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 2021  luglio 24 Sabato calendario

A proposito dell’improvvisazione

Improvvisare sembra facile. Ma non lo è. C’è infatti improvvisazione e improvvisazione. Alessandro Bertinetto, filosofo, ha provato a sviscerare il problema in Estetica dell’improvvisazione.
Un compito non facile, poiché avventurarsi in questo campo è un po’ come districarsi in un groviglio di problemi che il termine suscita.
Partiamo dall’etimo della parola. Viene dal latino improvisus, che significa “imprevisto”, ovvero qualcosa” non visto prima”. Lo usa Cicerone che nel De oratione loda Antipatro di Sidone che improvvisa versi in ogni metro. La parola resta dormiente per qualche secolo, poi nel Cinquecento ricompare in italiano riferita sempre all’ambito poetico; anche Goldoni ne fa uso per indicare la Commedia dell’arte da lui definita «commedia all’improvviso» e da qui, visto che era in uso la musica d’accompagnamento, la parola passa a indicare il comporre musica suonando.
Dentro la parola c’è un termine ben conosciuto dai greci: exaiphnes, che indica l’istante. In quell’epoca, priva di strumenti di riproduzione, tutta l’arte appare istantanea, o almeno la musica e la poesia, e anche il teatro. Infine, nell’Ottocento, viene ad affermarsi l’idea che l’improvvisazione è «produzione artistica non premeditata».
Ma non è forse vero, si chiede Bertinetto, che ogni azione umana appare il frutto d’una improvvisazione? Quello che segna il nostro stare al mondo non è proprio la contingenza, come dicono i filosofi? E ogni contingenza necessita di una risposta improvvisa. Per quanto esseri razionali, anzi forse proprio per questo, tutti noi siamo degli sprovveduti per gran parte della nostra vita e facciamo fronte all’inatteso con l’improvvisazione.
Messo così il problema è quello del nostro continuo confronto con la contingenza, con l’essere accidentale e non necessario. Walter Benjamin definisce il nostro agire in situazione d’emergenza come un agire «con la mano sinistra» ( non è stato così con il Covid?). Il nostro successo, scrive l’autore, dipende dalla capacità di trovare una struttura nel caos creato dall’evento imprevisto, inventando o scoprendo un modo per procedere nella speranza che funzioni, ma senza che vi sia alcuna garanzia di successo.
E l’arte? L’arte è il regno della contingenza assoluta, dove più che il successo è quasi garantito il suo contrario, l’insuccesso ( successo e insuccesso: cosa sono? altro bel problema…). Quello che vuol farci capire con il suo libro Bertinetto è che l’improvvisazione non è una imperfezione, almeno in ambito artistico, bensì una modalità fondamentale dell’esperienza: musica, teatro, poesia, letteratura, arti visive, eccetera.
Allo scopo di uscire dal ginepraio delle questioni poste dalla contingenza, e dall’improvvisazione, il capitolo centrale del libro enuncia una «grammatica della contingenza». Non si tratta del mero accadere, piuttosto della forma costitutiva dinamica dell’opera. Qui viene alla luce il tema sotterraneo del libro che riguarda la coincidenza tra invenzione e performance. La parola chiave degli ultimi cinquant’anni nell’arte, e non solo lì, è” performance”. Se ne parla dovunque, nello sport, nella finanza, nella tecnica, in ogni ambito dove si può, e si deve, raggiungere un risultato rimarchevole. Anche questa parola è d’origine latina: “dare forma”. Come accade?
Si racconta che il pittore greco Protogene, disperato perché non riusciva a raffigurare la bava di un cane, gettò una spugna intrisa di colore contro il dipinto conseguendo il risultato cercato in modo involontario. Dal canto suo Picasso diceva: «Io non cerco, trovo». Il senso dell’arte è proprio quello di scegliere e valorizzare quello che trova, spesso appunto per caso. Contingenza, imprevisto, casualità: sono tutti temi con cui ha che fare l’improvvisazione. Keith Jarrett, solo per fare un esempio, nel suo celebre concerto di Colonia ( 1975) comincia riprendendo le campane che annunciano al pubblico l’inizio del concerto stesso. Una performance riuscita. Ha colto quello che i greci chiamavano kairos: il giusto momento, la giusta occasione. Ma non è tutta così l’arte oggi? Poiché oggi tutto si svolge nel tempo, in un tempo sempre più accelerato, tanto da farci pensare che tutto sia improvvisato. Nelle sue Lezioni americane Calvino racconta del pittore Chuang- Tzu, abilissimo nel disegno. L’imperatore cinese vuole il disegno di un granchio. L’artista gli chiede cinque anni, una villa e dodici servitori. Passano i cinque anni: ne ho bisogno di altri cinque, dice. Allo scadere dei dieci Chuang- Tzu prende il pennello e traccia il più perfetto granchio che si fosse mai visto.
L’improvvisazione assoluta non esiste, scrive Bertinetto, «come la libertà è solo reale in quanto conquistata attraverso il suo esercizio». Proprio così. Per questo improvvisare è così semplice e insieme così complicato.