Robinson, 24 luglio 2021
Il sesso nella letteratura
Ma sarà vero che si torna a far l’amore dopo il periodo casto della pandemia? Qualche perplessità s’impone. Non c’è solo il virus a spaventare. C’è l’assillo dell’innesto con un corpo autentico, impegnativo fisicamente e non solo. C’è l’avanzata in ogni campo di valchirie assertive che tendono a indebolire la virilità dei maschi. C’è l’insidia del confine tra molestia e corteggiamento dopo il polverone sollevato dal # metoo. Intanto ci si consola con l’invasione dei porno scaricati sui computer, canali di sfogo igienici e non faticosi. Un tempo a indurre le fantasie sul sesso – a parte un’iconografia con tradizioni millenarie – c’erano i romanzi erotici, e si sa quante iniziazioni e masturbazioni abbiano stimolato. Risale al 1928 la prima stampa (a Firenze) deL’amante di Lady Chatterley di D. H. Lawrence, coi suoi amplessi talmente scandalosi (così sembravano) da far accusare l’opera di oscenità, impedendole di uscire integra in Inghilterra fino al 1960. Colpisce che sia trascorso solo un secolo da quel libro che adesso pare innocente nei suoi molti aspetti affettivi e nel suo contesto bucolico, dove l’impetuoso guardacaccia cattura il corpo della Lady senza chiacchiere né manfrine, agguantandole il sedere con le mani e premendola contro di sé prima di sbatterla a terra e penetrarla” furiosamente” sotto la pioggia scrosciante nel bosco.
Affrancatosi dalle cupezze moralistiche del romanticismo ottocentesco (altro che le gioie libertine del Settecento!), il ventesimo secolo è stato percorso da una mole imponente di arzigogoli erotici, soprattutto quando l’eredità vittoriana, nella letteratura anglofona, ha ceduto il passo a una festa di disinibizioni. Da tale libertà sgorga ad esempio il Tropico del Cancro di Henry Miller, con le sue pagine colme di” chiavate” condivise, culi di puttane coi tacchi logori e affondi in vagine ontologicamente intese come buchi neri dove in sostanza non si trova nulla. Appartengono più o meno alla metà del Novecento pure i racconti erotici di Anaïs Nin, femminilmente soffici e privi della rudezza compiaciuta che sfoggia il suo amante Henry Miller. È l’epoca in cui nascono anche i bei libri sordidi di John Updike, autore sporcaccione e maschilista che David Foster Wallace chiamava «un pene fornito di dizionario». Nel suoCoppie, pubblicato in un anno esplosivo come il 1968 e abilissimo nel ritrarre sconce sperimentazioni adulterine, Updike introdusse un quadretto minuzioso di sesso orale, indugiando sulla «superficie floreale della bocca» della donna. Negli anni Sessanta irrompe pure l’eros debosciato di Philip Roth, campione di ambivalenze, proposte ripugnanti e sprazzi surreali ( ne Il seno il protagonista si risveglia kafkianamente trasformato in un petto femminile di settanta chili). Poi, raggiunta la vecchiaia, Roth si scatena sempre più in scabrosità paradossali, e per capire fino a dove può portarlo questa foga leggeteL’umiliazione ( 2009), dove l’attore ormai spento Simon copula con una lesbica esperta nel maneggiare giganteschi accessori fallici, oltre che bravissima nel mortificarlo sessualmente.
Oggi queste sofisticazioni depravate non ci sono più. I romanzi degli ultimi anni, quando narrano il sesso, lo fanno in modo sciatto e noioso, come la serie delle Cinquanta sfumature di E. L. James, piena di sculacciate inferte ad Anastasia nella stanza rossa di Grey, collezionista di ammennicoli sadomaso. In principio Grey avverte la sua mammola: «Io non faccio l’amore, io fotto senza pietà», mentre lei riflette trasognata su un amore che sappia provocarle fenomeni quali «ginocchia tremanti, cuore in gola e farfalle nello stomaco». Lui ha «gli occhi socchiusi, lo sguardo torbido e il respiro pesante», e regala pillole di pensiero come questa: «C’è una linea sottile tra il piacere e il dolore». Banalità soporifere se confrontate a un piccolo capolavoro bondage comeHistoire d’O di Pauline Réage (1954), dove un ventaglio di violenze è inferto da un amante al corpo di “O”, schiava lieta e consenziente. Lo stile della prosa è delicato al massimo, e sta nel contrasto tra la morbidezza della forma e la ferocia del contenuto lo charme sinistro del libro. Comunque raccontare il sesso è un’impresa scivolosa per chiunque. A volte suona ridicolo, a volte inutilmente brutale, a volte troppo timido. Oppure riflette” l’imbecillità della lussuria”, come spiega Roth ne L’animale morente, quando il professor Kepesh s’innamora di una studentessa e le parla di Velázquez per tentare di eccitarla. Di solito l’eros trionfa nel non detto, come nelle parti di Lolita in cui Nabokov registra il primo congiungimento di Humbert con la piccola “Lo” senza mai citare atti sessuali. È il sopraffino resoconto di uno stupratore che manipola la preda definendosi manipolato. Stanno dormendo insieme e all’alba lei si sveglia. Poco dopo sono «tecnicamente amanti», confessa Humbert, aggiungendo: «Fu lei a sedurre a me». Seguono osservazioni pregne di sottotesti: «In quella ben strana situazione io ostentai un supremo candore e la lasciai fare almeno finché riuscii a sopportarlo. Ma tutto questo non ha importanza. Il tema del cosiddetto” sesso” non m’interessa affatto. Chiunque può immaginare quegli elementi di pura animalità. Ciò che mi alletta è un’ambizione superiore: fissare il periglioso sortilegio delle ninfette».
Quanto alle pessime descrizioni erotiche, ne circolano talmente tante che è arduo pescare nel mazzo. Spassatevela a consultare in rete i riconoscimenti attribuiti dal “Bad Sex Award”, premio annuale per la peggiore scena di sesso in un libro. Tra i molti nomi (anche famosissimi) troverete Erri De Luca col romanzo Il giorno prima della felicità, dove a un tratto scrive: «Io entrai dentro di lei, nelle sue viscere, nel suo buio a occhi spalancati senza vedere niente. (…). Restai fermo. Mentre mi abituavo alla quiete, al battito del sangue tra le orecchie e il naso, mi spinse un poco fuori e poi di nuovo dentro. (…) Mi teneva con forza e mi spostava a ritmo di risacca. (…) Agitò i seni sotto le mie mani. (…) Il mio corpo era un suo ingranaggio».
Però, fate attenzione a non giudicare troppo: nel sesso inciampano persino scrittori di genio. Un ottimo libro come Libertà di Jonathan Franzen contiene questo passaggio: «Lalitha aveva bisogno di cavalcarlo, di venire schiacchiata sotto di lui, di farsi sbattere da dietro nella posizione del Cane a Testa in Giù, (…) di avvinghiarsi a lui con le gambe, la testa buttata indietro e i seni molto rotondi che andavano da ogni parte». Questo genere di pratica è per Lalitha «molto intenso», mentre lui è disposto ad ogni acrobazia essendo «in buona forma cardiovascolare». Amen.