il Fatto Quotidiano, 25 luglio 2021
Travaglio contro Di Maio
“Io non credo che sia irragionevole discutere della riforma della giustizia e dire che va migliorata, lo dicono i magistrati e lo diciamo anche noi. È irragionevole fare una battaglia ideologica per cui le riforme di tutti gli altri non sono buone perché le presentano gli altri e l’unica buona è la nostra. Questo è un salto che stiamo facendo in questa fase”. Leggo e rileggo questa frase di Luigi Di Maio alla festa di Articolo 1 e non ci capisco niente. Capirei tutto se qualcuno avesse detto che la “riforma” Cartabia non va bene perché non l’ha proposta il M5S. Ma non risulta. Tutti i magistrati e giuristi (ma anche avvocati) degni di questo nome dicono che la “riforma” uccide con l’improcedibilità almeno 150 mila processi d’appello in corso e chissà quanti in futuro; nega agli innocenti condannati in primo grado il diritto di essere assolti in secondo; nega alle vittime che han visto condannare il colpevole in primo grado il diritto di avere giustizia ed essere risarcite; lascia impuniti centinaia di migliaia di colpevoli solo perché, tra le sentenze di primo e secondo grado, sono trascorsi 2 anni e 1 giorno; calpesta l’obbligatorietà dell’azione penale e l’indipendenza della magistratura (articoli 104 e 112 della Costituzione) affidando al Parlamento il potere di dettare alle Procure le priorità sui reati da perseguire e da ignorare.
Cos’ha da dire Di Maio su questi dati oggettivi, tutt’altro che “ideologici”? Come pensa di “migliorare” questa schifezza? Mandando al macero “solo” 50 mila o 100 mila processi anziché 150 mila? Calpestando la Costituzione con un piede solo anziché con due? Ha capito che questa legge, copiata (in peggio) dal “processo breve” di B.&Ghedini del 2009, Draghi&Cartabia l’han presentata col doppio scopo di restituire ai colletti bianchi l’impunità perduta con la Bonafede e di asfaltare i 5Stelle, pronti ad ammainare anche l’ultima bandiera del reddito di cittadinanza? E allora che ci stanno a fare i quattro ministri M5S: a passare il resto dei loro giorni a pentirsi di aver avuto ragione? La ministra Dadone ha detto che il M5S dev’essere pronto a uscire dal governo se le modifiche alla schiforma non saranno sufficienti. È ciò che dovrebbero dire anche Di Maio, D’Incà e Patuanelli, se vogliono sperare che il premier e la Guardagingilli scendano a più miti consigli e che gli elettori tornino a votare i 5Stelle anziché inseguirli coi forconi. Se invece nessuno mette in gioco la poltrona, la mediazione di Conte è destinata alla disfatta. I 5S non li voteranno più nemmeno i parenti stretti e, quel che è più grave, andranno in fumo centinaia di migliaia di processi. Anni fa furoreggiava il cartoon di un draghetto allergico al fuoco che sognava di fare il pompiere. Ma si chiamava Grisù, non Luigi.