti del variegato universo crypto: ad oggi se ne contano oltre 10mila e in termini di capitalizzazione il Bitcoin da solo vale circa il 45% di tutta l’industria. Se poi aggiungiamo il 18% di Ethereum comprendiamo il relativo e infinitesimale peso dei progetti agli ultimi posti in classifica: pesano poco ma, messi insieme, possono fare grandi danni ai portafogli dei dilettanti allo sbaraglio che scambiano per una lotteria o un gioco d’azzardo l’industria delle crypto, compresa quella che fa sul serio per provare a cambiare la società, lavorando su temi come la finanza decentralizzata e gli smart contracts (in cui Ethereum è leader di una schiera di progetti come Cardano, Polkadot, Solana e altri) oppure sul concetto di riserva di valore, appannaggio del Bitcoin.
Forse non è proprio corretto parlare di vittime: ciascuno è responsabile delle proprie azioni, gambler compresi. Ma è anche giusto accendere i riflettori sugli adescatori, ovvero su coloro che creano le shitcoin per colpire prima la pancia e poi i portafogli del vasto pubblico, inesperto ma goloso, che si avvicina alle crypto senza educazione finanziaria.
Per questo Il Sole 24 Ore ha avuto un’idea: creare con l’aiuto di Luca Boiardi, noto divulgatore del settore e amministratore di The Crypto Gateway, una “shitcoin” a titolo dimostrativo. L’obiettivo è duplice: svelare il campo da gioco dei truffatori e svelare le trappole più comuni, con la speranza che in futuro il numero di coloro che ci cascano possa diminuire. Da questa idea è nata una nuova criptovaluta – non attiva e creata a titolo totalmente dimostrativo – chiamata SafeLabrador (si veda l’articolo a fianco).
Le criptovalute hanno finora dimostrato, nella loro breve vita di una dozzina d’anni, una struttura ciclica dettata dagli “halving” del Bitcoin. Di cosa si tratta? Ogni quattro anni circa le commissioni ai miners di Bitcoin vengono dimezzate (e di conseguenza anche la creazione di nuovi). Finora ci sono stati tre halving, nel 2012, nel 2016 e nel 2020, e ogni volta nell’anno successivo (2013, 2017 e prima parte del 2021) si è innescato un forte movimento rialzista del prezzo, una “bull run” per definirla come piace ai trader. Durante queste accelerazioni aumenta il numero di chi, attirato dalla crescita dei prezzi, scopre come d’incanto l’universo delle crypto. Nella maggior parte dei casi si tratta di trader o investitori improvvisati, che magari non conoscono neppure il significato di blockchain. L’unica molla emozionale a catapultarli verso questo mercato è l’avidità o la “Fomo” (fear of missing out), paura di perdere una grande occasione. Se questo è lo spirito il rischio di dissipare in pochi mesi il capitale è elevato, soprattutto se ci si imbarca in progetti sconosciuti e privi di valore intrinseco (shitcoin appunto), che spuntano come funghi proprio durante le fasi paraboliche che questo mercato ciclicamente presenta.
Il consiglio è uno solo: studiare quelle crypto che hanno fondamentali, partendo da Bitcoin ed Ethereum, ed eventualmente considerarle come un investimento ad alto rischio – ma non una scommessa – verso cui indirizzare solo capitali che si è disposti a perdere. Bisogna evitare di puntare su quei progetti che promettono una 100x sul capitale e cercare di contenere i rischi di un mercato di per sè volatile, limitando l’esposizione alle alternative coin. È l’unico modo per difendere il portafoglio evitando di arricchire i cattivi di turno, i creatori seriali di criptovalute spazzatura.