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 2021  luglio 25 Domenica calendario

A tu per tu con Adair Turner

Membro della Camera dei Lord. Il Barone Turner di Ecchinswell è presidente della Commissione per la transizione energetica, una coalizione globale di leader impegnata a promuovere l’obiettivo di zero emissioni entro il 2050 esenior fellowdell’Institute for New Economic Thinking, istituto di cui George Soros è co-fondatore. «Sono un tecnocrate, non mi vergogno affatto di questa parola. Una persona che usa le sue competenze tecniche per fornire un contributo al dibattito pubblico. In Italia avete un governo a guida tecnocratica, o sbaglio?».Lord Adair Turner, classe 1955, si trova nel suo home office di Londra: dietro di lui una grande parete tappezzata di libri e volumi di ogni genere.Nella sua carriera è stato banchiere a Merrill Lynch, Prudential e Standard Chartered, presidente della Confindustria britannica e della Commissione per la riforma delle pensioni, ha lavorato a McKinsey e soprattutto ha guidato la Financial Services Authority (Fsa), l’ente britannico di vigilanza sui mercati, negli anni della grande crisi finanziaria.Sposato, due figlie, vive con la moglie tra Londra e l’Hampshire, nella campagna a sud ovest della capitale. Prima della pandemia si recava in ufficio in bicicletta, come sempre più spesso capita di vedere a Londra anche nei quartieri degli affari. Ora lavora soprattutto da casa e in vista della ripresa autunnale sta per acquistare un’auto elettrica, 
più coerente con le sue convinzioni.La parabola professionale del Barone Turner di Ecchinswell, membro non affiliato ad alcun partito della Camera dei Lord, racconta molto dei tempi che stiamo vivendo. Da qualche anno si occupa quasi esclusivamente di quella che a suo avviso deve diventare la priorità assoluta delle politiche pubbliche: la lotta al cambiamento climatico.«A vent’ anni – racconta via Teams dallo studio di South Kensington, uno dei quartieri più chic di Londra – pensavo che avrei fatto politica nella mia vita, poi durante gli anni 80 mi resi conto che non ero a mio agio in nessun partito e che il mio impegno nella cosa pubblica sarebbe stato impiegato meglio in qualità di tecnocrate. Ho sempre seguito con interesse i temi ambientali e la conoscenza diretta con Nicholas Stern, autore del famoso Rapporto del 2006 sull’economia del climate change, mi ci ha ulteriormente avvicinato».Oggi Lord Turner è presidente della Commissione per la transizione energetica, una coalizione globale di leader impegnata a promuovere l’obiettivo di zero emissioni entro il 2050 e senior fellow dell’Institute for New Economic Thinking, un istituto di cui George Soros è co-fondatore.Non esattamente un curriculum da attivista dei Fridays for Future. Tutto il contrario, anzi: un economista mainstream che ha sposato la causa della net zero economy come altri noti personaggi, dall’ex governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney fino a Bill Gates. La sua visione dell’economia di mercato poteva sembrare «eretica» prima della Grande recessione, ma ora è sempre più diffusa anche nelle dorate stanze del potere economico-finanziario.«Il mercato – spiega con una passione intellettuale che si esprime con una gestualità tutt’altro che british – non produce risposte su tutto. In certi ambiti è nettamente superiore: chi pensa che i ristoranti gestiti dallo Stato siano migliori di quelli privati non ha mai pranzato in Unione Sovietica! In altri casi assolutamente no. Chi è favorevole alla sanità privata si rende conto del completo caos del sistema americano?».Il cambiamento climatico, come già affermava Stern, è uno dei più grandi fallimenti del mercato. Per affrontarlo, dunque, servono politiche pubbliche: «Prendiamo il caso del cittadino comune posto di fronte alla scelta tra acquistare una lampadina a incandescenza o una a risparmio energetico. Non possiamo pretendere che questo signore la sera si sieda al tavolo e calcoli il valore attuale netto delle due opzioni. I policymaker devono fissare una data oltre la quale le lampadine a incandescenza non si vendono più, punto».Fissare paletti, imporre date. Proprio come sta accadendo per l’auto, con l’addio alla vendita di motori a combustione interna stabilito dalla Ue, tra non poche polemiche, al 2035. «Sono favorevole a una data per lo stop alla vendita di auto a combustione interna: 2035 o anche prima va bene. Alla fine di questo decennio avremo a disposizione molte auto elettriche con autonomia di 500-600 chilometri e costi uguali o inferiori a quelli delle auto a benzina. A quel punto non vedo come si possano vendere ancora auto a combustione interna». Non è solo una questione di costi, ma anche di efficienza: «Un motore a combustione interna converte il 75% dell’energia che produce in calore, l’ultima cosa che vorresti vedere a Milano a Ferragosto, e il 25% in energia cinetica. Nei veicoli elettrici solo il 5% si disperde in calore. In questo l’elettricità è meravigliosa. Silenziosa, non inquina, ubiqua. Siamo alla vigilia di una nuova rivoluzione industriale fatta di energia rinnovabile che fornirà elettricità a zero emissioni senza limiti 
e a buon mercato».In questo Turner è un vero tecno-ottimista. È convinto cioè che il progresso tecnologico ci consentirà di azzerare le emissioni di gas serra senza dover rinunciare al nostro stile di vita. L’ottimismo è però temperato da due fattori, food&fiber (cibo e tessile), due settori molto inefficienti nel processo di conversione energetica. «Allevamenti e agricoltura sottraggono molta terra, sono poco sostenibili. In futuro la carne sintetica risolverà gran parte dei nostri problemi, ma oggi dobbiamo consumare in modo responsabile come chiede Greta Thunberg per poter godere dei vantaggi tecnologici che vedremo in pieno tra 30 anni».A proposito di fallimenti del mercato: Turner è stato tra i protagonisti della crisi del 2008. Era alla guida della Fsa all’indomani del crack di Lehman. Cosa ricorda di quei giorni convulsi? «Secondo i termini del mio contratto dovevo diventare presidente della Fsa lunedì 22 settembre 2008. Il mio predecessore Callum McCarthy mi chiamò la mattina del 15, il giorno del collasso di Lehman, e mi disse: “Adair, abbiamo un problema: il mio contratto scade questo venerdì e rischiamo di passare il prossimo weekend senza una guida alla Fsa”. Il Tesoro fu costretto a cambiare precipitosamente la data di inizio del mio mandato. Così cominciai sabato 20 settembre, un minuto dopo la mezzanotte.Fu un periodo straordinario. Una sera Mervyn King, all’epoca governatore della Banca d’Inghilterra e mia vecchia conoscenza, mi invitò a cena. Mi offrì una bottiglia di vino (tutte le banche centrali hanno ottime cantine...). Mervyn mi disse: “Non è una singola banca che affonda, tutto il sistema sta crollando. A nostra memoria non c’è mai stato nulla di simile dal 2 agosto 1914”. Mi sentivo come il Capitano del Titanic dopo aver sbattuto contro l’iceberg, ma prima che affondasse».Non a caso il primo capitolo del libro che ha scritto nel 2015, Between debt and the devil, si intitola «La crisi che non ho visto arrivare». «Ero nel board di Standard Chartered, non mi ero reso conto di quello che stava succedendo. Il mondo delle banche centrali e dei regolatori fece errori catastrofici. Consentimmo al sistema bancario di operare con un capitale totalmente inadeguato, lasciammo che i bilanci si gonfiassero a livelli giganteschi con una enorme espansione dei derivati di cui i regolatori non capivano i pericoli. I modelli su cui si basavano le banche erano destinati a produrre una crisi. Il momento di maggior rischio prospettico è quando si suppone che ci siano meno rischi oggi.La tesi a favore dell’economia di mercato deve essere pragmatica, non una sorta 
di “religione matematica”».Con i mercati in preda a una nuova “esuberanza irrazionale” corriamo gli stessi rischi?«Oggi i maggiori pericoli sono nei prezzi delle azioni e nelle criptovalute. Il mercato “cripto” è pura speculazione senza alcun valore per il resto dell’economia, è come comprare e vendere oro, il prezzo sale o scende senza una logica. Bisogna evitare che le grandi banche entrino in questo mercato. Ciò che mi rende più ottimista è il fatto che il sistema bancario oggi è più prudente, liquido e con più capitale rispetto al 2008. L’economia capitalista può assorbire l’euforia irrazionale dei mercati senza provocare shock sistemici».A proposito di fallimenti, la Brexit è un altro esempio. Gli sconfitti questa volta sono stati i sostenitori del Remain. «Io ero tra questi e sono triste per la Brexit. Credo sia stato un errore, così come la scelta di non aderire all’Unione doganale con la Ue, che ha creato un’esplosione di burocrazia, proprio il contrario di quello che sostenevano i Brexiteers. L’aumento dell’immigrazione ha avuto un ruolo determinante e da lì è nato lo slogan take back control. Tutto questo ci costerà tanto, più a noi che all’Europa».