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 2021  luglio 23 Venerdì calendario

Intervista a Edoardo Bennato

Con il mare Edoardo Bennato ha un rapporto speciale. Seduto su una barca ancorata nel porticciolo di Castro Marina (in provincia di Lecce), dove si è esibito mercoledì sera insieme a Francesca Michielin e a Fulminacci, tra i protagonisti dell’edizione 2021 di Porto Rubino, il festival tra i porti della Puglia organizzato dal cantautore Renzo Rubino che ha debuttato il 19 luglio e andrà avanti fino al 25, il musicista partenopeo racconta la sua storia: «Sul mare ci sono nato. A Bagnoli, all’ombra dell’Italsider, lo stabilimento siderurgico che sfamava mezza Napoli, compresa la mia famiglia. Ma io sognavo un futuro diverso. A 18 anni emigrai a Milano, come fanno tuti quelli che sono nati al sud. Cercavo la svolta, il contratto che mi avrebbe cambiato la vita». Il resto è storia nota. Difficile trovare nella storia della canzone italiana un personaggio più coraggioso. «Gli impresari di partito mi hanno fatto un altro invito / e hanno detto che finisce male se non vado pure io», cantava nella sua Sono solo canzonette, che racchiudeva tutta la sua attitudine anticonformista. Oggi compie 75 anni. E non ha perso neppure un briciolo di quella libertà. 
È più pirata o più marinaio? 
«Più pirata. Se non altro per le canzoni che faccio: il rock è musica corsara, oggi diventata quasi illegale».
Perché?
«È un genere che spinge a riflettere, che ti porta inevitabilmente ad andare contro il sistema. Chi lo fa più? Ora è più comodo fare musica leggera». 
Non si sente fuori moda?
«No. Mai come in questo momento storico è importante smuovere le coscienze». 
Erano solo canzonette, le sue? 
«Canzonette che pesano. Quelle più note sono diventate classici. I personaggi di Burattino senza fili sono archetipi, ormai: il gatto e la volpe che ti raggirano, i burattinai, il grillo parlante che dà cattivi consigli. Di quelle meno conosciute ne sto riscoprendo l’attualità, suonandole durante i concerti del tour». 
Ad esempio?
«Dotti, medici e sapienti. Era il 77 e cantavo: E nel nome del progresso il dibattito sia aperto / parleranno tutti quanti, dotti, medici e sapienti. Però i tuttologi del web ancora non c’erano». 
Con il potere e la politica che rapporto ha avuto nel corso degli anni? 
«Nessuno. Sono sempre andato dritto per la mia strada, senza mai appartenere ad una fazione piuttosto che a un’altra».
Ha pagato lo scotto della sua indipendenza?
«È successo, sì. In passato mi sono lamentato. Oggi ho capito che fare la vittima non serve a niente». 
Chi è un suo simile, tra i colleghi?
«Morgan. Nella canzone che abbiamo inciso insieme mi chiede: Perché tu vuoi giocare con me che son malato?». 
Appunto: perché? 
«Sarà pure uno squilibrato, ma è quello che ne capisce di più di musica, in Italia». 
Fedez e Orietta Berti, Jovanotti e Morandi, Al Bano e Sud Sound System: non la fa sorridere questa nuova tendenza, le accoppiate tra vecchi e giovani? 
«Non c’è più niente da ridere, signori miei». 
Non sia così duro. Sua figlia Gaia (16 anni, ndr), non le fa ascoltare i successi del momento? 
«Non ascolta musica italiana. Quando la vado a prendere a scuola con la macchina collega il cellulare alla radio e mette pezzi di rapper americani di tendenza». 
A proposito di tendenze. Un’estate italiana è tornata in classifica a distanza di trentuno anni: è vero che quando gliela proposero ci pensò a lungo, prima di inciderla? 
«Già. A un cantautore non era consentito fare la sigla dei mondiali e cantarla in mondovisione. Me ne fregai. Fu un successo. Mi ha fatto sorridere sentirla cantata dagli Azzurri». 
Bennato, una curiosità: qual è il suo elisir di giovinezza?
«Forse i tre bicchieri di succo di melograno che bevo ogni giorno: un toccasana. E il fatto di non aver mai toccato droghe». 
Mai? 
«Mai. Una volta un amico provò a farmi fumare. Feci un tiro e dissi: Che schifo. Mi rispose: Ti devi abituare. Ma abituare a cosa? Allo schifo? Non fa per me: abituatevi voi, allo schifo». 
Si è vaccinato? 
«Sì. A tutto».