Corriere della Sera, 23 luglio 2021
Santamaria e Barra innamorati di Pantelleria
Nell’estate 2018, Pantelleria era stata la destinazione del loro viaggio di nozze. Ora, sull’isola, Claudio Santamaria e Francesca Barra hanno comprato un dammuso con oliveto e vigneto, che loro chiamano «il ranch» per quanto appare selvaggio. È stata lei a far conoscere a lui l’isola: «C’ero stata anni prima e mi era rimasto un gusto di non vissuto fino in fondo. Quando siamo arrivati insieme, lui ha provato la stessa attrazione. È successo qualcosa di incredibile: siamo tornati a Milano, ci siamo guardati negli occhi, abbiamo rifatto le valigie e siamo tornati giù. Pantelleria ci chiamava e ci chiama». Quel momento, lui lo ricorda ancora: «È un’isola che, la prima volta, per assurdo, ho sentito con più forza nell’assenza: mi mancavano le cose buone che si mangiano solo lì, l’essenzialità dei colori della natura, il verde e la roccia nera che l’uomo ha riportato nei dammusi, tanto che ogni zona ha il suo nero e capisci in che contrada ti trovi riconoscendo le sfumature di rocce e case. Appena fuori, ho sentito il mal di Pantelleria: un’isola africana di bandiera italiana. Da casa nostra, al tramonto, si vede la Tunisia. È come essere in un luogo esotico, ma nel nostro Paese. Anche la toponomastica ti porta in un altro luogo: i nomi delle strade sono africani, turchi, greci. Con un’ora e 40 minuti di aereo sei in un altro continente: vai nel deserto col cammello, passi una notte in tenda, e sei di nuovo in Italia. Non siamo ancora riusciti a farlo, purtroppo, per via del Covid».
La Pantelleria dell’attore e della moglie, che è giornalista, scrittrice e conduttrice tv, è quella interna e selvaggia. Spiega lei: «Non la viviamo da turisti, frequentiamo i panteschi, le persone del posto, e non abbiamo voluto la classica casa vista mare che potrebbe essere ovunque, ma ne abbiamo cercata una della Pantelleria “profonda” che raccontasse la potenza di quest’isola vulcanica, con le favare in giardino: dal sottosuolo, esce vapore acqueo. Abbiamo intenzione di coltivare capperi, ulivi e vigne adeguandoci alla natura: è come se lì bisognasse abbandonare ogni attitudine prepotente e accettare il volere del dio Pantelleria. Ci piace quella terra, oltre che il mare, dove non andiamo neanche tutti i giorni: magari andiamo al lago di Venere a fare i fanghi naturali». Claudio: «Stare a Pantelleria è come tornare nella preistoria, vivere sul dorso di un dinosauro o di una tartaruga gigante, ti riconnette a qualcosa di atavico. Io, che sono un chiacchierone, arrivo lì e mi silenzio. Posso stare zitto per ore».
La civiltà, racconta Francesca, resta a portata di mano: «Ha i sapori delle colazioni lente con le torte al carbone nella Pasticceria U Friscu; dei panini al pesce presi al Kayà Kayà, un chioschetto sulla spiaggia; del pesce al ristorante Al Tramonto; della zuppa della nonna all’Altamarea, un ristorante sul porto di Scauri di due nostri amici. Un sapore unico lo hanno i film visti la sera al San Gaetano, un piccolissimo cineteatro a Scauri, che compare anche nel film A Bigger Splash di Luca Guadagnino».
Poi, ovviamente, ci sono le gite nella natura. Quello che Claudio aspetta di più sono «la passeggiata in montagna col “bagno asciutto” nella grotta naturale di Benikulà; il giro fra tante piccole realtà di viticoltori che fanno ottimo passito e vini; e i giri in barca all’Arco dell’elefante, nella caletta di Gadir, fra pozze di acqua calda dove fai il bagno anche sotto le stelle».
Questa sarà la prima estate nel «ranch» appena ristrutturato. La prima, attesissima, incombenza (per modo di dire) sarà dare un nome a tutte le piante della proprietà. Francesca non sta nella pelle: «Stiamo cercando di capire cosa siano, e ci aspetta un olivo basso con un buco al centro che sembra un abbraccio e che abbiamo vissuto subito come un simbolo della nostra famiglia e dello spirito con cui vogliamo mettere radici in quel luogo, vivendoci tanto durante l’anno, non solo per le vacanze. Una volta, un’imprenditrice agricola mi disse una frase che mi colpì: la qualità della vita non è data tanto dai conti in banca ma dai conti che fai con te stesso al primo sole, meglio se seduti sotto un albero di famiglia. Quella frase mi era piaciuta tanto ma, adesso, guardando il nostro ulivo, ho capito che, invece, per costruire la propria famiglia liberi da condizionamenti, ognuno dovrebbe scegliere un suo posto e un suo albero». Aspettando di partire, lei cucina a Milano baci panteschi: «Un dolce fritto, ripieno di ricotta, fatto con un utensile a forma di fiore della vita, che dicono sia la forma-base di tutto ciò che esiste nell’universo».