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 2021  luglio 25 Domenica calendario

Brasile, è allarme caffè

Mercoledì notte a Franca, la capitale del caffè dello stato di San Paolo, è prevista la terza gelata in meno di un mese. Un disastro per il principale fornitore di Coffea Arabica al mondo, il Brasile, alle prese con una produzione destinata a crollare di almeno il 35 per cento quest’anno mentre l’aumento di prezzi, solo nell’ultimo semestre, sfiora già il 60 per cento.
Tutti immaginano in Italia che in Brasile, un Paese tropicale, faccia sempre caldo e, invece quest’inverno come non mai è stato rigidissimo. Il più gelido degli ultimi 77 anni, con temperature sovente sotto lo zero che stanno causando problemi inediti per il paese del Samba. Per il caffè il danno è duplice perché quest’anno una siccità che non si vedeva da 91 anni aveva già fatto crollare le previsioni di raccolto del 25 per cento per il 2022. E adesso arriva il carico da undici delle gelate, con temperature che negli stati che producono più caffè del Brasile, ovvero Minas Gerais, San Paolo e Paraná, non erano così basse dal 1944.
«È un disastro», spiegava ieri al quotidiano Estado di San Paolo l’agricoltore Fernando Lopes, che per salvare le sue piantagioni di caffè, nel nord del Paraná, nel Sud del Brasile, ha ricoperto di terra 50mila piante di caffè che aveva appena seminato. «Se le avessi lasciate esposte alle intemperie, sarebbero state distrutte dallo strato di ghiaccio». Solo così Fernando è riuscito a salvare le piccole piantine, che ha poi dissotterrato tre giorni dopo, ma adesso rischia di dovere ripetere l’operazione, vista la gelata prevista per fine luglio. Inoltre, non ha potuto evitare la perdita di altre 650mila piante di caffè sugli altri 146 ettari della sua azienda dove, secondo sue stime, il «calo del raccolto a causa del freddo sarà di almeno il 30 per cento».
Drammatica la situazione nella regione del pregiato caffè dell’Alta Mogiana, che copre sette comuni a sud-ovest del Minas Gerais e quindici di San Paolo tra cui la capitale del chicco, la già citata Franca, dove il calo del raccolto 2022 sarà di almeno il 40 per cento. Di origine africana, la pianta del caffè è sensibile al freddo e, a seconda dell’intensità, il gelo può uccidere la pianta. È quanto sta accadendo in questi giorni in Brasile dove le prime conseguenze del disastro è l’impennata dei prezzi: un sacco da 60 chilogrammi, venduto a 606 reais (circa 100 euro) nel dicembre scorso, l’altro ieri a San Paolo aveva raggiunto quota 960 reais (circa 160 euro), con un aumento di quasi il 60 per cento.
Il rischio è quello del default, visto che «molti coltivatori brasiliani hanno venduto sino a poco tempo fa caffè a soli 500 reais a sacco», spiega Judy Ganes, analista di commodities negli Stati Uniti, aggiungendo che la produzione di caffè del Brasile è già ai minimi a causa della peggiore siccità degli ultimi 90 anni. «Prima delle gelate, passate e prossime, alcuni produttori hanno cercato di rinegoziare i prezzi con le società commerciali di trading» ma «il mercato parlava già di default quando i prezzi erano inferiori di 40 centesimi di dollaro rispetto agli attuali», afferma un commerciante di caffè europeo al settimanale verde-oro Epoca, aggiungendo che il recente rally dei prezzi «adesso ha reso il rischio dieci volte più probabile». Di sicuro c’è il fatto che il Brasile produce una media di 60 milioni di sacchi di caffè l’anno, e avrà un crollo di almeno 5 milioni di sacchi mentre per il consumatore c’è il rischio di un aumento del prezzo della tazzina al bar.
Naturalmente il freddo sta facendo danni non solo in agricoltura (le gelate stanno facendo strage anche di pomodori nello stato di San Paolo) ma anche sul fronte umanitario e sanitario. In crescita esponenziale infatti le polmoniti, non bastasse il Covid19, con uno sbalzo termico tra giorno e notte molto raro a queste latitudini, un fenomeno accentuato dal fatto che quasi tutti gli immobili in Brasile sono sprovvisti di impianti di riscaldamento. Ma, soprattutto, impressionano i morti da freddo: nell’ultima settimana, solo nella regione periferica di San Paolo, lo stato più popoloso (45 milioni di abitanti) e industrializzato del Paese nonché la capitale finanziaria dell’America Latina, sono morti 15 «moradores de rua». Così chiamano qui i barboni, costretti a vivere in strada senza neanche una coperta per riscaldarsi.