Corriere della Sera, 25 luglio 2021
Ultime sulla causa di divorzio tra Pitt e Jolie
Quattro anni fa – la prima e finora unica volta in cui ha parlato del divorzio da Angelina Jolie – Brad Pitt disse che il suo avvocato gli aveva spiegato che «una causa di divorzio non determina chi vince, determina chi alla fine si è fatto più male», e oggi quelle parole suonano sinistramente come un presagio.
Pitt e Angelina Jolie si conobbero sul set cercando di ammazzarsi a vicenda, e chi è scaramantico adesso non può dirsi particolarmente stupito: galeotte furono le riprese di «Mr & Mrs Smith», thriller nel quale interpretavano una coppia di sicari ai quali viene assegnato il compito di uccidersi.
La separazione Jolie-Pitt, se non fosse tristissima per il coinvolgimento di cinque dei sei figli, sarebbe un ottimo remake giudiziario del film che li fece innamorare, nel 2004: 10 anni di unione prima del matrimonio nel 2014 (il terzo per lei dopo quelli con Billy Bob Thornton e Jonny Lee Miller, il secondo per lui che era già stato sposato con Jennifer Aniston), due anni di vita matrimoniale e poi a settembre 2016 la separazione.
Da allora, un duello legale che ricorda ai fan del pugilato lo storico primo round tra il compianto Marvin Hagler e Tommy Hearns del 1985, probabilmente i 180 secondi più violenti della storia della boxe. Accuse (a lui) di aver malmenato i figli dopo aver fatto abuso d’alcol (l’Fbi indagò e concluse che non ci furono maltrattamenti), accuse (a lei) tramite tabloid di atteggiamenti sempre più eccentrici e ossessivi, la (saggia) decisione comune di ingaggiare un mediatore per sottrarre il processo di divorzio agli atti (pubblici) del tribunale e potersi scannare lontano dall’aula.
Fino alla vittoria di Jolie che ora riesce a ottenere la ricusazione del giudice privato dopo che quello, il baffuto e bonario John Ouderkirk, aveva deciso due mesi fa l’affidamento congiunto dei figli (in California – dove i tribunali sono intasati – e specialmente quando un caso civile richiede massima riservatezza, le parti possono ingaggiare un giudice privatamente: trattasi sempre di ex magistrati che poi devono comunque sottoporre l’esito del processo a porte chiuse al tribunale per l’approvazione definitiva).
Jolie, che pretende fortissime restrizioni sul tempo che Pitt passerebbe coi figli, aveva chiesto tramite i suoi avvocati a una corte d’appello (in primo grado il tribunale aveva detto no) di ricusare il giudice, e l’altroieri così è stato: licenziato Ouderkirk (per una non meglio imprecisata «infrazione etica», precedenti contatti professionali non rivelati con gli avvocati di Pitt), si ricomincia da capo.
I Pitt-Jolie hanno sei figli, di cui cinque minorenni: Maddox di 19 anni, Pax di 17 anni, Zahara di 16 anni, Shiloh di 15 anni, Vivienne di 12 anni e Knox di 12 anni. Le questioni relative al divorzio – ormai già tecnicamente riconosciuto dalla Corte di Los Angeles in un procedimento separato – sono monetarie, ma soprattutto vertono sull’affidamento dei cinque minori.
Dalla separazione, meno di cinque anni fa, le carriere dei due attori – tra i più pagati della storia del cinema – hanno preso una direzione molto diversa. Jolie, che il suo Oscar l’aveva vinto sul pronti-via, ventiquattrenne, per «Ragazze interrotte», quasi al debutto, ormai è più concentrata sul produrre film e dirigerli, dedicandosi a progetti necessariamente di nicchia più in sintonia col suo forte impegno umanitario (ambasciatrice Unhcr). Le bastano doppiaggi di kolossal a cartoni animati (la serie «Kung Fu Panda») e rare apparizioni sempre kolossal (la serie di «Maleficent», l’imminente «Eternals» dei supereroi Marvel per continuare a incassare gli assegni-monstre).
Pitt ora è soprattutto produttore di film, spesso da Oscar («12 anni schiavo», «Minari» e «Moonlight»), e come attore è apparso in «C’era una volta Hollywood» dell’amico Quentin Tarantino e ha finalmente vinto l’Oscar che inseguiva da quasi un trentennio.