Il Sole 24 Ore, 25 luglio 2021
Il clima mostra il conto agli Usa
Li chiamano Water Witches, stregoni dell’acqua. Fanno risalire le loro pratiche al medioevo, ma oggi escono dalla leggenda per fare ingresso nella realtà drammatica della grande siccità dell’Ovest americano. L’associazione dei rabdomanti American Society of Dowsers, che in tempi normali raccoglie un’armata eterogenea di duemila cacciatori di svariati tesori, è affollata di sciamani della H2O, armati con cui percepire “l’energia” di sorgenti e falde sotterranee nonostante le scomuniche della comunità scientifica. E i loro servizi, a due passi dal mondo high-tech di Silicon Valley, vanno a ruba: contesi da aziende agricole, viticoltori e allevatori alla disperazione.
È uno dei tanti segni della crisi di business, oltre che del dramma umano e ambientale, portata con sé dalla feroce spirale di ondate di caldo, svuotamento di risorse idriche e incendi record. Che, aggravati e moltiplicati dall’accelerazione dell’effetto serra, stanno devastando la metà occidentale degli Stati Uniti. Il 90% della regione è assediato da un’aridità senza precedenti, da California e Oregon a Nevada, Arizona, New Mexico, Utah, Washington, Idaho e Montana. Gli scienziati parlano ormai di mega-siccità. Con un bilancio in divenire: il governo calcola da inizio anno almeno otto disastri ambientali da oltre un miliardo di dollari, su tutti siccità e incendi ma anche l’opposto, alluvioni e bufere. E accanto ai drammi umani arrivano gli shock alle attività economiche, dallo spettro di raccolti compromessi o distrutti alle impennate di prezzi e inflazione alimentare. Fino a bruschi stop all’espansione di un West diventato tra i cruciali motori della crescita demografica del Paese.
Il bilancio minaccia di diventare sempre più grave in futuro. «Siamo davanti fenomeni fuori scala. Lo stress sulla società è evidente e la verità è che non siamo pronti ad affrontarlo. Potremmo trovarci alla vigilia di una nuova fase di condizioni estreme che si sovrappongono tra loro, al di là della nostra esperienza di cambiamento climatico», dice Andrew Pershing, tra i responsabili dell’organizzazione di ricerca e divulgazione Climate Central. La National Oceanic and Atmospheric Administration federale mostra come l’impatto del clima estremo si sia intensificato: se dagli anni 80 il conto è di 298 “eventi” multimiliardari (una media annuale di 7,1) nel più recente quinquennio la media è più che doppia, 16,2. In dieci anni gli incendi hanno distrutto in media 7,5 milioni di acri l’anno, il doppio del decennio precedente.
Il rapido succedersi degli eventi, quest’anno, ha fatto scattare l’allarme. Temperature record si sono susseguite nel Nord-Ovest degli Usa (e in Canada), con record mondiali di 54° Celsius nella Valle della Morte californiana e massimi, diurni e notturni, polverizzati in quasi 600 località in soli 30 giorni. Sulle Montagne Rocciose il termometro è salito oltre i 40° e la fresca Portland in Oregon ha sfiorato i 47°. Centinaia di decessi sono stati attribuiti alla “heat dome”, la cupola di caldo bloccata sulla regione dall’indebolimento della circolazione atmosferica. In stati occidentali già afflitti da mancate piogge e nevicate invernali: la maggiore riserva d’acqua sul fiume Colorado che nutre buona parte dell’Ovest, Lake Mead creata dalla diga Hoover negli anni 30, è ai minimi dalla nascita.
Da qui a devastanti incendi il passo è stato breve: ne sono esplosi oltre 80 in ben 13 stati. Il più vasto, il Bootleg Fire in Oregon, ha distrutto finora mezzo milione di acri degli 1,4 milioni vittima delle fiamme nell’intero West. Tra fenomeni surreali: i pochi scrosci d’acqua evaporano prima di toccare il suolo. Ed ecco tempeste secche, rari tornado di fuoco, incendi tanto intensi da creare proprie condizioni metereologiche. Fino al “sole rosso” sull’opposta costa orientale, a New York, per la foschia del fumo giunto da Ovest che per giorni ha reso la qualità dell’aria di Manhattan tra le peggiori al mondo.
L’estate americana di siccità e fuoco ha già cominciato a rimescolare le carte dello sviluppo e dell’economia. La “mappa” del West rischia di essere sconvolta: in Utah la popolazione è aumentata del 18% in dieci anni. Oggi giungono stop climatici: nella città di Oakley un’ordinanza ha bloccato ogni nuova costruzione per risparmiare l’acquedotto. Nello stato, agricoltori e allevatori che consumano fino all’80% dell’acqua, abbandonano coltivazioni e vendono bestiame che non possono più mantenere.
Lo shock maggiore è in California, regina dell’agricoltura con un settore da 50 miliardi di dollari che produce due terzi di frutta e nocciole e un terzo della verdura del Paese. Lo stato sforna l’80% delle mandorle al mondo. Ma è un raccolto che ha bisogno di molta acqua, quasi 5 litri per mandorla, e migliaia di acri di coltivazioni sono stati eliminati. Nella Sacramento Valley le risaie – al 40% destinate all’export asiatico – sono state ridotte di un quinto. La San Joaquin Valley, con la Sacramento parte della vasta e fertile Central Valley, teme di perdere del tutto 535.000 acri di terreni agricoli entro il 2040.
Anche i preziosi vigneti di Napa, con lo spettro di continue perdite e polizze assicurative spesso cancellate, sono sotto assedio: per sopravvivere ricorrono a spray solari sui grappoli e ad acque di scarico purificate per qualche irrigazione. Nell’intero Nord-Ovest i raccolti di ciliegie, i maggiori al mondo, sono danneggiati forse al 70%. Clima estremo e effetto serra faticano però a tradursi in strategie nazionali di risposta e adattamento a Washington. E il timore è che a fare conti con la terra bruciata resti la magia degli stregoni dell’acqua.