Corriere della Sera, 24 luglio 2021
Biografia di Enrico Garozzo
C’è un fratello olimpionico da inseguire, anche se lui non sta proprio a zero perché quelli di Rio 2016 furono i Giochi dei Garozzo brothers: Daniele, il fiorettista medaglia d’oro, e Enrico, spadista, il maggiore dei due, d’argento con la squadra. Ma la gara individuale non andò bene, per cui urge rimediare. «Imitare Daniele? Sarebbe bellissimo, però è meglio fare un passo alla volta ed evitare anche di cullarsi nel passato. Il secondo posto di cinque anni fa appartiene ai grandi ricordi, ma riparto da lì solo per la consapevolezza che mi ha dato e perché mi ha permesso di conoscere l’Olimpiade. Sul piano sportivo, in Brasile ero arrivato da numero 2 del ranking: oggi sono sceso al sedicesimo posto, però mi sento più forte di cinque anni fa. A Rio non ero pronto mentalmente a vincere: era come se temessi di farlo, ora non è più così».
Anche Enrico ha dovuto fronteggiare l’avvicinamento «dilatato» a questi Giochi tribolati. «È stato stressante, siamo cotti ma ce l’abbiamo fatta. Non tutto il male è venuto per nuocere: io ho cercato di sfruttare il tempo per aggiustare la tecnica e provare a crescere. Ho anche lavorato sul regime alimentare con un nutrizionista: ho modificato il modo di mangiare per adattare il corpo ai suggerimenti del maestro di scherma».
Non è stato l’unico investimento sul fisico e qui entra in gioco il balcone della casa di Milano, dove Garozzo vive assieme alla fidanzata, la forte (e carina) spadista estone Erika Kirpu. «Il balcone non concede grandi spazi, però l’abbiamo attrezzato con cyclette, pesi, palline per lo stretching. È stato un luogo di allenamento originale e utile, perfetto per lavorare, ad esempio, sulla correzione della postura: commettevo degli errori e li ho sistemati grazie alla possibilità di muovermi in un’area contenuta».
Ma è stato forse il lavoro motivazionale quello più profondo. E originale, nel caso del Garozzo senior. Dopo una battuta («La pandemia non ha rovinato chi non è pigro»), ecco la curiosità: «Un anno fa nella tarda primavera è uscita “The last dance”, la serie dedicata all’ultima stagione dei grandi Chicago Bulls di Michael Jordan. Me la sono “divorata” con avidità e non solo perché il basket mi piace. In quella serie Jordan ha spiegato quanta voglia di vincere avesse. Mi ha colpito l’episodio nel quale il suo preparatore gli raccomandava di andare un po’ in vacanza, concludendo con la domanda “quando ci vediamo?”. “Domani mattina”, è stata la risposta di MJ».
Adesso serve la sintesi di questo anno strano, ricco di lezioni («Si deve imparare, dalle cose incontrollabili») e di nuove prospettive. È un discorso da estendere alla squadra, chiamata a difendere il suo rango olimpico. Ma gli spadisti, ahinoi, spesso sono stati i campioni degli alti e bassi. C’è da svoltare, insomma: «Sono fiducioso e uso un paragone calcistico: se prima sapevamo giocare solo con il 3-5-2, oggi siamo più flessibili e siamo in grado di cavarcela pure con il 4-3-3».
Parola alla pedana, allora, dove pure la fidanzata ha mire di medaglia. Enrico Garozzo sarebbe disposto a rinunciare alla sua, in cambio della certezza che la vinca Erika? «Per lei farei ogni cosa, ma non questa: sarebbe ingiusto per me. E lei, a parte invertite, direbbe la stessa cosa».