Corriere della Sera, 24 luglio 2021
Parla il camionista che ha investito Zanardi (ed è stato assolto)
Il primo pensiero va ad Alex Zanardi. «Spero di poterlo incontrare presto, di stringergli la mano e di abbracciarlo. Gli auguro tutto il bene possibile», dice Marco Ciacci, 45 anni, moglie e tre figli, l’autista del camion contro il quale il 19 giugno del 2020 il campione paralimpico e di Formula 1 andò a schiantarsi con la sua handbike sulla strada che da Pienza porta a San Quirico d’Orcia, nel cuore delle colline senesi. Ciacci è stato appena prosciolto dal gip di Siena Ilaria Cornetti. Anche la Procura aveva chiesto l’archiviazione.
Si sente sollevato dopo la decisione del giudice?
«È stato un incubo durato più di un anno e anche se sapevo di non avere responsabilità sono stato malissimo. Ho continuato a sognare l’incidente, ho rivisto attimo dopo attimo il momento dello scontro, ho cercato di capire se avessi potuto evitarlo. Ho cercato una risposta».
E l’ha trovata la risposta?
«Sì, ho capito che c’era solo una possibilità: non essere lì quel giorno, su quella curva col camion, in quel preciso istante. Andavo piano, è stato impossibile evitare l’incidente».
Non ha rimpianti?
«No, però la cosa che mi fa più soffrire è avere la certezza che sarebbero bastati pochi secondi per evitare lo scontro. Io ho fatto tutto quello che mi era possibile fare e ho la certezza anche interiore di non avere alcuna responsabilità. Ma questa cosa mi segnerà tutta la vita, non si può dimenticare anche se hai la coscienza pulita».
Secondo lei su quella strada stretta, poteva circolare un camion?
«Non c’era e non c’è alcun divieto, solo un pezzetto è un po’ più pericoloso. E lì c’è solo da andare più piano».
Lei procedeva lentamente dicono le perizie...
I miei tre figli erano confusi, in tv vedevano il babbo trattato come se fosse il responsa-bile di un incidente
«Certo lo so, andavo a 37 chilometri orari».
Però l’incidente è accaduto ugualmente. Perché?
«Ci ho pensato mille volte. Fatalità, quando deve succedere succede».
Che cosa si ricorda?
«Ho visto il gruppo di ciclisti davanti a me e poi una persona che non sapevo fosse Zanardi perdere il controllo del mezzo».
Durante l’inchiesta ha avuto solidarietà o le hanno puntato il dito contro?
«La gente ha capito, gli amici mi sono stati vicino. Ringrazio anche Fabrizio Nepi il sindaco di Castelnuovo Berardenga, il mio Comune».
La sua famiglia come ha affrontato la situazione?
«È stata travolta dagli eventi. Mia moglie e i miei figli, due gemelle di 9 anni e un ragazzino di 14, accendevano la tv e vedevano il nome del babbo trattato come se fosse il responsabile dell’incidente. Erano confusi, arrabbiati perché sapevano che il loro padre si era comportato bene e non aveva responsabilità».
Ciò che mi fa soffrire è avere la certezza che sarebbero bastati po- chi secondi per evitare lo scontro Io ho fatto di tutto...
È stato un incidente controverso. Perché se Procura e giudice hanno riconosciuto l’innocenza del camionista, allo stesso tempo la perizia effettuata da Dario Vangi, docente al Dipartimento di ingegneria industriale dell’Università di Firenze, incaricato dal pm, aveva accertato che il tir durante la curva aveva superato se pur di poco la linea di mezzeria invadendo la corsia opposta sulla quale stava arrivando Zanardi. Uno «sconfinamento inferiore ai 40 centimetri» e definito «minimo considerato il tipo di mezzo e la strada percorsa». In altre parole è stato riconosciuto dai magistrati che l’autista non avrebbe potuto evitare d’invadere l’altra carreggiata. Una conclusione contestata da Carlo Covi, legale della famiglia Zanardi, che ha sempre sostenuto che se un camion oltrepassa la linea di mezzeria è comunque in torto per il Codice della strada e le leggi sono chiare. Ieri Covi ha definito «amara» la decisione del Tribunale di Siena e si è riservato di dare una sua valutazione dopo aver letto le carte. Ci sarà un ricorso? Fonti della famiglia lo escluderebbero, anche se l’amarezza è grande.