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 2021  luglio 25 Domenica calendario

L’industria del cocomero è in crisi

Pochi prodotti sono meteoropatici e stagionali come l’anguria. Così, il prolungato maltempo in tutto il Nord Europa e specialmente in Germania (primo Paese importatore dei nostri cocomeri) sta mettendo a dura prova il settore in Italia. «Un’annata davvero difficile, perché grazie al caldo s’è prodotto molto, ma adesso la richiesta è bassa e siamo costretti a svendere a 7-8 centesimi al chilo, ben al di sotto dei costi di produzione», denuncia Claudio Filosa presidente della cooperativa Latina Ortaggi di Sabaudia, uno dei maggiori produttori italiani. Il distretto del cocomero made in Latina è il più forte d’Italia, con circa 5 mila addetti (in prevalenza a tempo determinato da marzo a settembre) in 70 cooperative agricole, 30 aziende private, 6 centri di imballaggio e una decina di vivai per la produzione di piantine innestate. Nel solo territorio del Lazio prima regione produttrice, seguita da Campania e Puglia il giro d’affari complessivo è di circa 100 milioni di euro l’anno (difficile quantificare l’intera produzione nazionale di angurie, ma si stima intorno ai 200 milioni). «È una crisi pesante che si ripercuote su tutto il territorio – aggiunge Filosa che, oltretutto, arriva dopo gli investimenti fatti negli ultimi anni per aumentare del 20-30% gli ettari coltivati». Secondo Filosa «bisognerebbe promuoverne la vendita, senza subire i capricci del tempo e valorizzando le capacità nutrizionali e il gusto. Noi produttori dovremmo fare gioco di squadra, puntare al riconoscimento del marchio igp come è avvenuto in Emilia, fare marketing sull’esempio di buone pratiche in agricoltura come le mele del Trentino o il radicchio in Veneto». «Intanto conclude stiamo conducendo ricerche e sperimentazioni per recuperare varietà autoctone che erano coltivate nel Lazio 50 o 60 anni fa. Perché è bene avere prodotti standardizzati buoni per il grande pubblico, ma anche tutelare la biodiversità e individuare frutti di particolare eccellenza». 
LA CRISI
Il maltempo al Nord Europa, rischia quindi di fermare la costante corsa dell’export degli ultimi anni. Secondo le elaborazioni di Cso Italy per FreshPlaza, l’export di angurie dall’Italia rappresenta in media circa il 50% della produzione nazionale con una tendenza alla crescita soprattutto nelle ultime tre campagne, contemporaneamente all’aumento delle produzioni (da circa 456 mila tonnellate a 523 mila). Le spedizioni estere mediamente si attestano su oltre 240 mila tonnellate l’anno. Il valore nel 2020 continua il report Cso Italy FreshPlaza è salito del 17% sul già buono 2019 e superando i 112 milioni di euro – si colloca come il più elevato dal 2015. Il prezzo medio, invece, posizionandosi a 0,37 /Kg, registra un -11% sul più alto 2019 e si assesta in media con le annate precedenti. I 28 paesi dell’Unione Europea rimangono la principale destinazione dell’export, con una quota al 93% del totale nel 2020, in lieve calo rispetto al biennio precedente. Il primo mercato di sbocco è la Germania, col 43%. E già il dato dimostra che il drammatico maltempo che si è abbattuto su quel Paese pesa chiaramente anche sull’export di un prodotto stagionale come l’anguria. Polonia, Repubblica Ceca, Austria e Francia gli altri maggiori importatori. La Spagna è il primo produttore al mondo di angurie, seguita da Messico, Iran e Italia. 

I MELONI
Al momento è invece migliore l’andamento del mercato dei meloni (il Retato, il Cantalupo e il Giallo sono le varietà più famose). Il Crea (centro di ricerche del ministero dell’Agricoltura) indica un giro d’affari del settore in Italia di 269 milioni con Sicilia, Lombardia e Puglia maggiori regioni produttrici. I meloni hanno una shelf-life più lunga e quindi risentono meno dei cambiamenti climatici. Danni pesanti hanno però subito le coltivazioni a Mantova, la provincia leader in Italia, a causa del maltempo della scorsa settimana. In questo caso, la minore offerta ha fatto lievitare il prezzo ai mercati generali mediamente  del 14%.